Angelo Branduardi e l’oro dei nostri giorni

Verosimiglianze tra “Cercando l’oro” e i nostri giorni

Nel 1983, Angelo Branduardi ha scritto una canzone, “Cercando l’oro”, title-track dell’album omonimo. A distanza di quasi trentaquattro anni noto la presenza di verosimiglianze tra le parole della canzone e i nostri giorni.

“Stiamo cercando l’oro”

Il ritornello/incipit della canzone recita: “Camminando per di qua/noi troveremo l’oro/Stamattina in verità ho tentato di partire solo/Com’è caldo questo sole/ormai siamo una lunga fila/Anche se in verità/volevo proprio partire solo”.
Con queste parole Branduardi faceva riferimento al lavoro dei minatori e dei cercatori d’oro, molto diffuso negli Stati Uniti a partire dall’ottocento.

Anche nel nostro Paese, questo tipo di lavoro ha interessato alcune centinaia di persone, fino a meno di due anni fa, quando è scoppiato il caso della vertenza dei minatori sardi rimasti senza lavoro da un giorno all’altro. Ora, è vero che i tempi sono cambiati e il mondo occidentale ha conosciuto un notevole sviluppo in materia di tecnologia, ma resta sempre un dato di fatto, un punto fermo, nonché un grande problema: la mancanza di lavoro.

L’oro di oggi: il lavoro

Molte persone, infatti, sono senza lavoro. Stavolta, però, non si parla soltanto dei minatori degli Stati Uniti o del Sulcis, ma di intere generazioni, soprattutto quelle più giovani, che rischiano di perdersi in un vortice di mancanza di lavoro e denaro, con conseguente difficoltà a inserirsi nella vita di tutti i giorni. Oggi, infatti, sono tanti i ragazzi che, come scritto nel ritornello della canzone di Branduardi, facendo colloqui su colloqui giorno dopo giorno, si dicono tra sé e sé “noi troveremo l’oro”. Peccato che tanti altri, esattamente come loro, forse anche più piccoli di età, si dicano la stessa cosa ogni giorno.

La lunga fila di disoccupati

Ormai non siamo più i soli a fare questo lungo percorso, dominato da un clima rovente di storie molto difficili, di gente che non ce la fa ad arrivare a fine mese, ma siamo “una lunga fila”. E tutti abbiamo lo stesso fine: partire da soli. Cioè, iniziare o ricominciare a lavorare. Entrare in un’azienda che, di solito, mette a disposizione un solo posto di lavoro, non di più, e tante volte anche con uno stipendio veramente molto basso. Ma per noi giovani, anche questo vuol dire oro.

Le reazioni alle risposte negative: come ci sentiamo?

Poi, durante questa strada, “c’è chi dice: andiamo avanti”: quando ci sono degli intoppi, come ad esempio nel momento in cui siamo avvisati che non siamo adatti per un determinato lavoro, noi andiamo avanti.

C’è anche chi “risponde che è sbagliato”: stiamo parlando, ovviamente, del sistema. Non può funzionare, perlomeno nel lungo periodo. Il precariato che ci caratterizza ci impedisce, allo stesso tempo, di partecipare alla vita reale.

Poi ci sono quelli che, dopo un buon numero di sconfitte, decidono “che sarebbe meglio ritornare” sui propri passi, verso casa. È la storia di chi, deluso, rinuncia a trovare la propria identità lavorativa.

Nulla di nuovo sotto il sole

“Sotto questo sole così caldo/In mezzo a questa confusione/Se almeno si togliessero di mezzo/Quelli che vogliono dire la loro!”. Ed è così che ci ritroviamo: disorientati e sospesi fra le statistiche, le promesse e la realtà.  Branduardi, con questo testo e l’ironia che lo contraddistingue, è riuscito a raccontare, in modo sottile, l’amara verità del quotidiano.

 

Nazario Ricciardi

Iscriviti alla newsletter settimanale per rimanere aggiornato su tutti i nostri articoli!