Bitcoin: e se fosse “l’esperanto” della moneta?

Parte da una domanda vagamente irrisoria la mia disamina sul fenomeno bitcoin, di cui sono piene le pagine di giornali, economici e non.

In comune con l’esperanto, lingua artificiale creata dal visionario tentativo di inventare un idioma che potesse accomunare tutti i popoli della terra, il bitcoin potrebbe avere in comune questo scopo di riconduzione ad unità: realizzare una valuta che sia valida per tutte le transazioni senza limiti o confini.

L’intento dell’allora creatore dell’esperanto, tale Ludwik Lejzer Zamenhof era quello di restituire alle persone uno strumento di dialogo, nell’utopico tentativo di avvicinare le genti, parlando una lingua che fosse dell’umanità, non delle nazioni e dunque riducendo le diversità. Non a caso l’intellettuale polacco è stato nominato per ben dodici volte al premio Nobel per la pace.
Quali interessi si celino, invece, dietro la criptovaluta non è ancora del tutto dato saperlo. Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, partiamo dalla definizione di bitcoin, che altro non è che una moneta digitale. A differenza, però, delle “normali” valute non viene messa in circolazione dalle autorità centrali (BCE per l’Europa o Fed per gli Usa tanto per citare le più famose e influenti), bensì da un sistema di tecnologia blockchain. Pare sia stato inventato da un certo Satoshi Nakamoto, che non si sa bene chi sia o cosa faccia; alcune teorie più fantasiose avanzano l’ipotesi che possa trattarsi in realtà di Elon Musk, il visionario (e sotto taluni aspetti discutibile) fondatore di Tesla.

Il bitcoin beneficia di una “curva” di tifosi da fare invidia a quella Sud del Napoli, persone che ne esaltano le capacità di abbattimento delle frontiere, di risparmio nelle transazioni, di possibilità di arricchimento e sottrazione alla sovranità delle nazioni.
È curioso, se uno si sofferma per un attimo a pensare al fatto che domani una persona possa svegliarsi, inventare una moneta, trovare dei seguaci e via via creare una “bolla” di persone convinte che sia il futuro dell’economia e più pomposamente del mondo.
Eppure ciò che sfugge ai più è probabilmente la dimensione giuridica. Una moneta è tale se riconosciuta dagli altri ordinamenti (e su questo il bitcoin fatica ad ottenere approvazione dagli organi istituzionali) e sotto questo aspetto nessuno stato attualmente riconosce i bitcoin come in grado di contrarre obbligazioni pecuniarie, ovvero rimborsare acquisti, pagare debiti né tantomeno pagarci tasse o imposte.
Nonostante questo, l’ascesa del mercato dei bitcoin in termine di valore è pressoché inarrestabile. Al momento in cui sto scrivendo pare che il mercato valga più di aziende come la Disney, Apple e Microsoft messe insieme.
Non poche però sono le perplessità riguardo quali interessi realmente si celino dietro questo mercato; si rincorrono notizie che sia terreno fertile per i cybercrimini, per le mafie di ogni nazione, per il riciclaggio, la compravendita di organi, armi e chi più ne ha più ne metta.
Il nodo della questione resta principalmente l’attrattività che il fenomeno bitcoin esercita sul piccolo risparmiatore, che magari in tempi in cui titoli di stato, buoni postali, in generale investimenti più “sicuri” poco o nulla rendono. E soprattutto in tempi di forte crisi, in cui tentare la sorte a volte appare come la soluzione più razionale da perseguire. Ciò che almeno personalmente però mi spaventa è la volatilità di un mercato del genere, in cui tutto è fondato su una percezione che nulla ha di reale. Che potrebbe essere del tutto fallace, basata su un abbaglio collettivo o, meglio, un tentativo di abbagliarci.

Se il bitcoin si risolverà in una bolla di cui ancora non si possono percepire gli effetti e le detonazioni difficile da dire. Ai posteri l’ardua sentenza. L’auspicio è che si riveli un fenomeno disastroso come i mutui subprime, i derivati finanziari in contratti apparentemente innocui, la lehman e chi più ne ha più ne metta. Tradotto: gettare polvere negli occhi con promesse di grandi guadagni a persone in buona fede che investono sudati risparmi, per poi risolversi in disastri sociali economici e soprattutto personali su larga scala.

Ah naturalmente per scrivere queste riflessioni ho fatto delle approfondite ricerche che tradotto vuol dire che ho googlato bitcoin e guarda caso un nano secondo dopo mi arriva una mail da un non meglio identificato indirizzo, in cui in breve mi si esortava caldamente ad entrare nel favoloso mondo dei bitcoin sottolineando come chi avesse investito l’anno scorso cinque euro nell’acquisto oggi benefici, riporto testualmente “benefici di milioni sul suo conto”.
Ca va sans dire.

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