Depilazione – Mutilazione? Donne, uomini e modelli estetici

Navigando in rete è sufficiente ricercare l’espressione “parità di genere” per trovare un enorme quantitativo di contenuti e opinioni sul tema.

Un articolo tra quelli che ho individuato mi ha colpito in particolar modo.

In esso l’autrice sosteneva di essere consapevole di fare scelte anti-femministe nel momento in cui si depilava, truccava o indossava i tacchi. La sua tesi, infatti, era che tutte queste scelte estetiche erano determinate da una cultura patriarcale che lei e tutte le donne interiorizzano fin da giovane età, e imparano a rispettare per essere socialmente accettate. Se infatti una donna decidesse di non omologarsi a queste regole verrebbe derisa, isolata o addirittura molestata. Parlava quindi della depilazione come di una “leggera mutilazione” di parte del proprio corpo, non più accettato nella sua naturalezza.

L’articolo mi ha spinto a riflettere. Il tema dell’imposizione di modelli estetici femminili non è certo nuovo, ma ciò che in questo caso mi ha colpito è l’attribuzione di questi stessi ad una cultura patriarcale.

Certamente è vero che le donne subiscono molta pressione per avere un determinato aspetto: la donna che è sovrappeso è giudicata la “pigra che non vuole fare diete”; quella che è magra è disprezzata perché “le vere donne hanno le curve” e le vengono dati appellativi come “scheletro, anoressica o grissino”. In entrambi i casi non ci si sofferma a pensare che quei due fisici potrebbero avere un passato di sofferenza, magari qualche patologia e spesso potrebbero non essere accettati da chi li possiede.

Ma siamo sicuri che questi problemi riguardino solo le donne?

Già, perché i canoni di bellezza riguardano ormai l’intera società. È la cultura occidentale che dà ormai un’estrema importanza all’apparenza delle cose più che alla sostanza, e che spinge tutti noi ad omologarci a determinate regole, estetiche e non, per essere socialmente accettati.

È azzardato, insomma, collegare il tema della parità di genere alle scelte estetiche fatte da ciascuno di noi. È più probabile che ognuno si omologhi alla moda del momento nel tentativo di risultare più attraente e, di conseguenza, sedurre un potenziale partner.

Se le donne per essere considerate belle sono incoraggiate a depilarsi, truccarsi e indossare tacchi, gli uomini sono spinti per lo stesso motivo ad essere magri, muscolosi, ad aggiustarsi le sopracciglia e tingere i capelli bianchi. La differenza è che le donne seguono queste regole da più decenni, mentre la cura del corpo maschile si sta diffondendo da un ventennio o poco meno.

Basta accendere la televisione per vedere spot pubblicitari che mostrano creme per il viso da uomo, saponi esfolianti, balsami per rendere morbida la barba e rasoi con le più svariate caratteristiche. Non è un caso inoltre che siano in aumento gli interventi di chirurgia estetica anche tra gli uomini.

Per entrambi i sessi insomma esiste un modello estetico di riferimento, con la differenza che nel caso dell’uomo eterosessuale si aggiunge una controversia in più. Dato che la cura del proprio corpo è un’usanza relativamente recente per il mondo maschile, viene ancora da molti considerata un’abitudine femminile e perciò in alcuni casi si sbeffeggia chi dedica attenzioni al proprio corpo, come se ciò comportasse una diminuzione della propria virilità.

Perciò l’uomo moderno deve trovare il modo di curarsi per omologarsi a quel modello di mascolinità socialmente accettato, ma nascondere il più possibile l’impegno che ci ha messo per raggiungere quel risultato. Una contraddizione a dir poco comica.

Insomma, chiunque viva in una società avrà sempre una serie di regole a cui tentare di adattarsi per essere apprezzato; e finché si tratta di regole riguardanti la buona educazione, la pulizia o -come in questo caso- la cura del proprio corpo, non ne deriveranno gravi danni sociali. Il problema sorge invece nel momento in cui i modelli di riferimento maschili e femminili vanno a ledere il diritto di scegliere come condurre la nostra vita. E purtroppo abbiamo fin troppi esempi di questo.

Quando, ad esempio, si deride un uomo che afferma di voler fare una professione tradizionalmente legata al mondo femminile, come il casalingo o il maestro d’asilo, e lo si accusa per questo di non essere un “vero uomo”. Quando una donna è giudicata una cattiva madre perché decide di fare carriera e, necessariamente, dedicare meno tempo ai propri figli. Quando un marito guadagna meno della moglie e sente per questo sminuita la propria mascolinità. Quando una donna decide di fare la moglie e madre a tempo pieno e viene per questo considerata una retrograda anti-femminista.

Gli esempi sono innumerevoli e riguardano la libertà di uomini e donne di essere sé stessi; di fare le proprie scelte senza essere ostacolati dal modello culturale dominante; di avere tutti le stesse opportunità e diritti. Lottare per la parità dei sessi significa dedicarsi a questo.

Forse se ci si concentrasse di più su tale aspetto, sarebbe più semplice trovare persone disposte a lottare per modificare la cultura dominante e per crearne una nuova, capace di adattarsi più facilmente alle esigenze degli uomini e donne moderni.

GiuliaDafne

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