“A gambe aperte”: uno spettacolo poco originale e molto semplicistico nei concetti

A gambe aperte

Regia
Daniele Scattina
con
Serena Renzi e Romeo Cirelli

Sinossi

Una camera squallida e disordinata, un’anomala prostituta ed un cliente bizzarro sono i protagonisti di quest’intreccio dai toni piuttosto accesi. Rappresentano l’incontro di due mondi, apparentemente lontanissimi, ma che si rivelano molto simili. L’universo femminile rappresentato in tutte le sue più tetre e amare sfaccettature, incontra quello maschile, malato e sporco, e da questo incontro-scontro nasce “A gambe aperte”. Amore, violenza, inganno, dolore, umorismo, una girandola di emozioni senza possibilità di respiro.

Liberamente ispirato alla pièce di Dacia Maraini “Dialogo di una prostituta con un suo cliente”, “A gambe aperte” vuole far riflettere su alcuni aspetti della sfera sessuale che sono diventati fenomeno di cronaca nella nostra società.

È sconsigliata la visione ad un pubblico di età inferiore ai 14 anni.

Recensione

Lo spettacolo si apre con la canzone di Vasco Rossi “Tango della gelosia” che esplica totalmente il senso della pièce: la carnalità, la possessione, la gelosia ed il dominio sono gli elementi chiave dell’intera opera.

Un cliente si reca da una prostituta per ottenere il suo servigio, tuttavia egli appare imbarazzato e imbranato: vuole che ella reciti il ruolo della donna dolce, che civetti con lui come se il suo operato non fosse a pagamento. Lei, Manila, al contrario, ribatte con crudezza sostenendo che il loro rapporto sia frutto di un commercio: lei vende e lui compra. Il corpo diviene la merce da acquistare, senza nessuna finzione aggiuntiva!

L’uomo non è un altro che una creatura viscida, bigotta e bugiarda nei confronti di sé stesso, divaga continuamente per non affrontare a pieno viso la realtà di ciò vuole: una “puttana”.

Lo spettacolo riprende in molti dialoghi la pièce di Dacia Maraini “Dialogo di una prostituta con un suo cliente” ma non tutte le sue parti sono dotate di un pathos tale da colpire lo spettatore.

Nell’opera emerge uno spiccato complesso di Edipo da parte del cliente: legato in modo ossessivo alla madre e una visione semplicistica dei ruoli interpretati. Manila è laureata, a tratti fragile con un figlio appena nato e il cliente è l’uomo medio, colui che inizialmente impacciato una volta ottenuto ciò che desidera lo rivuole con possesso. Tuttavia, la realtà è molto più complicata della sua rappresentazione teatrale.

In conclusione l’opera è poco originale tant’è che lo scorrere del tempo si fa pesante e l’ora trascorsa a teatro viene percepita più estesa della sua effettiva realtà.

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