Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio: non uccidere la tua voglia di vivere!

Oggi, 10 settembre, viene celebrata in tutto il mondo la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio.

 Il suicidio, atto con il quale un individuo decide volontariamente di procurarsi la morte, resta tutt’oggi uno dei più grandi tabù della società.

Considerato il gesto lesionistico più estremo scaturito da un profondo malessere psichico persistente, è stato ed è uno dei temi più dibattuti nel corso dei secoli. Infatti, se si torna per un attimo indietro nel tempo, è facile ricordare il pensiero di alcuni tra i più grandi filosofi e letterati che hanno fatto la storia. Tra questi Pitagora, il quale sosteneva come l’uomo appartenesse alle divinità e per questo essi erano i soli a poter decidere il giusto momento della morte di ognuno. Dello stesso parere erano anche Cicerone e Platone; quest’ultimo aggiunse inoltre che bisognava vietare la sepoltura pubblica del suicida. Infine Aristotele, che considerava il suicidio come un atto di vigliaccheria di chi non si sentiva in grado di far fronte alle intemperie della vita.

Una visione opposta era quella degli stoici che, al contrario, descrivevano il suicidio come un atto naturale, la fine deliberata di un percorso o per meglio dire l’ultimo atto razionale giustificato. Non si può non menzionare del resto il poeta per eccellenza, Dante Alighieri che, nella sua intramontabile Divina Commedia, collocò proprio i suicidi nel cerchio infernale dei violenti contro sé stessi ponendo come capostipite Pier della Vigna.

A trattare il tema, anche se ognuno con modalità e in tempi differenti, furono inoltre William Shakespeare, Johann Wolfgang von Goethe, Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi.

Ugual interesse ebbe il mondo della musica, del teatro, del cinema e della televisione.

Per ciò che concerne la religione, soprattutto nelle confessioni cristiane, il suicidio è da sempre considerato un peccato poiché si ha l’idea che la vita sia un dono concesso da Dio e in quanto tale non deve essere in nessun modo violato né da terzi né tanto meno da sé stessi.

Secondo la legge, invece, nella maggior parte dei Paesi occidentali il suicidio non può essere imputato come reato. Lo diventa solo nel caso in cui una persona incita o aiuta un altro nel tentativo di attuarlo.

Uno dei casi più eclatanti di suicidio avvenuto in Italia è stato quello di Alfredo Ormando che, nel 1998, si diede pubblicamente fuoco in Piazza San Pietro a Roma per protestare contro l’atteggiamento conservazionista della Chiesa cattolica nei confronti degli omosessuali.

Secondo i dati ISTAT, il suicidio è attualmente la decima causa di morte al mondo e miete circa un milione di vittime all’anno. I tassi sono aumentati del 60% soprattutto nei Paesi in via di sviluppo quali Cina, Giappone, India, Lituania e Ungheria. Nel mondo occidentale i suicidi maschili sono più frequenti rispetto a quelli femminili, ma la percentuale si ribalta quando si parla dei tentativi mancati.

Dato allarmante è che il numero di decessi è più alto fra i giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni, oltre ad essere la seconda causa di morte solo dopo quella accidentale.

A tale proposito, l’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) precisa che il suicidio è ancora una piaga purulenta della società moderna, ma può essere in gran parte prevenuta mediante l’informazione e con programmi rivolti all’assistenza e all’aiuto personale. L’obiettivo comune deve’ essere pertanto quello di ridurre drasticamente l’incidenza con misure preventive adeguate ed imminenti. Le persone più a rischio sono coloro che soffrono da tempo di disturbi psichiatrici, che sono soliti assumere sostanze stupefacenti, che vivono situazioni familiari e sociali difficili. A ciò si aggiungono fattori come la povertà, la disoccupazione ed un futuro sempre più incerto. I metodi utilizzati per compiere il folle gesto possono essere molteplici: tra i più noti si annoverano l’impiccagione, l’avvelenamento, l’annegamento e l’utilizzo di armi da fuoco.

L’atto in sé è dunque l’ultimo istante di un disagio che cova a lungo interiormente lacerando un poco alla volta l’anima della persona; un logorio silenzioso che frantuma le certezze dell’esistenza, un dolore invisibile che annienta e rende ciechi.

Molto spesso si preferisce piangere un morto piuttosto che aiutarlo, perché è più facile e meno rischioso. Credo invece fermamente che sia un atteggiamento solo più egoistico e pusillanime far finta di non vedere. Ogni suicida che muore è una vittima dell’intera comunità, della falsità, della meschinità e della mediocrità umana che troppe volte riesce a prevalere sull’altruismo e sul buon senso.

Benedetta Marchese

Iscriviti alla newsletter settimanale per rimanere aggiornato su tutti i nostri articoli!