“Di Questo” grande poeta – Vladimir Majakovskij

Il poema Di Questo costituisce una delle vette della poesia non solo del suo autore, ma anche di tutta la produzione poetica futurista e in generale dell’avanguardia del primo Novecento. Vladimir Majakovskij, poeta russo e sovietico, lo compose in soli due mesi, e in esso vi è racchiusa tutta la poetica di un autore che è stato capito con difficoltà sia in Occidente che in patria.

Majakovskij è un poeta di cui è difficile parlare, non tanto perché la sua poesia è un’intera enciclopedia di temi collegati alla tradizione e allo stesso tempo nuovi, quanto perché, in modi e per ragioni diverse, sia in Europa che in patria è rimasto spesso ingabbiato in definizioni e canonizzazioni letterarie che hanno allontanato l’attenzione dalla sua produzione.

In Europa Majakovksij è riconosciuto come il nume tutelare del futurismo russo, e come tale, soprattutto a livello scolastico, nell’analizzare le sue opere si è cercato spesso il punto di congiunzione con l’avanguardia occidentale: a livello formale, la spezzatura del verso, l’immissione nella poesia di parole appartenenti al gergo quotidiano o ai linguaggi specialistici delle scienze o della politica; sul piano del contenuto, l’approvazione e una certa collaborazione con il potere rivoluzionario che in quegli anni si andava affermando.

In Russia, allora Unione Sovietica, i critici letterari si sono concentrati più sulla sua biografia, e in particolare sul suo suicidio nel 1930, e si sono impegnati a cercare una spiegazione per un atto impensabile nel mondo di Stalin.

Tutto ciò ha distolto l’attenzione dal dato più importante: la sua poesia, che è di una forza così prorompente da non perdersi nemmeno nella traduzione. Per riappropriarci del vero significato della parola majakovskiana, il poema Di Questo sembra essere il più adatto.

Scritto in soli due mesi, dalla fine del dicembre 1922 al febbraio 1923, Di Questo nasce da un periodo di reclusione e di separazione del poeta dalla sua amata Lili Brik, a cui è dedicato, come la maggior parte dei suoi scritti. In questo periodo Majakovskij intende chiarire a se stesso il tema che più lo interessava, ovvero come doveva essere l’uomo del futuro e come doveva realizzarsi la società del futuro affinché l’uomo potesse vivere secondo una nuova morale e nuovi sentimenti rigenerati.

La lotta che Majakovskij conduce attraverso i suoi versi è quella del Poeta, rappresentazione ingigantita dell’io dello scrittore, protagonista di tutti i suoi versi, contro la meschinità della vita borghese. Il byt’, parola russa che non ha un corrispondente esatto in italiano, ma che rappresenta lo scorrere della vita quotidiana nelle piccolezze, nelle lotte per il benessere giornaliero, è disprezzata dal poeta, che contrappone ad essa la sua figura e il suo sacrificio in nome della salvezza universale.

Il tema generale si intreccia col motivo personale dell’amore, un amore che per Majakovskij assurge a significato globale di sacrificio e redenzione: il poeta chiama l’amata e, non ricevendo risposta, si trasforma in un orso – secondo una delle tante iperboli usate dal poeta – che vaga per la città. Durante la sua passeggiata incontra se stesso di sette anni prima legato al parapetto di un ponte dai propri versi, poi si ritrova in vari ambienti borghesi, ma da nessuna parte, nemmeno tra la propria famiglia, incontra qualcuno che lo aiuti a liberarlo. Infine rivolge la sua preghiera al chimico del trentesimo secolo, con un’invocazione che ha i toni religiosi di una preghiera:

Resuscitami
Che io
Poeta
T’ho aspettato,
Evitando le inezie quotidiane!
Resuscitami
Anche solo per questo!
Resuscitami –
Voglio vivere tutta la mia vita!

L’amore autobiografico si fonde con la missione che Majakovskij ha riconosciuto per se stesso in quanto poeta, e che è presente in tutta la sua produzione: il sacrificio di se stesso per la creazione di un mondo nuovo, dove «l’amore non sia più servo / di matrimonio, / lussuria, / pane».

Non è difficile scorgere in questi versi la voce del protagonista della tragedia Vladimir Majakovskij del 1913, dove il poeta raccoglie le lacrime di tutti, e come un novello Cristo si prepara a sacrificarsi per l’amore di tutti, pur presentendo che il suo sacrificio sarà del tutto inutile. Così anche in Di Questo il poeta vede se stesso appeso come un vessillo insanguinato in cima al Cremlino.
La poesia diventa allora un grido disperato contro il presente e si trasforma in una petizione rivolta direttamente al futuro.

La tragedia di Majakovskij è stata quella di non aver trovato il modo di realizzare il futuro che tanto agognava: probabilmente nella Rivoluzione aveva visto la possibilità di instaurare un mondo nuovo, ma il suo suicidio non è stato frutto di una disillusione, quanto la conseguenza del fatto che non poteva accettare se stesso come prigioniero di un eterno presente meschino, senza la possibilità di quel futuro la cui premessa fondativa era proprio il sacrificio del poeta.

Tutta la sua poesia è un correre intorno, un avvicinarsi e allontanarsi al tema del suicidio, che compare anche in Di Questo.Tuttavia questo tema, e l’esito materiale che ha avuto per Majakovskij, non degrada la sua poesia, come hanno spesso creduto i critici sovietici, ma la esalta e la rende estremamente personale e viva.

Maria Chiara DAgostino

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