Hate-speech: Facebook, il silenzio o la censura

Per combattere l’hate speech è quantomeno assurdo che “FB usi la censura – scrive la Boldrini – contro chi denuncia l’odio attraverso la pubblicazione di oscenità e violenza, mentre non interviene nei confronti di chi lo mette in atto e se ne fa vanto” (ANSA,19 gennaio 2017).

È di questi giorni una disamina su quello che Facebook non fa quando gli utenti reclamano la chiusura di pagine hate-speech, violente, inneggianti a totalitarismi, o semplicemente schiumanti odio contro donne, gay, bambini, disabili, vecchi, immigrati.

Arianna Drago e la censura di FB.

Arianna Drago segnala i gruppi violenti ma Facebook censura il suo profilo per 24 ore.

La donna di 26 anni che si occupa di informatica e ha creato una community “Old souls”, ha denunciato i gruppi chiusi di stupro virtuale su Facebook. E l’algoritmo di FB ha oscurato il suo profilo.

Arianna non se lo aspettava. Lei esegue una screenshot, cancella i nomi e li segnala: foto di donne normali, rubate da raccoglitori-stalkers che, una volta pubblicate, danno il via a una costellazione di commenti che inneggiano allo stupro.

Ha usato il buon senso. Non ha girato la faccia dall’altra parte, ha compiuto quello che ognuno deve fare quando incontra comportamenti non etici, in qualunque situazione si trovi.

Il rilancio del post-denuncia è stato fatto dalla presidente della Camera, Laura Boldrini.

Si è vero, non è la piattaforma di Zuckerberg a doversi fare carico di ciò di cui la politica non si occupa, ossia promuovere e sostenere una “cultura digitale e un’educazione alle relazioni in rete: temi da sostenere come materia di studio e approfondimento nei programmi delle scuole di tutto il Paese, con risorse apposite” (Laura Boldrini sbaglia obiettivo, ilfattoquotidiano, 13.02.2017).

Ma è pur vero che gli individui all’interno di una piattaforma, sia utenti che gestori, devono occuparsene agendo con la censura e la denuncia, se i comportamenti sociali (e anche social-network!) ledono la “persona”, che sia vittima o semplice utilizzatore di un mezzo tecnologico, poiché non possiamo starcene in silenzio.

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