“Incognito”: è così essenziale che la memoria sia insita in noi? Recensione dello spettacolo teatrale al Teatro della Cometa fino al 22 aprile

4 | 22  APRILE 2018

Graziano Piazza, Anna Cianca, Giulio Forges Davanzati, Désirée Giorgetti

INCOGNITO

di Nick Payne

Regia Andrea Trovato

Scene Luigi Ferrigno

Costumi Tiziana Massaro

Luci Pietro Sperduti

Musiche originali Fabio Antonelli

Assistente alla regia Marcello Paesano

Produzione Carmentalia e Gli Ipocriti

partnership: Human Valor e Progetto Itaca (Roma)

collaborazioni: Chiara Anaclio e Daniele Barraco

Sinossi

“I nostri cervelli lavorano costantemente, in maniera estenuante e senza sosta per trasmetterci l’illusione che tutto sia sotto controllo, ma non è così… Il cervello è una macchina narrativa ed è davvero, davvero brava a fregarci!”

Dopo i grandi successi di Londra e New York, approda per la prima volta in Italia, al Teatro della Cometa dal 4 al 22 aprileINCOGNITO. Nuova opera teatrale del giovane drammaturgo inglese Nick Payne, considerato dalla critica come il nuovo Tom Stoppard. Protagonisti Graziano Piazza, Anna Cianca, Giulio Forges Davanzati, Désirée Giorgetti. La regia è di Andrea Trovato. Tre storie intrecciate che esplorano la natura dell’identità e come siamo definiti da ciò che ricordiamo, Incognito è un’esplorazione esilarante di ciò che significa essere umani.

Protagonista di “INCOGNITO” è senza dubbio il cervello, questo meraviglioso e sorprendente organo il cui meccanismo è ancora oggetto di studio da parte della Scienza. Un organo capace di accumulare dati, memorizzarli, codificarli e dare senso alla realtà attraverso la costruzione di una narrativa.

Quattro attori interpreteranno ventuno personaggi che si alternano in avanti e indietro nel tempo e che ruotano attorno a tre storie principali e interconnesse fra loro. Due di queste storie sono basate su avvenimenti realmente accaduti: il primo caso riguarda Thomas Stoltz Harvey, che nel 1955 eseguì l’autopsia su Albert Einstein e, all’insaputa di familiari ed eredi, pensò bene di rubare il cervello del Professore al fine di sezionarlo e studiarlo nell’ingenua speranza di giungere a grandi scoperte sulla mente umana. L’altro caso riguarda Henry Molaison al quale, nel 1953, per curare le sue crisi epilettiche fu rimossa una parte del cervello ma, in seguito all’intervento, subì la perdita cronica della memoria a lungo termine, ossia non fu più capace, da quel momento in poi, di memorizzare qualsiasi cosa per più di pochi minuti, “condannato” così a vivere un eterno presente e rimanendo cosciente soltanto del suo amore per la moglie, un amore che lo tenne fievolmente ancorato alla realtà fino alla sua morte avvenuta nel 2008. Conosciuto in ambiti scientifici come il paziente HM, è stato l’essere umano più studiato dalla neuroscienza.

La terza storia, ambientata ai giorni nostri, riguarda Martha, una neuropsicologa che, al contrario di Harvey che vuole trovare chissà cosa sezionando il cervello di Einstein con un bisturi, si interroga invece su chi sia più fortunato: noi, cosiddetti “normali” che non riusciamo a dimenticare certe cose, anche se lo volessimo, oppure i suoi pazienti affetti da amnesia che non riescono a memorizzare, dimenticando così anche dolori, rancori e ferite?

Tre storie intrecciate che esplorano la natura dell’identità e come siamo definiti da ciò che ricordiamo, Incognito è un’esplorazione esilarante di ciò che significa essere umani.

Al centro del testo rimane un quesito: è vero che noi siamo solo il risultato delle nostre esperienze, degli incontri che abbiamo fatto, degli amori che abbiamo vissuto, delle persone che abbiamo perduto? E se la nostra mente non fosse capace di ricordare: esattamente, cosa resterebbe di noi?

Recensione

Incognito: non conosciuto.

Cosa c’è di più misterioso e affascinante della mente umana? Mente che può assumere le più svariate e bizzarre forme? Da quelle di un genio come Einstein a quelle difformi di un uomo che dimentica tutto tranne l’amore della sua vita?

Sul palcoscenico si alternano in modo spasmodico 4 attori interpretanti più personaggi, ognuno con le sue sfaccettature, fatte di dolori, segreti e gioie.

Henry Molaison, uomo sofferente a causa dell’amnesia manifestatosi dopo un intervento di riduzione della sua epilessia, è colui che più di tutti trasporta il pubblico in una dimensione empatica: questo avviene non perché la sua storia è recepita affine bensì perché l’amore è ciò che universalmente unisce gli uomini.

I personaggi interpretati attraversano gli anni in modo cronologico ma alternante tra passato e presente: si va dal patologo Thomas Stoltz Harvey, che ruba il cervello di Einstein per recepirne i suoi segreti, ad Henry e al suo amore, fino a Martha, neuropsicologa clinica, alla scoperta di un sentimento “diverso”.

All’apparenza le storie sembrano sconnesse ma al culmine ci si rende conto che ad unirle è un solo e complesso principio: la mente, il cervello umano.

La scenografia dello spettacolo è scevra di ogni elemento perché vuoto è il contorno rispetto a quell’unico quesito: cosa rende una vita degna? Sono i ricordi, l’amore o l’essenza della vita stessa?

“Un cervello danneggiato può continuare a dare un senso al mondo”.

La memoria diviene nei personaggi che attraversano il palcoscenico ossessione: le forme assunte sono molteplici.

Ma è così essenziale che la memoria sia insita in noi?

Uno spettacolo struggente, emozionante e vero: le emozioni in fondo sono gli unici motivi per cui una vita è degna di essere vissuta!

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