Intervista a Giorgia Mazzucato: dai mentori Dario Fo e Franca Rame alla tournée all’estero

Giorgia Mazzucato è una giovane attrice, regista e autrice. Allieva di Franca Rame e Marco Baliani, premiata da Paolo Poli e recensita dal Premio Nobel Dario Fo, nell’estate del 2017 rappresenterà l’Italia negli Stati Uniti e in Messico con il suo spettacolo teatrale “Viviamoci”.

Per lei sarà la prima volta in tournée all’estero ed è stata chiamata direttamente dal San Diego (19, 25, 26, 29 giugno, 1, 2 luglio), dall’Hollywood Fringe Festival (17, 21 giugno) e dal Tijuana Fringe Festival (23, 24 giugno).

Ho avuto l’occasione e il piacere di intervistarla.

  • Grazie mille per questa intervista. Inizio con il chiederti: come ti senti a sapere di rappresentare l’Italia negli Stati Uniti e in Messico con “Viviamoci”?

Onoratissima, felicissima, curiosissima. Ho un importante passato d’atleta e già mi era capitato di “rappresentare l’Italia”, ma ora, farlo con quello che ho deciso essere il mio mestiere, è una gioia immensa ed un orgoglio incredibile. Mi sento anche davvero molto fortunata. È un privilegio fare quel che faccio.

  • Sarà la prima volta che farai una tournée all’estero. È più forte l’emozione o la paura?

Non sento paura, ma sento una grande responsabilità. Fare Teatro, quantomeno per come lo intendo io, è una forma di impegno civile e conseguentemente un’assunzione di responsabilità. Portare all’estero, ad un’altra cultura, il proprio lavoro è un amplificarsi di questa presa di coscienza. Sento la responsabilità di dover tener fede al mio messaggio, sento la gioia di rappresentare il mio paese e Fringe Italia, sento l’orgoglio di portare negli Stati Uniti una produzione de La Siti – Scuola Internazionale dei Teatro all’Improvviso, una struttura (scuola e centro di produzione) da me co-fondata con Maria Beatrice Alonzi soltanto lo scorso ottobre, sento la profonda soddisfazione di portare il mio testo e i suoi personaggi a 10.000 chilometri da qui.

  • In Viviamoci porti in scena tre personaggi: una giovane madre, la piccola figlia e un giovane meccanico. Come riesci a interpretare tre personaggi differenti nello stesso spettacolo? Non corri mai il rischio di rimanere legata al personaggio precedente, mentre devi rappresentare già il successivo?

Come sappiamo, la naturalezza in teatro è quanto di più artefatto ci sia. Ogni parola, ogni gesto, è calcolato al millimetro e al secondo per far sì che l’intera messa in scena sia pulita ed efficace. Come per la musica, così anche la recitazione si deve basare su uno spartito di movimenti ed espressioni: ogni intenzione, verbale o non verbale, deve necessariamente trovare la sua espressione nell’istante e nella modalità predisposte dalla drammaturgia e dalla regia. Di conseguenza, passare da un personaggio all’altro non è altro che seguire uno spartito in cui in fase di scrittura, ho deciso di cambiare di tonalità. È tecnica. È mestiere. Una volta poi allenata la tecnica, il dovere e il piacere dell’attore è di giocare con le emozioni proprie del personaggio che ora, essendo ben definito da pause e note, è libero di cantare la sua musica.

  • Come ti sei avvicinata al teatro?

Mi sono avvicinata per caso, seguendo un Laboratorio teatrale durante i miei anni al Liceo. In questa situazione ebbi la fortuna di incontrare come insegnante Andrea Pennacchi, un attore, autore e regista che a mio parere, oggi come allora, rappresenta una delle eccellenze in Italia del teatro di narrazione. Fin da subito, probabilmente intuendo un mio potenziale o quantomeno un mio interesse, mi ha messo alla prova facendomi scrivere dei monologhi che poi sarebbero stati messi in scena negli spettacoli di fine anno. E che dire…da quando ho cominciato a farlo, non ho più smesso! Andando avanti con gli anni, sempre appoggiata dalla mia famiglia, ho deciso di iscrivermi al DAMS di Bologna, un’Università che ho amato e che mi ha regalato il grande dono della consapevolezza della pluralità dei punti di vista. In particolare sono rimasta profondamente segnata dall’incontro con il Professor Gerardo Guccini, che sarebbe poi diventato il Relatore di entrambe le mie Lauree. Sono stati anni splendidi e incredibilmente formativi. Insomma, ho avuto la fortuna di avere grandi mentori.

  • Hai avuto modo di lavorare con Dario Fo e con Franca Rame. Che persone erano e cosa porti con te della loro conoscenza?

A proposito di grandi mentori…. Dario Fo e Franca Rame sono due autentici monumenti. Due mostri sacri e due persone straordinarie. L’incontro con loro è stato una svolta per la mia carriera artistica e per la mia maturazione personale. Dario Fo era, ed è, un preziosissimo scrigno di cultura. Non c’era argomento su cui non si fosse interrogato e di cui non volesse dialogare. Era curioso verso ogni aspetto della Vita, e per questo aveva scelto il Teatro come mezzo per indagarla e rappresentarla. Franca Rame era, ed è, la stella polare dell’impegno civile. Lavorare con lei è stato un acceleratore di consapevolezza e meraviglia. Per spiegarvi un po’ meglio che persona fosse, vi riporto un aneddoto che amo condividere. Un giorno stavo lavorando con lei sull’interpretazione de Lo Stupro, monologo da lei scritto e interpretato per dare voce alle tante donne che avevano subito quella violenza vissuta da lei stessa anni addietro. Prima di cominciare mi ha dato un solo avvertimento: “Non piangere. Perché se non ho pianto io mentre è successo, non puoi piangere tu mentre lo reciti.”.  Era una donna eroica, che non aveva timore di parlare delle sue più profonde cicatrici perché sapeva che il racconto di queste avrebbe portato forza ad altre persone magari con meno risorse di lei. Credo che il mondo sia un pianeta fortunato per avere visto il passaggio di due esistenza come le loro.

  • Dario Fo ha definito Viviamoci “paradossale e metafisico, forte di una scrittura puntuale ed efficace”. In quel momento ricevere una recensione così gratificante che sensazione ha suscitato in te? Ti ha fatta sentire “arrivata”?

Io spero sinceramente di non sentirmi mai arrivata. Fare Teatro significa esplorare l’umano, e l’umano, con la sua natura e le sue storie, è quanto di più inesplorato ci sia. Non si riuscirà mai a raccontarlo tutto, ma finché ci sarà qualcuno che proverà a farlo ci saranno gli attori e ci sarà il Teatro. Se un giorno mi sentirò arrivata avrò smesso di esplorare e avrò smesso di essere un’attrice.

Le parole del Maestro, sono state una gioia pura, un riconoscimento per quello che stavo facendo, ma soprattutto per quello che avrei potuto fare in futuro. Provo a portarle con me, insieme a tutti i consigli che ho ricevuto da loro e alle dimostrazioni di coraggio che hanno dimostrato negli anni, per poter rendere la mia esplorazione una scoperta utile ed emozionante per chi vorrà essere in platea ad assistere ai miei spettacoli.

Ti faccio “l’in bocca al lupo” per la tournée e se ti va ci risentiamo al ritorno, così mi racconterai come è andata e i retroscena 🙂

Grazie mille, molto volentieri! E viva il lupo!!=)

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