“Il labirinto del silenzio”, un film per non dimenticare gli orrori di Auschwitz

Siamo nel 1958 a Francoforte. La Germania è divisa tra est e ovest. E il popolo tedesco non vuole ricordare né la Seconda Guerra Mondiale, né il periodo nazista. È un Nazione che tenta di ricostruire una nuova identità democratica, per espiare i peccati commessi dal Terzo Reich.

Il protagonista è Johann Radmann, un giovane procuratore della neonata Repubblica Federale Tedesca. Un ragazzo agli esordi della carriera, costretto a occuparsi di infrazioni stradali, mentre sogna un giorno di trattare una causa importante.

In un giorno come tanti altri, nella Procura di Francoforte si presenta un giornalista di una testata locale, Thomas Gnielka, per denunciare un ex ufficiale nazista delle SS, Schulz – che poi si scoprirà essere stato ad Auschwitz – che, nonostante il divieto della legge tedesca, continua ad insegnare in una scuola elementare di Francoforte.

L’iniziale scetticismo del Procuratore Capo fa cadere nel vuoto l’appello del giornalista, ma è lo stesso Radmann che inizia a scavare sul fatto, fino a scoprire la verità sulle atrocità commesse nel campo di concentramento di Auschwitz in Polonia, su cui fino ad allora l’amministrazione dello Stato non si era occupato.

Dal giorno della liberazione, nel lontano 27 gennaio 1945, il popolo tedesco era stato tenuto all’oscuro su ciò che il regime nazista aveva fatto nel campo di sterminio.

Nessuno conosceva quel luogo, ne era a conoscenza della “Soluzione finale” progettata e messa in atto da Adolf Hitler e che ha portato allo sterminio di 6 milioni di ebrei.

Inizia così, per caso, l’inchiesta del giovane procuratore Radmann. Un’inchiesta che lo condurrà in un vero e proprio labirinto del silenzio e che lo ossessionerà fino alle sue dimissioni.

Il suo vero bersaglio è Josef Mengele, il “dottor morte”, sfuggito agli alleati, ha vissuto indisturbato prima in Argentina, poi in Brasile, fino alla sua morte per annegamento nel 1979.

Grazie al sostegno del procuratore generale, Fritz Bauer, Radmann decide di proseguire la sua inchiesta, che travolgerà anche la sua vita personale.

Confuso e amareggiato per la diffusa omertà sugli orrori commessi dal regime, Radmann perde il senso stesso del “giudizio” e della verità, per addentarsi in un oscuro “labirinto”.

Intenzionato a portare di fronte al Tribunale di Francoforte, gli ex ufficiali nazisti delle SS, che avevano prestato servizio ad Aushwitz, il procuratore Radmann riesce a incriminarne 19.

17 saranno condannati per omicidio e crimini di guerra.

Nel 1963 inizia così il processo di Francoforte (o Secondo Processo di Auschwitz) che durerà fino al 1965.

Un film intenso, non banale, che racconta con efficacia la dura lotta interiore affrontata dal protagonista e la sofferenza davanti ad una verità difficile da accettare per chi ama il proprio paese.

Una storia di vita vera che aiuta a conoscere meglio una parte atroce di storia del Vecchio Continente, della quale non sono stati ancora sciolti tutti i misteri.

E resta il peso dell’impunità goduta da molti ex ufficiali che, durante il Nazismo, hanno ucciso migliaia di persone.

Il film, diretto da Giulio Ricciarelli, è stato selezionato per rappresentare la Germania agli Oscar 2016 come miglior film straniero.

Chiara Colangelo

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