Recensione del “Il laboratorio della vagina” al Roma Fringe Festival

Il laboratorio della vagina

Ovvero LOTTO per lei

Drammaturgia e regia di Patrizia Schiavo

Collaborazione artistica Silvia Grassi e Riccardo Liberati

Dramma: prima di poter parlare di noi dobbiamo poter parlare del nostro organo sessuale. Come lo chiamiamo innanzitutto. Quante di voi lo chiamano, vagina? C’è ancora qualcuno che la chiama: “boschetto”, “patata”, “patacca”, “patonza” …? Storie ironiche, incredibili, fantasiose o drammatiche.

Attrici brillanti, divertenti e profonde, un tema spesso oggetto di tabù e il bisogno di urlare che la propria femminilità non può essere violata da mani sporche: questi elementi fanno del “Il laboratorio della vagina” un’opera originale e contemporanea, ma soprattutto un atto di pensiero forte e indispensabile.

Si inizia sorridendo per la verve che contraddistingue le artiste sul palco e si va via meditando e comprendendo quanto ancora sia necessaria un’educazione all’altro, al sesso e alla donna.

Bisogna preoccuparsi della propria vagina per tanti motivi, ma i fondamentali sono: per eliminare la violenza che contraddistingue il 35% delle donne nel mondo e per l’indifferenza che ci attraversa giornalmente.

“Non gridare aiuto ma grida al fuoco. Disorienta gli aggressori e fai uscire gli indifferenti “.

Sul palco non solo uno spettacolo, quindi, ma un insegnamento: un NO allo stupro, alla violenza, alla mutilazione, all’infibulazione e un SI alla riscoperta del proprio essere, della femminilità, del sesso, della dignità e del rispetto.

“Invece di nasconderci dietro il burka e dietro il velo noi ce la guardiamo!”

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