Recensione dello spettacolo “Antigone” con la regia di Federico Tiezzi: al Teatro Argentina fino al 29 marzo

Antigone
di Sofocle
traduzione Simone Beta
adattamento e drammaturgia Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi
regia Federico Tiezzi

con Ivan Alovisio, Marco Brinzi, Carla Chiarelli, Lucrezia Guidone, Lorenzo Lavia, Sandro Lombardi
Francesca Mazza, Annibale Pavone, Federica Rosellini, Luca Tanganelli, Josafat Vagni, Massimo Verdastro
e con Francesca Benedetti

scene Gregorio Zurla
costumi Giovanna Buzzi
luci Gianni Pollini
canto e composizione dei cori Francesca Della Monica
movimenti coreografici Raffaella Giordano
assistente alla regia Giovanni Scandella

Sinossi

“Molte sono le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell’uomo.”
Sofocle

Dopo il felice esito del Calderón di Pier Paolo Pasolini, (Premio Ubu 2016 per la migliore regia), Federico Tiezzi firma una nuova monumentale produzione per il Teatro di Roma, Antigone di Sofocle, con protagonisti Sandro Lombardi e Lucrezia Guidone, in prima nazionale dal 27 febbraio al 29 marzo al Teatro Argentina, dritti al cuore dello scontro tra l’eroina, che si fa portatrice dei valori della legge naturale, e Creonte, che rappresenta la legge degli uomini.

Antigone, uno dei massimi capolavori che ci abbia lasciato la grande cultura di Atene, si riallaccia al ciclo tebano di Edipo e dei suoi discendenti. Al cuore della tragedia lo scontro tra Antigone e Creonte: da un lato i valori religiosi e gli affetti del clan familiare, dall’altro le esigenze dell’ordine pubblico. La figura e i temi sono da sempre attuali: la ragazza che si ribella al potere, perché vuole seppellire il fratello in nome delle leggi religiose e del rispetto del ghenos familiare, è l’eroina che assurge a simbolo di chi rivendica i diritti dei più deboli. L’opera è anche la tragedia di Creonte, l’uomo cui il destino ha affidato il compito di governare e di far rispettare le leggi.

Ma se il conflitto principale della tragedia è quello relativo allo scontro sulla sepoltura o meno del corpo di Polinice, Tiezzi è molto attento a individuare altri conflitti che arricchiscono e rendono complessa e screziata l’opera. Innanzitutto tra Creonte e Antigone scatta un conflitto generazionale, nel quale è la ragazza a sostenere la tesi più arcaica e reazionaria, quella della superiorità delle ragioni religiose su quelle politiche. Tra i due scoppia inoltre una guerra dei sessi: la determinazione di Antigone mette in crisi in Creonte la sua posizione di maschio, come evidenziato da una sua considerazione al figlio Emone: «Bisogna difendere l’ordine costituito – e non permettere che le donne abbiano la meglio su di noi. Se proprio si deve perdere, meglio essere vinti dalla mano di un maschio, senza che si dica in giro che siamo inferiori alle femmine». Infine il conflitto tra Creonte e Tiresia, da un lato la ragion di Stato, dall’altro le arcaiche credenze nella magia e nella divinazione che, insieme al maschilismo di Creonte, ci ricorda quanto la cultura greca, arrivata a noi secondo la lettura romantica dei poeti e filosofi tedeschi tra fine ‘700 e inizi ‘800, tutta apollinea e luminosa, razionale e quasi pre-cristiana, affondi invece le sue radici in una visione del mondo che nella morte vedeva la fine di tutto e non una possibile rinascita («la morte, il destino più atroce» dice Creonte). Riflessioni che permette alla tragedia di essere così inesorabilmente ‘tragica’.

Recensione

La tragedia di Sofocle riprende vita nello splendido scenario del Teatro Argentina, nel quale per una sera è possibile immergersi in uno dei drammi ateniesi più conosciuti: l’Antigone.

Si racconta lo scontro tra Antigone, giovane impavida, dotata di un profondo senso dell’onore e della famiglia e Creonte, re di Tebe, pronto a sfidare le leggi divine pur di imporre il suo potere: egli, infatti, vieterà la sepoltura di Polinice, fratello di Antigone, in quanto accusato di aver tentato di distruggere la città. Antigone, inizialmente, cercherà l’aiuto della sorella Ismene per tentare di seppellire il fratello, ma avrà il suo rifiuto. Ella, tuttavia, non si arrenderà al potere di Creonte e deciderà di compiere la sepoltura da sola.

Sul palcoscenico con sapienza e grazie all’ausilio di scenografie estremamente realistiche si riesce a percepire il turbamento dei personaggi che popolano la tragedia. La musica consente di sentire appieno le palpitazioni del loro animo, oscillanti tra la paura ed il coraggio. Lo stesso Creonte comprenderà quanto il potere possa accecare e condurre alla perdizione.

“Chi d’amore è posseduto diventa pazzo”.

Antigone è un personaggio contemporaneo, nonostante siano trascorsi secoli dalla sua creazione: una donna coraggiosa, leale e dotata di estrema pietà.

“Io onorai la pietà”: questa una delle frasi pronunciate da ella e mai sentimento è apparso più forte.

Alcuni elementi, nonostante la superba recitazione, appaiono discordanti; infatti, ad un dato momento appare un uomo vestito in jeans che sintetizza la vicenda e la domanda sorge spontanea: era davvero necessario?

Lo spettacolo, tuttavia, scorre velocemente e si attualizza davanti agli occhi dello spettatore; è facile comprendere quanto la condizione di vinti e vincitori possa ribaltarsi; la morale si dispiega in tutta la sua forza.

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1 thought on “Recensione dello spettacolo “Antigone” con la regia di Federico Tiezzi: al Teatro Argentina fino al 29 marzo

  1. Antigone al Teatro Argentina, mai visto uno spettacolo peggiore di questo! Sofocle si sarà rivoltato nella tomba! Non si salva nulla a cominciare dalla traduzione del testo totalmente priva della liricità originale per continuare con la regia incomprensibile e la recitazione senza nessuna emozione! Non trasmette nulla! …..anzi qualcosa sì…..Il finale con i Ghostbusters in tuta gialla fa ridere! Di tutto lo spettacolo si salva solo il primo monologo della guardia ma probabilmente grazie solo alla bravura dell’attore (l’unico a saper recitare). Com’è possibile che un teatro come l’Argentina porti in scena tali scempi della tragedia greca non si capisce! Direi in conclusione “braccia rubate all’agricoltura” mestiere peraltro degnissimo che forse non saprebbero neanche fare! E li pagano pure!!!

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