Vittoria al sapore di sconfitta: la May si riconferma primo ministro ma perde la maggioranza assoluta in Parlamento

Dopo neanche un anno dalla nomina a premier, Theresa May, leader del partito conservatore dei Tories, risulta prima battendo alle urne il laburista Jeremy Corbyn, ma con il cuore in gola fino alla fine.

La campagna elettorale è stata infatti piuttosto sotto tono per la May, caratterizzata da un paio di scivoloni che hanno certamente spinto Corbyn verso la rimonta, rendendo questa lotta non più scontata e impari, ma degna d’attenzione, soprattutto se si pensa che l’ipotetica vittoria del laburista sarebbe stata una terza inaspettata sorpresa nell’attuale scena politica mondiale dopo Brexit e Trump.

Gli obiettivi primari di queste elezioni anticipate, volute dalla stessa premier, consistevano senza dubbio nel garantire un imbattibile vantaggio al suo partito in Parlamento e nell’avere via libera sulla negoziazione con l’Ue. Tali aspettative sono state clamorosamente disattese già a partire dai sondaggi e a seguire confermate da dati reali: il partito conservatore perde 12 seggi rispetto ai 330 su cui poteva contare in precedenza, mentre il Labour sale a quota 261; un risultato entusiasmante, un ritorno alle percentuali ottenute da Tony Blair nella sua seconda vittoria elettorale nel 2001.

Corbyn, preso dall’enfasi, si direbbe già pronto a “servire il suo Paese” da leader di un’opposizione più forte e presente, chiedendo a gran voce le dimissioni della May, ma la premier sembra non voler farsi schiacciare dalle continue pressioni sull’argomento.

Per fronteggiare questo “hung Parliament” (Parlamento sospeso) è stata presentata alla Regina la coalizione tra Tories e Dub nordirlandesi, con la quale affrontare i prossimi anni di governo tra Brexit, richieste di indipendenza degli altri Stati e ovviamente la minaccia incombente del terrorismo – “Con loro forte relazione, lavoreremo nell’interesse di tutti”.

In futuro, il caos generato da queste inaspettate elezioni potrebbe causare non pochi problemi al Regno Unito. Si attendono nuovi risvolti dopo i colloqui del 19 giugno con l’Ue.

Silvia Mallozzi

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