Recensione del film “Wonder” del regista Stephen Chbosky

Regia: Stephen Chbosky.

Cast: Julia Roberts, Jacob Tremblay, Owen Wilson, Mandy Patinkin, Ali Liebert, Daveed Diggs.

Durata: 113 minuti

August Pullman, per gli amici “Auggie” (ma lui di amici, almeno all’inizio, non ne ha), non è un bambino normale. Questo lo dice lui stesso, molto schiettamente, in apertura di film. Così come non può, per forza di cose, essere normale la vita di chi gli sta accanto, a cominciare dai suoi famigliari.

Tutta la pellicola, quindi, non è “Auggie-centrica”. Non ruota solo attorno alle vicissitudini che coinvolgono il piccolo protagonista, ma si preoccupa anche di dare attenzione a chi vede la propria vita condizionata dalla presenza di una persona apparentamente (errore di stesura voluto e non casuale) così diversa, ma che, in realtà, non ha nulla di strano rispetto a chi ha la presunzione di definirsi “normale”.

La storia è scandita in quattro momenti, dai contorni non troppo definiti, senza, con ciò, andare ad incidere negativamente sulla fluidità della narrazione. Subito ci viene presentato Auggie, bambino affetto da una rarissima e non meglio specificata patologia cranio-facciale. È autoironico, maturo più di quanto possa pretendersi dai suoi coetanei e con una certa propensione alla comprensione delle scienze. Preso, letteralmente, a pallonate e pugni dalla vita, e malignamente paragonato al malvagio Imperatore Darth Sidious, è appassionato di Star Wars e di astronomia, probabilmente per la sua voglia di evadere da un mondo che fa fatica ad accettarlo.

L’uso della metafora astronomica è ricorrente nel film. Non è un caso che l’altra protagonista, Olivia “Via” Pullman, sorella maggiore di Auggie, definisce sé stessa e i propri genitori come i pianeti che orbitano attorno ad un Sole impersonato dal fratellino. Soffre la mancanza di attenzioni da parte dei genitori, impegnati in una lotta quotidiana a difesa del fratello più piccolo, e piange da tempo la scomparsa della nonna, in cui aveva individuato un surrogato familiare. Sarà proprio Via a far realizzare al fratello che, per essere considerato una persona normale, sarà necessario vivere una vita normale, senza nascondersi dietro una maschera e senza avere la pretesa di pensare che tutto il mondo giri attorno a lui. Gli altri due protagonisti sono Jack e Miranda, amici, ma con qualche dubbio, rispettivamente di Auggie e Via. Nel loro piccolo, anche loro contribuiscono al percorso di crescita dei due fratelli. Più ai margini rimangono le vicende dei due genitori. Il padre è interpretato da un inedito Owen Wilson, qui lontano, ma neanche troppo, dai suoi classici ruoli da commedia. La madre da una sempre fiorente Julia Roberts.

Questa mancanza di centralità risulta essere atipica per i film appartenenti a questo genere, solitamente incentrati anche sul dramma genitoriale, in particolare materno, di crescere un figlio con difficoltà d’integrazione e vittima di episodi di bullismo. Un po’ freddo nella trattazione del tema, quasi girando attorno al problema (torniamo all’astronomia) e senza affrontarlo in profondità (il che non è necessariamente un difetto), Wonder è un film godibile, con un buon cast e che non sfocia in facili moralismi e retorica, se non con una piccola punta nel finale.

Riccardo Ciriaco

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