Beatrice Campisi: “mettere in luce le storture del presente lasciando accesa una piccola lucciola per il futuro” – INTERVISTA

Beatrice Campisi - ph Lù Magarò
“L’ultima lucciola” è il nuovo progetto della cantautrice siciliana Beatrice Campisi. Una raccolta di testi, in versi, accompagnati da illustrazioni di Elisabetta Campisi e arricchiti da un album che cerca di aprire una finestra su sé stessi e sulle ingiustizie del mondo. Un viaggio fra brani in italiano e in dialetto siciliano con un impasto sonoro che si muove tra folk-rock, pop e radici mediterranee.
La suggestione per il titolo dell’album, nasce dalla lettura di un articolo di Pier Paolo Pasolini, noto come “L’articolo delle lucciole”, uscito sul Corriere della Sera nel 1975, a pochi mesi dal brutale assassinio dello scrittore.
Beatrice Campisi è una cantautrice e autrice siciliana, trapiantata a Pavia, classe 1990, impegnata nella ricerca e nello studio di diversi stili e generi espressivi. La sua formazione artistica è iniziata con lo studio di canto, teatro e pianoforte presso il conservatorio Vincenzo Bellini di Catania ed è proseguita attraverso stage e prestigiose collaborazioni. L’amore per le arti si lega alla passione per la letteratura e lo studio dei Classici, che hanno portato Beatrice alla laurea magistrale in Filologia Classica presso l’Università di Pavia. Alla laurea sono seguiti l’immissione in ruolo, come docente di lettere e, parallelamente, lo sviluppo della carriera di scrittrice, musicista, performer e insegnante di canto moderno.
- Buongiorno Beatrice. “L’ultima lucciola” è il tuo nuovo disco/libro. Come nasce?
Il viaggio de “L’ultima lucciola” inizia con la scrittura di pensieri sparsi, in versi, poi limati e raccolti nel libro omonimo. Da queste poesie è nata poi l’ispirazione per la realizzazione delle otto canzoni, che fanno parte del disco.
- Il progetto, con illustrazioni di Elisabetta Campisi, ha una dimensione intima in cui racconti non solo te stessa ma anche le ingiustizie del mondo: cosa ti fa rabbia oggi? Hai ancora speranza nell’umanità?
Cerco di fare in modo che la rabbia non guidi le mie azioni e i miei ragionamenti. Sono più portata ad osservare e cercare di comprendere la complessità del mondo nel quale viviamo. Penso che il dialogo, l’ascolto, l’empatia e la mediazione siano la chiave per continuare a sperare nell’umanità.

- Per celebrare l’80° Anniversario della Liberazione d’Italia dal nazi-fascismo è uscito “Anuska”, liberamente ispirato alla storia della partigiana Teresa Vergalli. Il brano è eseguito insieme alla cantautrice siciliana Francesca Incudine e al coro “Corda-Voci di Donne”. Oggi che, purtroppo, le influenze del passato, i totalitarismi, si fanno sempre più vicini a noi, quali credi sia il ruolo della musica e dell’arte, nella sua ampia accezione?
Non solo oggi, ma sempre, penso che il ruolo dell’arte e della musica sia quello di raccontare. Io sono molto legata alla figura di Rosa Balistreri, alla sua voce dirompente, al suo modo unico, poetico e impegnato, di “cantari e cuntari”. Questo per me è importante, mettere in luce le storture del presente, ricordando e studiando il passato e lasciando accesa una piccola “lucciola” per il futuro.
- Le radici del sud, della tua Sicilia, quanto influenzano la tua musica?
Per me è fondamentale preservare le radici, cantando le tradizioni e i ricordi di un’isola ancestrale e magica. Io credo che ognuno di noi porti dentro di sé i racconti di chi lo ha preceduto; penso che la nostra essenza sia il risultato di voci ed echi lontani, una memoria che torna in senso circolare per accogliere le fragilità e renderci parte di una grande comunità, priva di barriere temporali.
- Un sogno nel cassetto?
Vorrei avere la possibilità di viaggiare di più, per conoscere musiche, canti, strumenti di altri paesi. Amo mescolare gli stili musicali e dare spazio alla contaminazione di generi.
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