Bullismo: il male è anche di chi potendo impedire che lo si faccia non lo impedisce.

“Magari era uno scherzo”. “Forse ti ricordi male”. “Cosa vuoi che sia, sono ragazzate!”

Queste sono le frasi ricorrenti che vengono pronunciate non solo dalle persone coinvolte in casi di bullismo o cyberbullismo ma anche da testimoni, docenti o familiari.

Numerosi sono gli episodi ricorsi negli ultimi anni: il caso di Amanda Todd, una ragazza di 15 anni che prima di togliersi la vita ha pubblicato su YouTube un video in cui ha raccontato la sua storia di vittima dei bulli, è forse quello più conosciuto. Tuttavia non bisogna dimenticare altri casi non meno gravi, come quello della ragazzina di Pordenone che nel gennaio del 2016, stanca delle vessazioni subite in classe, ha tentato il suicidio oppure quello di un ragazzino di nove anni di Pontedera che da maggio 2015 sta perpetrando abusi e violenze di ogni genere.
Il fatto che i responsabili di simili violenze siano minorenni è un dato allarmante ma quello che lascia amareggiati è il clima di omertà e indifferenza che ha spianato la strada a questi episodi.
Nel caso verificatosi a Pordenone Stefania Mamprin,l’ex dirigente scolastica della scuola media frequentata dalla ragazzina, ha affermato che «Non c’era alcun segnale che lasciasse presagire quanto accaduto» e che la dodicenne è sempre stata un’alunna molto studiosa, «anche se era un po’ discontinua». Riferendosi poi alla classe della ragazzina, ha dichiarato che «qualche discolo c’era ma senza costringerci ad adottare particolari provvedimenti» e di aver sempre chiesto agli insegnanti di segnalare eventuali situazioni di disagio, aggiungendo: «Almeno, nessuno me ne ha mai parlato».
Tuttavia, le testimonianze dei compagni della dodicenne e di una professoressa hanno messo in luce una realtà completamente diversa.

Entrambe le parti hanno nominato in particolare tre ragazzi che hanno tenuto sotto scacco i professori e l’intera classe per tutto l’anno scolastico 2014/2015 fino a qualche giorno dopo il tentato suicidio della loro compagna. La docente interrogata ha detto, inoltre, che la questione è stata riportata e discussa più volte nei vari consigli di classe ma che la Mamprin, nonostante ne fosse stata a conoscenza, non abbia mai preso alcun provvedimento nei confronti dei tre studenti. L’ex preside è stata trasferita in un altro istituto nel settembre 2016 ed è indagata per concorso omissivo in atti persecutori. Il suo avvocato, Giancarlo Zannier, ha affermato che i tre bulli erano tenuti d’occhio «ma si parlava di una situazione di disagio generalizzato nell’ambito scolastico e non di una forma di stalking nei confronti di una vittima precisa». Nello stesso periodo i tre ragazzi sono stati promossi e la ragazzina ha deciso di frequentare un altro istituto. «Non si tratta assolutamente di una resa» ha precisato Graziella Tariello, che assiste la famiglia coinvolta, precisando però che «all’inizio c’era un altro orientamento, ma poi preso atto che nulla è cambiato e che non vi è stata nemmeno alcuna censura comportamentale, la ragazzina ha preferito non ritornare in quella scuola».

Una conclusione simile non è un fatto isolato: anche nel caso avvenuto a Pontedera nonostante le ripetute denunce dei genitori nel corso degli anni, non sono ancora stati presi provvedimenti nei confronti del ragazzino. L’allora dirigente scolastico nel marzo 2016 ha risposto al secondo esposto firmato da trenta genitori in questo modo : «La situazione viene monitorata costantemente dal sottoscritto (…) I genitori dell’allievo protagonista di tali episodi sono stati più volte contattati dalle insegnanti e dal sottoscritto affinché si rendessero responsabili del comportamento del proprio figlio» Alla fine quattro genitori si sono rivolti a un avvocato che nel giugno 2016 ha scritto, oltre al preside, anche all’Ufficio scolastico regionale e al Ministero dell’Istruzione e nel settembre 2016 il dirigente scolastico è stato trasferito. Tuttavia, la situazione non è cambiata. Lo stesso legale, nel novembre 2016, ha segnalato che «le molestie ora sono diventate anche a sfondo sessuale». Infine, il 21 febbraio di quest’anno una compagna di classe del bambino è finita al pronto soccorso, riportando un trauma cranico.

A questo punto, sono necessarie una serie di riflessioni: come tutte le questioni più importanti in Italia, anche il bullismo viene momentaneamente considerato solo quando i limiti vengono oltrepassati e, una volta svanito il clamore mediatico, si ritorna nell’indifferenza e nella minimizzazione quotidiana. Perciò, nonostante la recente approvazione al Senato della legge contro il bullismo e il cyberbullismo sia un passo avanti dal punto di vista politico, è evidente che questi fenomeni devono essere combattuti anche sul piano sociale : non è possibile definirli semplici ragazzate e il fatto di concepirli come tali dimostra la degradazione morale che sta imperversando in questi anni nelle nostre società.

È necessario un cambiamento di condotta drastico nei confronti del bullismo e del cyberbullismo che metta al primo posto la vittima: la sola a portare le conseguenze più marcate di queste spiacevoli vicende. L’essere presi seriamente in considerazione sarebbe già una piccola vittoria per chi ha subito, subisce o sta subendo atti di questo genere.

Allo stesso tempo, però, bisogna garantire delle punizioni esemplari nei confronti dei bulli, che non si limitino solamente al solo monitoraggio o al sei in condotta in pagella ma a veri e propri provvedimenti disciplinari che portino l’individuo a riflettere sulla gravità delle sue azioni. Solo in questo modo il bullismo e il cyberbullismo verranno veramente combattuti. Ma, come già detto, è necessario un cambiamento di mentalità da parte di tutti.

Come ha affermato Tucidide: «Il male non è soltanto di chi lo fa: è anche di chi, potendo impedire che lo si faccia, non lo impedisce».

 

Elisa Ceccon

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