Continua la crisi tra Madrid e Barcellona. C’è ora attesa per il Consiglio dei Ministri straordinario convocato dal Premier spagnolo.
MADRID. Continua la crisi tra Madrid e Barcellona sulla questione dell’indipendenza della Catalogna. Il Premier spagnolo Mariano Rajoy ed il leader del Partito socialista Pedro Sanchez sono decisi ad inviare al Senato la richiesta di autorizzazione di attivazione della procedura ex art. 155 della Costituzione spagnola. È scaduto giovedì 18 ottobre l’ultimato di Rajoy al presidente del Governo catalano Carles Puidgemont: “O si o no alla dichiarazione di indipendenza”, le ultime parole pronunciate dal premier spagnolo al leader catalano, che dai risultati del referendum del 1° ottobre scorso, non ha ancora proclamato l’indipendenza della Catalogna come preannunciato.
L’ART 155 DELLA COSTITUZIONE SPAGNOLA. In base all’art. 155 della Costituzione spagnola, il Governo centrale di Madrid ha il potere di richiedere al Senato l’autorizzazione a sospendere l’autonomia della Regione catalana. I fatti accaduti in Catalogna legittimerebbero le istituzioni spagnole a revocare l’autonomia di cui gode la regione, per preservare l’unità nazionale, minacciata dalla volontà secessionista e dagli atti – dal referendum alla legge sull’indipendenza approvata dalla Generalitat, bocciati dalla Corte Costituzionale – ritenuti contrari all’assetto costituzionale del paese. Sabato 21 ottobre si riunisce un Consiglio dei Ministri straordinario per ufficializzare la richiesta di autorizzazione a sospendere l’autonomia della Catalogna. La risposta di Puidgemont, che ha inviato una seconda lettera al premier Rajoy, non si è fatta attendere: “Se Madrid procederà a sospendere l’autonomia della Catalogna, la Generalitat non esiterà a dichiarare unilateralmente l’indipendenza della Regione”. Un botta e risposta tra i due leader, che non lascia spazio al dialogo. La strada della rottura tra Madrid e Barcellona sembra oramai tracciata. Nella capitale catalana la decisione di proclamare l’indipendenza della Catalogna trova il pieno sostegno sia del PDecat – il partito di Puidgemont – sia del Partito Esquerra Repubblicana di Oriol Junqueras, nella coalizione di governo sia, infine, del CUP. L’unanime appoggio delle forze politiche catalane all’auto dichiarazione di indipendenza arriva dopo la convocazione straordinaria del Consiglio dei Ministri, le bocciature della Corte Costituzionale, l’arresto per sedizione dei presidenti dei maggiori movimenti indipendentisti Omnium cultural e Assemblea Nacional Catalana – i c.d. due Jordi – Jordi Sanchez e Jordi Cuixart e, infine, la perquisizione a sorpresa della Guardia Civil al commissariato centrale dei Mossos d’Esquadra a Barcellona. Decisioni che, secondo Puidgemont, hanno un carattere fortemente repressivo e minano la libertà e i diritti politici del popolo catalano. In verità, mentre l’Unione europea ribadisce il “no” ad una mediazione tra Madrid e Barcellona da parte della Commissione, la minaccia di Puidgemont, secondo alcune indiscrezioni, sembrerebbe aver spinto Rajoy a studiare un’applicazione più morbida dell’art. 155 della costituzione. Molti ritengono che il successivo “non intervento” di Puidgemont dal 10 ottobre, giorno in cui il parlamento catalano si è riunito per vagliare i risultati del referendum, sia finalizzato ad ottenere un riconoscimento da parte della comunità internazionale (c.d. “tendenza Kosovo”). Una strategia avvallata dalla repressione e dalla ferma chiusura del Governo spagnolo sulla questione catalana. Ma l’offensiva di Puidgemont incontra il muro dell’Unione europea, prima istituzione internazionale, dalla quale la Catalogna non nasconde di voler ottenere tale riconoscimento. La Commissione europea, che sin dall’inizio della crisi politica spagnola ha fatto sapere di non poter né voler mediare, aggiunge: “L’indipendenza della Catalogna non è politicamente voluta da nessuno in Europa. La Catalogna di Puidgemont è isolata”. La sospensione dell’autonomia catalana prevede un lungo iter e sia Rajoy sia Sanchez mirano alle elezioni in Catalogna.
L’ILLUSORIO SPIRAGLIO DI UN DIALOGO. Nei giorni successivi al referendum – con un’affluenza del 41%, il 90% ha votato “si” all’indipendenza – Barcellona è stata percorsa da manifestazioni di piazza organizzate sia dagli indipendentisti sia dagli unionisti. L’arresto cautelare dei due Jordi – preceduto dall’accusa di sedizione nei confronti del capo dei Mossos d’Esquadra, sospeso dal servizio e successivamente riammesso – ha infuocato nuovamente le piazze di Barcellona e di altre dieci città, in difesa della “Libertat”. Solidarietà, pressoché unanime, è stata espressa sia in Spagna sia in Catalogna. L’arresto cautelare per sedizione dei due leader dei movimenti indipendentisti catalani è stato autorizzato, a conclusione di una sommaria inchiesta su alcuni episodi, che sembrerebbero essere stati pianificati dai Jordi. Il primo risale al 20 settembre. La procura di Madrid sembra aver accertato il coinvolgimento dei due leader indipendentisti nell’assedio al Ministero dell’Economia Regionale, durante una perquisizione. I due leader sono accusati inoltre di aver progettato il referendum del 1° ottobre. La questione catalana si aggrava anche sotto il profilo economico. Dal 1° ottobre circa 700mila imprese hanno trasferito le loro sedi dalla Catalogna alla Spagna e Puidgemont accusa il Governo centrale di aver “estorto” tali trasferimenti. Lo spiraglio di un dialogo tra Madrid e Barcellona – dopo l’invio di una prima lettera di Puidgemont a Rajoy, nella quale apriva al dialogo – diventa oggi una chimera.
La tenuta dell’Europa è seriamente minacciata dalla crisi spagnola e dal suo sempre più imprevedibile esito. I venti di nazionalismo – anche dopo la vittoria alle elezioni austriache di Sebastian “il nero” – sono davvero il futuro dell’Europa? E contro i nazionalismi, l’unico strumento è realmente la repressione politica? Fatti che sembrano riportare l’Europa indietro di un secolo.