“I Cosacchi” di Lev Tolstoj – il ricongiungimento dello scrittore al mondo primigenio

Proponiamo il romanzo che segna la carriera del conte Lev Tolstoj per convincere i lettori ad avvicinarsi a un genio mondiale e ad un mondo intrigante.

Scritto tra il 1852 e il 1862, e pubblicato nel 1863, I Cosacchi è un romanzo che segnala Tolstoj come scrittore al grande pubblico.

Per certi aspetti può essere considerata un’opera autobiografica, nata dai ricordi del periodo trascorso dal giovane conte nel Caucaso come allievo ufficiale. Nel protagonista, Olenin, possiamo facilmente riconoscere l’alter ego dello scrittore, il suo entusiasmo verso la nuova vita tra i cosacchi, la sua voglia di avventura e la contrapposizione, tipicamente Tolstojana, tra città e natura, a favore di quest’ultima.

In effetti, in questo romanzo troviamo già esplicitati alcuni dei temi cari a Tolstoj, che saranno poi trattati più ampiamente nei suoi romanzi maggiori e nei suoi saggi: il disprezzo per la vita di società, considerata dallo scrittore frivola, oziosa e perciò tendente all’immoralità, l’aspirazione dell’uomo a fondersi con la natura, a diventare parte integrante di essa rispondendo alle sue regole, l’altrettanto grande desiderio di operare e fare il bene, di ricercarlo grazie al lavoro di autocoscienza.

Proprio nell’incontro-scontro di questi due ideali sta il perno del romanzo. Il conte Olenin, stabilitosi con tutta la truppa nel villaggio cosacco, entra nel mondo degli abitanti caucasici e in principio ne resta estasiato: l’universo cosacco è popolato da giovani intraprendenti, ragazze libere, anziani pieni di brio e allegramente ubriaconi, tutti inseriti in un’atmosfera ridanciana e fiera.

Lukaška, il giovane cosacco che Tolstoj pone di fianco ad Olenin per evidenziare le differenze tra i due mondi di appartenenza, ispira all’allievo ufficiale una voglia di emulazione, che si esplicita anche con l’amore di entrambi verso la giovane Mar’janka.

Ma nella seconda parte del romanzo, le caratteristiche della vita cosacca, che prima avevano tanto affascinato Olenin, iniziano ad allontanarlo: il mondo che accoglie le leggi della natura e che vive secondo esse è un mondo di violenza necessaria, di lotta alla sopravvivenza. Per un cosacco, che si nutre di caccia e gira con un pugnale sul fianco, è degno di rispetto uccidere un tartaro, e prima di sparare col fucile si rivolge al Signore; per Olenin, che viene dal mondo “civilizzato”, tutto questo non può essere corretto: la sua aspirazione al bene non può accettare l’assassinio di un uomo, e la virilità per lui si misura con altri canoni.

Tuttavia questa non è una condanna di Tolstoj al modo selvaggio di vivere dei cosacchi, dei quali anzi rispetta la spontaneità. La loro è proprio una società diversa, fatta di grandi bevute, danze sfrenate e lotte, un ambiente che i russi guardano con nostalgia più che con rimprovero, come si guarda alle proprie antiche radici. Infatti Tolstoj non è l’unico ad averci lasciato pagine sui cosacchi, e a mio avviso su di lui hanno influito le Veglie alla fattoria presso Didan’ka di Gogol’.

Molto toccanti sono poi le descrizioni della natura del Caucaso che Tolstoj ci lascia: anche qui si sente la lezione di altri letterati che sono rimasti incantati da quelle montagne e steppe, ma il conte non si lascia trasportare troppo dalla moda dell’esotismo, perché intuisce che una descrizione sincera di quello che vede basta a trasportare il lettore in un mondo affascinante, lontano e tuttavia fondamentale per conoscere certi aspetti della natura umana russa.

Lo sguardo di Lukaška poteva spaziare libero soltanto in avanti, sul Terek e sull’orizzonte lontano, mentre da dietro e dai lati la vista era sbarrata dalla parete dei giunchi, i quali di tanto in tanto, senza una causa apparente, si mettevano a ondeggiare frusciando gli uni contro gli altri. Viste dal basso, le cime oscillanti dei giunchi parevano dei ramoscelli piumati che si agitavano contro lo sfondo chiaro del cielo. Di fronte al cosacco, quasi ai suoi piedi, c’era la riva del Terek, oltre la quale gorgogliava la corrente.

Maria Chiara DAgostino

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