Dacci oggi la nostra guida quotidiana. Divagazioni  semi_serie  su  friendly e  motori, strada e socializzazione urbana

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Utilizzerò la Strada come palcoscenico delle scene di ordinaria follia della nostra guida quotidiana.

La figura della Strada,  dunque, non  come luogo muto,  ma luogo fisico  e luogo di  relazione.  Una sorta di chiave di lettura del livello di socializzazione del tessuto umano di una comunità.

guida quotidianaLa strada: luogo di relazione?

È sulla strada che ritroviamo atteggiamenti sintomatici della nostra guida quotidiana:

Tanto io ho i riflessi pronti – di chi,  in coda, non stacca mai il  muso dall’auto che precede.   È una forma di <presunzione di possesso della strada>!

Tanto peggio per loro, io mi infilo – di chi, sempre in coda, invade la carreggiata opposta.

Ma dai, muoviti – di chi suona il clacson mezzo secondo prima che scatti il verde  “contro” chi, in  prima fila, non ha la sua stessa capacità di preveggenza.

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La strada è mia e non mi sposto – di chi sta al centro della strada e  punisce  così “l’impudente” che  vuole sorpassare.

A che serve il clacson  e le  frecce  –  di chi,  in prossimità di curve o di incroci fuori città, non ne fa uso,  salvo   a  strombazzare  “contro”  chi,   in  senso contrario, osa comportarsi allo stesso modo.

Guarda quello che vuole passare – di chi,  davanti al pedone, per il quale tu ti sei fermato, accelera.

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Ed ora aspetta!   –  di chi ha  già  visto  il  tuo tentativo,   segnalato,  di   uscire  dal   parcheggio  e accelera.

Che vuole quello alla mia destra  – di chi non  dà la precedenza  a  destra  agli  incroci, in  mancanza  o  in presenza di semaforo.

Non è ancora  rosso!  – di chi, incurante del giallo, procede sull’incrocio.

guida quotidianaPer non parlare poi delle partenze a razzo, delle frenate improvvise, delle  gimcane di chi prova  le potenzialità del motore  e le proprie! E se una mattina sottolinei, con  una  bussata  di  clacson,  uno  solo   di  questi comportamenti,  vieni  puntualmente apostrofata  in  malo modo.

Ma quello  che proprio  non  capisco  è perché  ricevi sguardi di disprezzo o di  diffidenza o di vittoria su di te, mortale automobilista, non  degna di ricevere nemmeno un sorriso di ringraziamento, quando ti fermi per dare la precedenza ad  un’automobile che sbuca  all’improvviso da una  stradina  laterale  oppure,  ad  un  attraversamento pedonale, dai il passo ad un pedone o ad un gruppo?

guida quotidianoE l’aggressività  passiva?  Quella di chi, davanti al verde,  in  prima fila,  deve  “pensare”  di inserire  la marcia di avviamento, realizzare che è scattato il verde e, infine, decidere la direzione da prendere?

Interrogativi.

Che gusto ci sarà ad autoproclamarsi vincitori alla fine di una giornata, se soltanto si è agito un infinito numero di scortesie, di comportamenti volgari, di atti di aggressione verbale e non soltanto verbale?

Si tratterà soltanto di cattiva creanza? Oppure questi atteggiamenti denotano la mancanza di qualcosa di più profondo,  come  il  rispetto e l’attenzione,  in  fondo  la  crisi tangibile della  capacità di  ascolto e di  una risposta sensibile alla  gentilezza dell’altro.

guida quotidianaLa strada: luogo di azione del risentimento.

La categoria etico-politica del risentimento (Max Scheler; Tocqueville,  in  Ines  Crispini,  Il  problema scheleriano del risentimento) potrebbe fornire una chiave di lettura di questa mancanza di politesse o di friendly, che rischia di essere l’imperativo categorico nell’ambito dei rapporti interindividuali e sociali.

Facciamo un passo indietro.   L’uguaglianza di tutti ha prodotto un livellamento sociale, un’uniformità cui non ha corrisposto una pari crescita del sentimento di libertà.

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Pertanto il valore della propria individualità viene desunto sulla base del confronto e della imitazione.

Ora il confronto e l’imitazione sono strumenti positivi quando vengono agiti tra due individui autonomi, poiché costruiscono una  relazione  reale.  Ma quando vengono usati da un Io che  considera l’Altro come un  Altro me, riducendolo ad  un medesimo che  può essere di più  o di meno, che  può avere di  più o di meno  (Luce Irigaray, Amo  a  te),  allora  producono  duplicazione  egoistica, onnipotenza che schiaccia, invidia e risentimento.

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Origine del risentimento e detrazione dell’altro.

Ma  come  scatta  il risentimento,  l’invidia  verso  chi presumiamo abbia ciò che noi desideriamo?

Nell’uguaglianza    ogni   aspirazione    sembra   essere legittimata a concretizzarsi  e, parimenti, ogni ostacolo frapposto  può  essere,  da   alcuni,  vissuto  come  un fallimento  personale.   Il  senso di  impotenza  che  ne deriva tende  a distruggere  l’Io che può  erigere, come difesa, l’invidia.

guida quotidianaL’essere del risentimento  svaluta verbalmente  ciò cui aspira e in questo scarica  la tensione tra aspirazione e impotenza fino al punto in  cui la detrazione non è più solo  fittizia   (I. Crispini,  ibidem),  ma   diventa  un principio del proprio sistema di valori.

Due episodi, due modi di vivere la strada.

Ed ora vi  racconto due episodi.

Mi  trovavo  in  un  piccolo paese  della  Val  di  Sole,  dominato  dal frusciare  dell’acqua  delle Dolomiti  che, canalizzata,   scorreva  per   tutto  il   tessuto  della comunità,  palesandosi  come  sicuro segno  di  fluidità   naturale.

Il  suo scorrere  era penetrato  nelle cellule più profonde degli abitanti del luogo a tal punto da far porgere  loro,  al  sorpreso  (delle costumanze  locali)   ospite,  incontrato  per  strada, seppur  sconosciuto  e, dunque, straniero, un  saluto di buon mattino  o di buona serata.  La  fluidità dell’acqua si era  trasformata, in  quel sito, in fluidità del comunicare.guida quotidiana

Una  giovane donna  attraversa,  con  l’aria felice,  una piazza della  città cosentina,  è serena, tutto  di lei traspira allegria e voglia  di vivere.

Due ragazze, più o meno della stessa età,  incrociano il suo passo, sullo stesso  marciapiede.  Le  due  si scambiano  un’occhiata, dopo aver “passato al vaglio” la giovane donna e sbottano in  una risatina  irridente accompagnata  da un  commento carico di disprezzo.

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Sono due esempi  “minimi”, di correctness, il  primo, e di ordinaria  microfollia,  il  secondo.

La  Strada, da  spazio di  convivenza e  di incontro,  si trasforma in Luogo non luogo,  nel quale viene bandito il rispetto  dell’Altro, amico  o sconosciuto.   E quando  i  linguaggi  individuali   non  si  incontrano  e   non  si riconoscono rendono qualsiasi luogo  uno spazio negato e le persone dei meri “oggetti”.

È tempo  di porre su questo  palcoscenico i protagonisti del  copione “Dammi  oggi  la mia  guida quotidiana”  che offrirà    l’incarnazione   massima    dell’essere   del  risentimento: il car-individuo-mobile (uomo o donna).

I protagonisti su strada.

Protagonista n° I: la car – mobile e i suoi simbolismi.

La coprotagonista, per eccellenza (è tutt’uno con la/ il conducente !) sarà l’automobile.

guida quotidianaLa sua perfezione e insieme l’assenza di origine, la sua compiutezza   e  brillantezza   ne   fanno  un   “oggetto immateriale”,  appartenente  all’ordine del  meraviglioso  (Roland Barthes, Miti d’oggi).

La connotazione  di  “immaterialità” aderisce perfettamente a quelle automobili da cui  ti rendi conto di essere  stata sfiorata, mentre  percorri un’autostrada sul tuo  lato di marcia,  solo quando ne avverti  la scia lontana e pensi <<ma era un’auto fantasma?!>>.

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In  un  mondo  di   uguali,  costretti  ad  essere  tali, l’automobile esprime  status.

Chi  non ha  mai osservato con invidia una di  quelle chilometriche limousine che si fermano, senza  rumore, davanti  ad un  albergo categoria  lusso, con la curiosità di  sapere chi era la fortunata/il fortunato, al di là  dei vetri fumé?!
guida quotidianaNon  è  ancora  lontano  il tempo  in  cui  la  macchina superlativa coniugava “velocità uguale potenza sessuale”del  guidatore  o  della   guidatrice.   Non  vi  è  mai capitato, davanti ad un semaforo rosso, chi non smette un attimo  di sbattere  il piede  sull’acceleratore per  far sfogare i cavalli del suo  motore e, forse, soddisfare il suo ego ruggente!

Tutta una campagna stampa ha preparato il pubblico utente al  binomio  maggiore  velocità  uguale  libertà  degli spazi,  tacendogli  che anche  solo  un  palo poteva  far  diventare  infinita questa  libertà e, soprattutto, definitiva.

Protagonisti n° II: uomini e donne di una cittadina.

Ed  ecco gli  attori  principali.  Sono  le  donne e  gli uomini di una media città di provincia, come Cosenza (la prendo come  esempio poiché la conosco!).  Da una ricerca  campione  dell’Iso  Group   (La  Repubblica),  l’aggressività  risulta  essere  il  difetto peggiore   degli   uomini   alla   guida,   nell’opinione  femminile.  La scortesia, la rozzezza,  l’impazienza, la pericolosità alla guida le fanno contorno.

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Ritornando  al  nostro  ambiente umano,  posso  dire  che l’aggressività  trova   conferma  sulle  nostre  strade cittadine  e devo  aggiungere  che il  comportamento connaturato o indotto si rintraccia in entrambi i sessi.

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Cambiamenti in vista?

Sarà il  caso di non  generalizzare, ma raramente  mi è capitato  di  osservare  manifestazioni friendly  per  le strade cittadine.  In città molto spesso la Strada è un Luogo  non   luogo,  privo   di  quelle   relazioni  tese all’accogliere, che ti fanno sentire “a casa”, che tu sia a piedi  o in  auto.

Eppure non  voglio chiudere  questo scritto  in negativo, anche  perché,  forse,  c’è qualche  avvisaglia  di  un cambiamento.

Dove?

Strano a  dirsi proviene proprio da  quell’oscuro oggetto del desiderio  che è  l’automobile e dal  suo modificato approccio  con  l’utente.   Dal bestiario  della  potenza stiamo passando ad un design più spirituale che la rende più umana,  quasi più casalinga, più  intonata  a quella sublimazione dell’utensilità che ci  attornia (Barthes, ibidem).

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Dalla prestazione alla semplicità, da una alchimia della velocità  si passa ad un assaporamento della guida.

Nei saloni dell’esposizione  l’automobile è visitata, è la grande fase tattile della  scoperta, il momento in cui il  meraviglioso visivo  si  accinge  a subire  l’assalto raziocinante del  tatto: le lamiere, le  giunture vengono toccate,  palpate  le   imbottiture,  provati  i  sedili, carezzati gli  sportelli, maltrattati i  cuscini; davanti al  volante  si  mima  la   guida  con  tutto  il  corpo.

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L’oggetto  è  totalmente  appropriato  (Roland  Barthes, ibidem).

Sembra proprio che Barthes abbia colpito nel segno se, in un saggio del  ’54/’56, affermava ciò  che un designer del nostro  tempo, Philippe Stark (La  Voce), ha eletto a sua filosofia: <<Una  casa, un hotel, una sedia, un  mobile, uno  spazzolino da  denti, un  televisore, un computer o una moto: non c’è differenza; l’importante è l’azione   politica,  contenuta   nell’oggetto,  il   suo rapporto  con  l’uomo, il  suo  potere  essere amico  col soggetto che con esso dovrà convivere>>.

Speranza finale.

Chissà che una nuova politica di marketing del cuore non ci  riconcili  con i  nostri  compagni  di viaggio  e di strada.

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Fonti

Roland Barthes, Miti d’oggi

Luce Irigaray, Amo a te

Max Scheler; Tocqueville,  in  Ines  Crispini,  Il  problema scheleriano del risentimento

Immagini, Free da Pixabay.com, compresa immagine in evidenza

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