“Disagiotopia – Malessere, precarietà ed esclusione nell’era del tardo capitalismo”: recensione dell’antologia a cura di Florencia Andreola

Disagiotopia

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DISAGIOTOPIA

“Disagiotopia – Malessere, precarietà ed esclusione nell’era del tardo capitalismo” a cura di Florencia Andreola, è una attenta riflessione, attraverso l’ausilio di otto autrici e autori tra storici, filosofi, architetti, urbanisti, sociologi e psicologi, sul malessere vigente nella società moderna in ogni suo aspetto: dalla vita politica a quella psichica, dallo spazio urbano a quello domestico, dall’adolescenza all’età adulta.

L’opera edita dalla casa editrice D Editore, appartenente alla collana Eschaton diretta da Raffaele Alberto Ventura, sotto la direzione di Florencia Andreola, ricercatrice indipendente che si occupa di storia e critica dell’architettura e della città, ha i contributi di Pier Vittorio Aureli, Federico Chicchi, Umberto Galimberti, Maria Shéhérazade Giudici, Loretta Lees, Guido Mazzoni, Saskia Sassen e Raffaele Alberto Ventura

Raffaele Alberto Ventura introduce il lettore al saggio ponendo un interrogativo basilare: “che cos’è questo disagio”?

La parola “disagio” è entrata a far parte del gergo giovanile ed esplica il sentimento di malessere che si è accentuato a seguito dell’aumento del benessere. Il disagio, infatti, non è altro che “l’ombra invadente” dell’agio e non è soltanto una sua negazione ma, anche, il suo correlativo.

Il saggio si pone come scopo quello di raccontare il disagio e il malessere subentrati a seguito del disfacimento del capitalismo con la conseguente crisi del mondo del lavoro e, quindi, l’avvento della precarizzazione, del declassamento e della crescita delle disuguaglianze sociali.

“Disagiotopia si pone questo obiettivo: provare a fare luce sulle cause del malessere generalizzato che ha travolto le società occidentali a partire dai primi anni Ottanta del secolo scorso (e ben prima nelle sue radici), e che oggi la mia generazione e le successive stanno attraversando nella sua fase di piena maturazione.” Florencia Andreola.

L’opera è resa ancora più attuale in quanto è stata pubblicata durante il periodo di emergenza sanitaria, a seguito del Covid- 19.

“Disagiotopia” non ha l’obiettivo di fornire soluzioni ma si propone di far acquistare consapevolezza in merito alle problematiche. Tra queste figura il lavoro e la sua “evaporazione”. Ma cosa si intende con questo termine? La trasfigurazione del lavoro che produce una crisi inarrestabile, portando alla confusione e all’alienazione.

Come afferma Federico Chicchi il “culto della performance” e l’iperconnettività hanno condotto i “soggetti verso la fragilizzazione dei loro legami e delle loro relazioni sociali, producendo l’allarme e il tema dell’isolamento sociale, e della conseguente patologia depressiva, come sua vera e propria emergenza.”

Saskia Sassen pone, invece, l’accento sulla “pulizia economica”. Esempi di pulizia economica sono “i disoccupati di lungo tempo che ad un certo punto cessano di essere contati; le piccole aziende fallite i cui proprietari si arrendono e spesso si suicidano; le sub – economie dei quartieri impoveriti che non possono competere con i franchise; i cittadini della classe media colpiti dalla povertà che, pur continuando a vivere nelle loro case modeste e pulite, continuano a perdere terreno; i giovani che hanno rinunciato a trovare lavoro, e molto altro.”

Altro tema trattato in “Disagiotopia” è quello della “gentrificazione planetaria”, a cura di Loretta Lees.

La gentrificazione conduce la società all’apartheid sociale, inteso come segregazione della classe più povera che è costretta a vivere separata dal resto della popolazione, per lo più nelle periferie delle città. Tra i territori in cui questo fenomeno si è reso manifesto vi è la città di Londra.

Anche la casa diviene oggetto di un capitolo specifico a cura di Pier Vittorio Aureli e Maria Shéhérazade Giudici.

“La casa progetta un modello di vita e una serie di ambizioni e desideri che non scegliamo liberamente: il desiderio di essere proprietari e quello di formare un nucleo familiare.”

L’opera si conclude con una disamina sul disagio giovanile.

 

Florencia Andreola è ricercatrice indipendente, si occupa di storia e critica dell’architettura e della città e dei temi sociali ad esse connessi. È laureata al Politecnico di Milano in architettura e ha conseguito il PhD in storia dell’architettura all’Università di Bologna. Ha co-curato i libri Milano. L’architettura dal 1945 a oggi (Hoepli, 2018), Backstage. L’architettura come lavoro concreto (Franco Angeli, 2016) e Milan Architecture Guide 1945-2015 (Hoepli, 2015). Ha pubblicato saggi e articoli in varie riviste, tra cui San Rocco, Ardeth, Domusweb, Doppiozero, Abitare, CheFare.

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