Domenico Smargiassi, chef dell’Hotel Locarno: “un piatto nasce da un ricordo, da un’esperienza vissuta” – INTERVISTA

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Domenico Smargiassi

Domenico Smargiassi

“Hamburger, dici? La colonna portante di ogni colazione vitaminica” afferma Jules, il personaggio interpretato da Samuel L. Jackson nella celebre pellicola di Quentin Tarantino e Roger Avary “Pulp Fiction”. All’Hotel Locarno hanno ben pensato di portare questa golosa pietanza all’interno del Bloody Brunch, che si rinnova con una serie di novità. 

L’albergo guidato da Caterina Valente, inserito nella classifica dei 50 Best Discovery, e insignito della Chiave Michelin, sta celebrando nel 2025 i cento anni di storia. Agli ospiti – interni ed esterni – l’elegante indirizzo di charme presenta un ventaglio di proposte per ogni momento della giornata, fra cui spiccano sicuramente la nuova carta dei cocktail, firmata dal bartender Nicholas Pinna, arricchita dal signature drink “Grande Dame”, e un brunch ancora più ricco e variegato, a cura dello chef Domenico Smargiassi.

Il Bloody Brunch comprende “Bloody Mary all you can drink” e due portate a scelta dal menu (costo della formula 65€ a persona). Altrimenti si può ordinare alla carta, o fare un viaggio nel mondo del cinema con il Big Kahuna Corner.

Intervista allo chef Domenico Smargiassi.

  • Lei è lo chef dell’Hotel Locarno e da pochissimo ha rinnovato la sezione “Big Kahuna Corner’, un omaggio al film Pulp Fiction. Due domande: come nasce l’idea del menù?

Siamo ripartiti come ogni anno col il nostro Bloody Brunch, ormai punto di riferimento per tutte le persone che vivono il Bar Locarno da anni, e una sorpresa vincente per chi ci scopre. La formula rimane sempre la stessa; due piatti a scelta dal menù dedicato e i nostri Bloody Mary all you can drink firmati Nicholas Pinna.

L’idea di Pulp Fiction non è nata oggi all’Hotel Locarno, ma già era stata partorita dai nostri barman Pinna e Belei (attuale capo sala) nel 2016 con il cocktail a base di gin, orange dry curacao, e assenzio: WOLF, I SOLVE PROBLEMS, dedicato ad uno dei personaggi simbolo del film.

L’idea di Pulp Fiction in questo brunch è nata un giorno in cucina; parlando del film con le giovani leve, abbiamo percepito che non fosse più conosciuto come una volta, conoscevano il nome del regista ma non il film. A questo punto è scattata subito l’idea di un omaggio ad una pellicola diventata iconica come quella del lavoro di Tarantino. Parlando del film abbiamo subito ricordato le parti più avvincenti, e chiaramente in cucina non poteva sfuggire quella degli hamburger e della valigetta.

Tarantino crea un fast food immaginario e una valigetta dal contenuto sconosciuto, ma “attore” principale del film. Così è nata l’idea di dare un sapore a quei loro hamburger (non siamo i primi a farlo) dagli ingredienti immaginari, come il contenuto misterioso della valigetta.

Big Kahuna Burger è una catena di fast food fantasma, citata nelle collaborazioni cinematografiche da Tarantino e Rodriguez, e poi diventata “famosa” in Pulp Fiction.

  • Quali sono i panini che si possono gustare?

Nel “Big Kahuna Corner” abbiamo tre burger con stili differenti; con il Durwood Kirby burger abbiamo pensato di creare dei sapori forti, mentre il Big Kahuna chiaramente non poteva non avere l’ananas caramellato; infine abbiamo confermato il nostro Bloody burger che da tanti anni abbiamo in carta.

  • “Hamburger, dici? La colonna portante di ogni colazione vitaminica” afferma Jules, il personaggio interpretato da Samuel L. Jackson nella celebre pellicola di Quentin Tarantino e Roger Avary “Pulp Fiction”. Come si associa l’attenzione al benessere, a una dieta salutare, con un panino che, spesso, nell’immaginario comune, non è considerato esattamente un cibo sano?

Chiaramente le battute di Samuel L. Jackson sono ironiche e provocatorie, lui nel film ama dire frasi filosofiche ed effetto dando un senso di unicità alle varie scene del film. Potrebbe anche essere una provocazione all’aspetto alimentare della cultura americana, che intravede l’hamburger come “junk food”. Questo non vuol dire che un burger non possa essere cibo salutare; il nostro ad esempio è fatto di carne scelta.

  • Lei crede che attualmente Roma offra una buona offerta di brunch o è ancora una proposta poco diffusa?

Roma è una città difficile per la ristorazione, si apre e si chiude. Posso dire che noi portiamo avanti questa proposta dal 2012 e abbiamo fatto diventare il nostro brunch una meta fissa del sabato e della domenica per tutte le persone che frequentano il Bar Locarno.

  • La sezione “Big Kahuna Corner” si aggiunge alla proposta internazionale e italiana dell’Hotel Locarno. Le chiedo: mi racconta il menu e quali sono le sue personali ispirazioni? Come nasce un piatto?

Un piatto nasce spesso da un ricordo o da un’esperienza vissuta. La nostra cucina parte sempre da un base tradizionale (non solo italiana) e poi viene sviluppata secondo il nostro gusto. Nel 2017, quando siamo passati dal buffet al menù alla carta, abbiamo scelto di dividere la proposta in due parti: una internazionale e l’altra italiana. Entrambe partono sempre da un ricordo, un’esperienza o una curiosità. E in questo caso il confronto con lo staff ha un ruolo fondamentale.

  • Parlando della sua professione: come si avvicina alla cucina? Qual è la sua storia? Leggo sulla sua biografia che inizia all’età di 9 anni…

Nove anni è l’età dove ci si inizia a formare e a comprendere i propri gusti. Quando mi regalarono la mia prima friggitrice, iniziai a capire che potevo cucinare ciò che più mi piaceva e che, soprattutto, aveva l’odore d’indipendenza.

La strada della ristorazione l’ho intrapresa a tempo debito, prima mi sono laureato in sociologia e ho fatto le mie esperienze in altri campi che mi hanno formato e preparato.

  • La famiglia, la casa natia, nella scelta dei sapori come si lega alla sua passione per l’Asia?

La passione per l’Asia è nata da piccolo con la scoperta del ristorante cinese; un parco giochi, la scoperta di un nuovo modo di vivere il cibo, la tavola imbandita di colori e sapori, la condivisione, l’assaggio di ogni portata.

Un tempo avere un approccio con una cucina straniera era molto più difficile, ci si doveva impegnare a leggere e non bastava certo scrivere su una barra di ricerca online per trovare una ricetta.

  • Si parla nella sua biografia anche di una carriera da giornalista sportivo stroncata dalla passione per la cucina: si chiede mai come sarebbe stato?

Una passione, un sogno nel cassetto, ma non ero portato; fare la gavetta però mi è servito a capire il sacrificio per raggiungere gli obiettivi nella vita e nel lavoro, non ho rimpianti.

  • Da chef come riesce a mantenere sempre viva la creatività, a non lasciarsi sopraffare dalla quotidianità del lavoro?

Questa è una bella domanda… la cucina è come una compagna di vita, alti e bassi, diffido da chi dice che va sempre tutto bene. Ci sono momenti d’amore e momenti difficili, come in ogni relazione.

  • Un sogno nel cassetto?

Viaggiare di più.

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