I problemi della cultura calcistica italiana

Il calcio è nettamente lo sport più amato e seguito dagli italiani. Si contano ben 33 milioni di tifosi, con oltre 18 miliardi di euro di indotto economico. Purtroppo, però, questa grande passione non è accompagnata da un’educazione sportiva adeguata. Infatti, in Italia, la cultura calcistica di chi segue e lavora in questo mondo presenta diversi problemi, che sono sempre più acuti ed evidenti con il passare degli anni. In particolare, colpisce come in Italia ormai non si riesca più a vivere la dimensione ludica di questo sport, nemmeno ai livelli inferiori. E questo clima negativo si avverte in tutte le sue componenti, continuamente al centro di episodi che rovinano oltremodo l’immagine del calcio italiano a livello nazionale e mondiale.

Giocatori

In prima linea sul fronte di questo problema, ci sono ovviamente i giocatori professionisti. Parliamo ormai di superstar strapagate, più interessate al proprio tornaconto personale che al bene della loro squadra. Per questo, è sempre più raro trovare calciatori che si legano per più anni alla stessa società. Piuttosto, è più semplice trovarli a battere cassa dopo la prima serie di prestazioni azzeccate, dimenticandosi però ogni volta di quelle sbagliate, perché lo stipendio è più importante della riconoscenza o dell’ambizione.  Così come divertirsi nei locali è diventato più interessante di allenarsi con serietà e passione tutti i giorni. E postare foto alla moda sui social più determinante che fare gol. E ci si può permettere pure di rifiutarsi di giocare per un capriccio personale, fingendo di essere infortunati per un mese, come sta facendo Icardi da quando gli hanno tolto la fascia di capitano all’Inter.

Ma non è solo il loro comportamento fuori dal campo ad essere riprovevole. Infatti, anche quello che i giocatori fanno nel rettangolo verde di gioco è spesso diseducativo e antisportivo. Continue proteste contro la terna arbitrale. Tuffi accentuati per simulare di aver subito un fallo. Provocazioni e reazioni scomposte e senza senso. Insomma, un quadro desolante, dove è veramente complicato riscontrare un po’ di sano spirito sportivo. Quello che spinge da bambini ad andare a giocare in villa con gli amici dopo la scuola, senza malizie e con l’unico desiderio di divertirsi dando due calci al pallone.

Allenatori

Artefici di questo scempio odierno sono anche gli allenatori. Sì, proprio loro, che dovrebbero svolgere un ruolo di guida morale della squadra, oltre che tecnico-tattico. E invece li trovi sempre a bordocampo a sbracciare e a protestare contro qualsiasi decisione arbitrale, anche quelle a favore… Per 90 minuti, passeggiano nervosamente ai limiti della loro area tecnica, sbraitando in continuazione indicazioni confuse e incomprensibili, solo per fare un po’ di scena davanti alle telecamere. E, per non farsi mancare proprio niente, ogni tanto perdono del tutto il lume della ragione, finendo per prendersela con il malcapitato di turno, reo solo di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Esemplare, in tal senso, è il caso che ha coinvolto l’allenatore dell’Atalanta Gasperini, che ha spinto violentemente un dirigente della squadra avversaria mentre usciva dal campo. Un gesto sconsiderato da parte di chi dovrebbe invece provare ad essere sempre lucido e irreprensibile.

Proprietari e dirigenti

Ma come scordarsi di loro? I proprietari delle nostre amate società di Serie A, B e C. Brillanti imprenditori, grandi magnati, geni della finanza. Tutti signori sicuramente capaci nei loro rispettivi campi di appartenenza, nessuno lo mette in dubbio. Ma con una cultura sportiva spesso pari a zero. E così li vedi gestire queste società calcistiche come un giocattolo qualsiasi, senza il minimo rispetto per la passione dei loro tifosi e senza il minimo interesse per il risultato sportivo. L’unica cosa importante per loro è il guadagno economico, che sia ottenuto direttamente o attraverso la grande visibilità che il mondo del pallone dà a tutti i propri protagonisti. Per fare questo, si circondano spesso di dirigenti capaci e plurilodati, che però in realtà sono interessati più al proprio curriculum che al bene della squadra. E così, invece che opporsi alle solite dinamiche, preferiscono eseguire in silenzio politiche societarie miopi e distorte, pur di mantenere le proprie poltrone. E se le cose vanno male? Semplicissimo. Basta prendersela con i giornalisti, esonerare l’allenatore o insultare l’arbitro. L’unica cosa che conta è non ammettere mai le proprie colpe. Mirabelli e Fassone insegnano.

Arbitri

Complici principali di questo sistema perverso e viziato sono gli arbitri. Invece di far rispettare le regole del gioco in campo, pensano a ripararsi dietro decisioni di comodo, cercando di non danneggiare nessuno. E quando proprio devono scegliere, qual è la loro soluzione? Bè, ovviamente è quella di dare ragione alla società più potente o a quella che tende a lamentarsi di più. Così, male che va, svantaggiano la parte che gli può dare meno fastidio in futuro. Arbitraggi, quindi, fatti non con gli occhi sull’azione e il regolamento in mano, ma con le polemiche della settimana nella testa e la paura di essere messi da parte nel cuore. Perciò, non è raro ormai vedere episodi come quello del gol di Piatek in Chievo-Milan, dove nemmeno l’evidenza delle immagini è bastato per far decidere all’arbitro Var La Penna di andare, nel dubbio, contro la squadra più importante in campo.

Giornalisti

Colpevoli quasi quanto i protagonisti del rettangolo verde di gioco, i giornalisti sportivi che si occupano di calcio superano ogni più orrida immaginazione. Sono loro quelli che dovrebbero contribuire a diffondere più di tutti una corretta cultura calcistica in Italia. E invece anch’essi pensano più ai propri interessi, appoggiando la corrente o la parte che dà loro più vantaggi in quel momento. L’importante non è raccontare la verità, ma avere un posto in copertina. E così tendono eccessivamente all’autoreferenzialità, tanto da citare come il vangelo le proprie poche dichiarazioni precedenti che si sono rivelate poi incredibilmente esatte. E montano il proprio personaggio ai limiti della maniacalità, coniando slogan ridicoli e stantii, che ripetono come degli ossessi, senza una minima cognizione di causa. Basta sentire, se vi capita, la telecronaca di una qualsiasi partita di una squadra italiana in Champions League fatta da Sky quest’anno. Sarà praticamente impossibile concentrarsi sulle azioni di gioco per voi, perché al centro della scena ci saranno inevitabilmente loro, gli abili telecronisti figli di Caressa, intenti a strillare ad ogni pallone buttato in area di rigore e a tirare fuori aneddoti insulsi ed inutili invece che descrivere semplicemente quello che sta accadendo in campo.

Tifosi

In questo marasma generale, sarebbe inconcepibile pretendere dai tifosi di calcio un atteggiamento costruttivo. Ma non li si può giustificare totalmente per questo, soprattutto per quanto riguarda quei comportamenti così gravi da superare anche il pessimo esempio dato dai protagonisti in campo. In particolare, non si può non sottolineare il latente razzismo presente in varie curve di Serie A, capaci di insulti tanto vergognosi quanto ridicoli ormai. Così come non sono minimamente comprensibili gli episodi di violenza tra gli ultras, che restituiscono inevitabilmente un’immagine negativa e distorta del seguito calcistico italiano. A maggior ragione se ciò succede tra tifosi della stessa squadra, come è capitato nella curva romanista in occasione del derby di due settimane fa e nella curva juventina nella partita contro l’Udinese di qualche giorno fa. Scene veramente incredibili, che non sono più tollerabili per nessuno.

Calcio dilettante

Inevitabilmente, purtroppo, tutto questo si riflette anche nel mondo del calcio dilettante. Sì, proprio quello che dovrebbe essere più puro e incontaminato, e che invece presenta oramai gli accadimenti peggiori. Giovani arbitri picchiati. Genitori in continua protesta contro gli allenatori dei propri figli. Società gestite in modo ridicolo e approssimativo. Giocatori di colore vessati ogni domenica da insulti razzisti da parte delle persone sugli spalti. Minacce dei tifosi locali per la sconfitta subita contro gli storici rivali del paese vicino. Tutti aspetti che non possono proprio più passare inosservati e inascoltati. Perché, solo ammettendo la loro sgradevole esistenza, si può davvero iniziare a fare qualcosa per provare a creare finalmente una sana e costruttiva cultura calcistica in Italia. Prima che il nostro sport più amato cada definitivamente a pezzi.

Leonardo Gilenardi

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