Il caso della Sea Watch 3 è una vergogna internazionale

Non solo per l’Italia. L’intera Europa si dovrebbe vergognare della non gestione seria del problema dell’immigrazione che coinvolge tutti i membri della UE, non importa la distanza dal Mar Mediterraneo.

No alle quote di suddivisione dei migranti, no ad una revisione del trattato di Dublino, no alla richiesta di sbarcare i 42 migranti della Sea Watch, no alle leggi umanitarie del soccorso in mare. Siamo tutti equamente responsabili come stati Membri di quello che è successo nelle ultime settimane a Lampedusa.

Il tono del ministro dell’Interno Matteo Salvini è come sempre atto a fare propaganda politica e quindi aumentare i suoi consensi per poter, magari, staccarsi dal M5S e poter governare l’Italia da unico partito avente la maggioranza alle urne. E per fare ciò è disposto a mistificazioni e a dichiarazioni che nascondono parte della verità sul caso Sea Watch: sentendo Salvini, la capitana Carola Rakete avrebbe di punto in bianco deciso di sbarcare nel porto di Lampedusa calpestando la legge italiana e rischiando di uccidere quattro militari della Guardia di Finanza che si trovavano su una nave da guerra nel porto di Lampedusa al momento dell’attracco. Se poi vogliamo volgere l’orecchio alle parole di Giorgia Meloni, leader del partito Fratelli d’Italia, la Sea Watch 3 dovrebbe essere affondata per mancato rispetto della legge italiana.

Partiamo con ordine: la capitana Rakete ha deciso di forzare il blocco navale dopo 14 giorni in mare aperto con 42 persone, più membri dell’equipaggio a bordo. E siccome il ministro Salvini ripeteva che queste persone potevano trattenersi in mare fino a Natale, è patetico e oltraggioso che abbia ultimamente dichiarato che la Sea Watch avrebbe avuto il permesso di sbarcare anche senza forzare il blocco. Inoltre, queste 42 persone davano segno di cedimento psico-fisico, con tentativi di gettarsi in mare e condizioni mediche in peggioramento per alcuni di loro, in barba alle serafiche dichiarazioni del ministro dell’Interno che li ha definiti tutti in buono stato di salute. Passando al punto riguardante la violazione del diritto italiano, uno dei principi cardine del diritto internazionale è che le disposizioni internazionali prevalgono sempre sul diritto interno allo Stato. Questo principio quindi stabilisce che qualora uno Stato abbia firmato un trattato internazionale (come ha fatto l’Italia) è dovere della legge interna allo Stato allinearsi alle disposizioni del trattato internazionale. Questo si evince chiaramente dalla sentenza della corte di Catania che ha scagionato Carola Rakete dalle accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazione di alcuni articoli del decreto Sicurezza Bis. Ultimo punto riguardante il tentato omicidio di quattro militari della Guardia di Finanza: le immagini che riprendono il momento dell’attracco devono essere rivalutate come esplicita la sentenza della Corte, in quanto la dinamica risulta poco chiara e ingigantita dalla propaganda del ministro dell’Interno. Inoltre, parlare di nave da guerra è fuori luogo, essendosi trattato di un gommone della Guardia di Finanza che di bellicoso aveva molto poco. Chiudiamo in bellezza con le parole di Giorgia Meloni che riguardano lo smembrare o affondare la Sea Watch 3. A mio parere, queste sono parole degne di un regime e non di un governo democratico: non è ammissibile che una parlamentare si permetta di usare certi termini in un contesto di democrazia e di bisogno umanitario. Questo linguaggio violento altro non fa se non istigare la popolazione italiana contro persone che per la maggior parte dei casi non vogliono rimanere nel nostro Paese, bensì partire alla volta del Nord Europa. E da qui il problema della vergogna collettiva: non ci possono più essere scuse e ritardi nella creazione di un vero piano per l’immigrazione che non cesserà per via delle minacce di Salvini.

Esattamente come noi europei abbiamo il diritto di emigrare in altri Stati per cercare lavoro così dovrebbe essere per i migranti africani e a maggior ragione per i rifugiati come i siriani. Bisognerebbe creare flussi di immigrazione attraverso voli sicuri, controlli di documenti, sanzioni ai Paesi che violano i diritti umani come la Libia e lotta agli scafisti che sequestrano i migranti e i loro passaporti. E bisognerebbe fare tutto questo in tempi brevi: un’altra nave attende al largo delle nostre coste.

Martina Seppi

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