Il disastro al porto di Beirut potrebbe unire Libano e Francia.

Beirut

A quasi un mese dall’esplosione al porto di Beirut, il futuro politico, economico e sociale del Libano è ancora incerto.

Il governo è stato oggetto di pesanti critiche nazionali ed internazionali, con numerosi artisti, giornalisti e attivisti libanesi che hanno scritto articoli e poesie per denunciare un sistema politico inadatto a gestire il Paese.

La critica più aspra riguarda il fatto di aver lasciato per anni un carico di più di 2000 tonnellate di materiale esplosivo in un deposito portuale. I porti, infatti, sono ancora uno dei poli centrali per il commercio: dai container alle materie prime, i porti collegano ancora Paesi e merci attraverso il globo. Non aiuta l’eredità politica e bellica che il Libano si trascina da qualche decennio: dopo la guerra civile e il conflitto con Siria ed Israele, il debito pubblico del Libano è ancora il più alto al mondo (circa 170% del PIL) e il valore della moneta ha perso l’80% del suo valore (fonte Sole24 Ore). Le prospettive di crescita pro-capite sono pessime, quasi un cittadino su due vive in povertà e c’è la paura di uno stallo politico oltre che economico. Tuttavia, ciò che ha colpito i cittadini ed intellettuali libanesi è stata la reazione pronta del Presidente francese Emmanuel Macron contro il silenzio delle autorità libanesi, troppo occupate a puntarsi il dito l’una contro l’altra per affrontare la gravità di quanto successo quel giorno al porto. Macron non ha esitato a sottolineare i legami storici tra Libano e Francia, fornendo soccorsi umanitari alla cittadinanza di Beirut e recandosi di persona in Libano per tenere discorsi ai cittadini e alla politica.

È interessante notare come una potenza straniera europea sia stata accolta così positivamente da un Paese mediorientale, con 50.000 persone che hanno già firmato una petizione per chiedere alla Francia di assumere il controllo politico del Libano. Dopo il disastro, i libanesi si sono riconosciuti più nelle parole di Macron che nei leader di Hezbollah e nel premier dimissionario Hassan Diab.

Considerando il passato coloniale della Francia e la retorica negativa che ha accompagnato il movimento di de-colonizzazione, che accusa le ex potenze coloniali di esercitare ancora un potere politico ed economico indiretto su alcuni Paesi, l’Europa ha una grande chance di inserirsi delicatamente in un contesto scottante come il Medio Oriente, non come Paese di cui diffidare ma come Paese invitato.

È ancora presto per analizzare le possibili mosse francesi, sempre che Macron intenda mettere un piede in Medio Oriente. Per ora, si guardano ancora le macerie di Beirut e si spera in un futuro migliore.

Martina Seppi

 

Immagine: Foto di Clker-Free-Vector-Images da Pixabay

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