“Il pessimismo va così di moda che ci è venuto a noia”

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Foto di Ilka Lünstäden da Pixabay 

 

La confusione regna sovrana in un Paese diviso fra i blocchi psicologici, le puntigliose volontà di fermare ogni mutamento e la desiderabile pacificazione che porterebbe tutti a intraprendere il cammino della collaborazione e della crescita comunitaria.

Qualche segnale di ripresa economica rappresenta la premessa per varie soddisfazioni, gli effetti innegabili del vaccino hanno sostanzialmente migliorato lo status quo troppo duraturo di un Paese che, nonostante tutte le conducibili o meno condivisibili pregiudiziali del caso, ha una guida forte e ben determinata nell’agenda degli obiettivi da conseguire.

Agnese Pini  su La Nazione ha descritto il caso italiano incarnato dal governo Draghi come la rappresentazione della strada della fermezza: ora gli obiettivi precipui sono la guarigione dalla grande malattia, la ripresa economica e la stabilità politica. Ovviamente ci auguriamo tutti che il tessuto connettivo fra questi campi sia rappresentato dal rafforzamento del sistema del lavoro, una parola che va ripescata con tutti i crismi. Le violenze di questi giorni non hanno aiutato a creare un clima di speranza ed ottimismo, in questo contesto la direttrice de La Nazione afferma con chiarezza e lucidità che le piazze vanno ascoltate, comprese ma mai strumentalizzate. La conclusione dell’articolo è comunque sempre votata all’ottimismo: in  Toscana sabato scorso si è giunti al dato esaltante delle morti 0 virus per Covid – 19.

Come abbiamo appreso dalle notizie di questi giorni anche la cultura e lo spettacolo stanno viaggiando sul binario delle riaperture al cento per cento: ne ha parlato Michele Brambilla sul Il Resto del Carlino testimoniando la sua partecipazione ad un seminario presso l’Università di Bologna dedicato all’intelligenza artificiale: la tematica è scottante, le macchine sostituiranno l’uomo? Il no categorico rappresenta tutti, perché la tecnologia e le macchine possono essere un ottimo sussidio facilitatore, ma dobbiamo adoperare le gambe, annusare con il naso, sentire le emozioni e seguire tutti i movimenti, i gesti, il detto ed il non detto del linguaggio verbale e paraverbale. Proprio per questo giornalismo e giustizia, ad esempio, come descritto ed approfondito nell’editoriale, non potranno mai trasferirsi nei tribunali o nelle redazioni telematiche.

Due articoli con un minimo comun denominatore: un realismo di base, la constatazione delle anomalie, la voglia di diffondere un graduale ottimismo per ripartire.

Ma non a parole: nell’intenzione di un popolo a tornare unito se mai lo è stato, evitando pregiudiziali puntigliose e polemiche per la polemica sterile. A teatro senza pubblico non si percepisce il brusio dell’emozione, il calore di un applauso o l’ansia piacevole per l’inizio dello spettacolo. Il pubblico è un Paese unito che guarda quello stivale riprendere il suo lento ma affascinante volo.

Non vorremmo ripetere gli slogan e controsologan: saremo migliori e, quello più recente, non siamo migliorati per nulla. Vorremmo una parola: concretezza che contiene contenuti, esempi, ottimismo.

Sarà banale? Il pessimismo in realtà va così di moda che ci è venuto a noia a tutti, tranne a coloro che provano gusto a restare fermi al palo.

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