Il rito sacro del Super Bowl

Lunedì notte, ora italiana, è andato in scena uno degli eventi sportivi più seguiti d’America e probabilmente del mondo: il 53° Super Bowl. A contendersi la finalissima della National Football League (NFL), la massima lega professionistica di football statunitense, New England Patriots e Los Angeles Rams. La partitissima si è conclusa in favore dei Patriots, usciti vittoriosamente dall’incontro con un insindacabile 13-3 ai danni degli avversari. Grande la festa successiva per le vie di Boston per omaggiare i campioni: le stime parlano di oltre un milione di persone riversatesi nelle strade, favorite anche dalla clemenza del tempo. Per coach Belichick e squadra, dunque, grande bagno di folla e urla di giubilo.

In particolar modo ad essere osannato maggiormente a squarciagola dai tanti supporters dei Pats è stato il quarterback della squadra Tom Brady. Ormai divenuto da tempo una leggenda vivente, a 41 anni suonati è al suo sesto titolo NFL: un record personale davvero inimmaginabile visto che ha vinto tanto quanto la compagine più titolata di sempre, gli Steelers. L’odierna ennesima impresa lo relega definitivamente a pieno titolo nella hall of fame come il più grande giocatore di questo sport.

Come consuetudine, l’intero Paese a stelle e strisce si è fermato per la Super Sunday, con oltre 111 milioni di persone incollate allo schermo di casa o del pub, pronte a scattare in piedi o inveire ad ogni azione. Il tutto senza contare gli altri telespettatori sintonizzati sul match da ogni parte del globo terracqueo. Qualcuno l’ha definito uno show esagerato e straordinario rispecchiante la vera essenza del popolo americano, da sempre emblematicamente contraddistinta da brutalità e affarismo.

Non è più solo la conclusione di un torneo, ma qualcosa che va oltre lo sport, fondendosi con lo spettacolo e il business. Le cifre sono spaventose, basti pensare che 30” di pubblicità durante la gara costano 5 milioni di euro, addirittura molto più dei 2 per la notte degli Oscar.
Il fatturato della NFL, sommando sponsorizzazioni, contratti tv nazionali e locali, merchandising e vendita di biglietti e abbonamenti, supera quota 11 miliardi di euro (per raffronto la nostra Serie A ne fattura “solo” poco più di 2 miliardi).

Non è un caso, visto le cifre, che pure gli artisti facciano a gara per esibirsi durante l’intervallo, per raggiungere facilmente una platea globale. Così dopo Michael Jackson, Prince, Madonna, Phil Collins, Lady Gaga e tanti altri, questa volta è toccato ai Maroon Five esibirsi nello show più veloce (12 minuti), ma probabilmente più importante della loro carriera.

Giulio Benatti

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