Il trattato di Aquisgrana come anticipazione di un’Europa a due velocità?

In settimana, i massimi rappresentanti di Germana e Francia, Angela Merkel e Emmanuel Macron rispettivamente, hanno sottoscritto il trattato di Aquisgrana in vista delle elezioni europee indette per maggio 2019.

L’idea è quella di creare un asse franco-tedesco rinforzato che riesca ad ostacolare l’avanzamento delle destre e dei partiti populisti in Europa. Un trattato molto contraddittorio, firmato da due leader politici in bilico nei loro stessi Paesi, con la Merkel che ha dovuto legarsi all’SPD di Martin Schultz dopo sei mesi di burrasca e con Macron alle prese con rivolte continue dei gilet gialli. Un sorriso di intesa che nasconde molto scontento in Francia e Germania e che potrebbe avere ripercussioni sui Paesi europei considerati “deboli”, soprattutto economicamente. Infatti, la Merkel ha dato una risposta evasiva, ma comunque allarmante, riguardo alla possibile linea dura in Europa, ossia un gruppo di Paesi forti all’interno dell’Unione che dettino direttive generali che gli Stati più deboli potrebbero subire passivamente o dalle quali questi altri Stati potrebbero essere esclusi. E’ l’idea dell’Europa a due velocità che si è già fatta sentire negli ultimi anni.

Di fronte a questa possibilità sollevata durante la recente Davos 2019, la cancelliera tedesca ha espresso il suo disappunto riguardo alle misure di sicurezza europee che rimangono senza articoli o direttive sancite dai trattati di creazione dell’Unione. Essendo la sicurezza materia ostica, la Germania accoglierebbe una proposta di formare un comitato interno all’Unione di pochi Paesi che prendano in fretta decisioni riguardanti l’intera Unione. Se queste due idee si concretizzassero (Europa a due velocità e comitato ristretto di sicurezza), parlare di Unione sarebbe assolutamente fuori luogo. Escludere alcuni Paesi sulla base di criteri economici da decisioni di altissima rilevanza politica e di sicurezza interna europea sono reazioni più di pancia che di testa, soprattutto da un Paese di grande richiamo e forza economica come la Germania. Combattere i populisti con uno spettro di trattati ingiusti non farà altro che fomentare ulteriormente il disappunto dei Paesi più fragili e le proteste nei Paesi più abbienti dell’Unione. Non hanno senso le direttive comuni, il libero scambio di merci, persone, denaro, la moneta unica e le uguaglianze ideologiche se la risposta alle grandi sfide di migrazione e crisi vengono arginate (forse anche dimenticate) da interessi condivisi di pochi altri Paesi, per ora di due.

Il seggio di Macron e della Merkel all’ONU che è sancito nel trattato è stato giustamente ripreso da Conte, che auspica un seggio Europeo, come dovrebbe essere se ancora vogliamo parlare di Unione. Un’Unione che si intende proteggere dai populisti da una parte e silenziosamente bypassare dall’altra.

Martina Seppi

 

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