Intervista a Jesto: “con Felice racconto semplicemente che dovremmo goderci la vita reale, senza avere l’ansia ogni volta di doverlo documentare e mostrare agli altri.”  

Figlio del cantautore Stefano Rosso, Jesto è noto per il suo stile ironico e dissacrante, precursore di molte tendenze dell’Hip-Hop italiano. In attività dal 2005, ha pubblicato 5 album ufficiali e numerosi mixtape ed EP, diventando il rapper più prolifico in Italia per quanto riguarda il numero di progetti realizzati. 
Nel 2018 pubblica “Buongiorno Italia”, con il singolo “Stories d’amore” che supera gli 8 milioni di ascolti su spotify e le 5 milioni di visualizzazioni su Youtube. Dopo questa esperienza l’artista abbraccia definitivamente l’eredità musicale del padre, il cantautore romano Stefano Rosso, sia per quanto riguarda la parte musicale, in cui le chitarre e il sapore folk danno il carattere al nuovo sound, sia dal punto di vista dei testi, svuotati del fiume di parole tipico del rap e focalizzati su una comunicazione essenziale, fatta di meno termini.
Nel 2019 esce “IndieJesto”, l’album che segna la svolta nella carriera dell’artista, che abbraccia il pop ed affronta questo cambiamento da solo, da indipendente.
  • Buonasera Jesto. “Felice” è il tuo nuovo singolo tratto dall’album IndieJesto. Un testo che parla dei social e della necessità spasmodica di mostrarsi felici sulle foto. Tu che rapporto vivi con i social network e con i tuoi fan?

Me la vivo abbastanza male, direi. Il dover per forza mostrarsi, far vedere e farsi vedere, essere attivi 24/7, mi dà un po’ di ansia. Sono una persona riservata e amo stare nel mio mondo, è lì che compongo le mie opere. 

I social sono così invasivi, ma sembra che ormai nemmeno ce ne si renda più conto. La soluzione che ho trovato per me è usarli in maniera creativa e cercare sempre idee nuove (vedi il video di Stories D’Amore, che inizialmente fu pubblicato per sole 24 ore nelle storie di Instagram, a rafforzare il concetto della durata breve dei rapporti, anche solo nel metodo di pubblicazione). Come ogni cosa, ci sono lati negativi e lati positivi anche nei social. Sicuramente sono uno strumento utile, e hanno un potenziale creativo altissimo, ma penso che stiano prendendo il sopravvento sulla vita reale. 

Non voglio fare un discorso retrograda, ma veramente ci troviamo di fronte a due realtà distinte, quella reale e quella virtuale, e spesso la seconda cannibalizza la prima. In questo ci deve essere un segnale d’allarme. Con Felice dico semplicemente che dovremmo goderci la vita reale, senza avere l’ansia ogni volta di doverlo documentare e mostrare agli altri.  

  • Il video che accompagna il singolo è irriverente e dissacratorio, nella sua semplicità. La sua ideazione è stata una tua idea?

Si, avevo quest’idea di fare un video senza playback, con inquadratura fissa, in cui il testo venisse messo in evidenza sai cartelli che tenevo in mano. Un video assolutamente controcorrente, in una fase storica in cui la velocità e la movimentazione nei video sembra essere il trend (vedi TikTok). La canzone ha un messaggio di protesta, se così si può dire, nei confronti della cultura dei social, e anche il video doveva rispecchiare questo andare contro, anche solo visivamente. 

È figo come a volte basti un’idea per fare vita a un video. Sono convinto che le idee siano molto più importante dei budget, parlando di comunicazione. Oltretutto ho scoperto dopo che è una sorta di citazione a ‘Subterranean Homesick Blues’ di Bob Dylan! 

  • “IndieJesto” è un album di rottura, diverso. Da cosa nasce l’esigenza di cambiare artisticamente?

Seguo sempre la mia ispirazione, è la mia unica regola. Decide lei!

Non ho mai fatto un disco uguale a un altro, e ne ho fatti veramente tanti. Cerco sempre nuove ispirazioni, nuovi stimoli e mi devo mettere continuamente alla prova. Fare un disco acustico come “IndieJesto” è stato molto stimolante. Dopo “Buongiorno Italia”, primo album in cui mi sono confrontato con musicisti, ho sentito l’esigenza di andare ancora più a fondo in quella direzione. Per “IndieJesto” ero partito con il voler fare un disco chitarra e voce, poi l’ho evoluto nel disco che è ora. La cosa bella è che è nato in maniera naturale, spontanea, in un weekend immersi nella natura, con i telefoni spenti e tanto vino. Avevo queste melodie e queste parole in testa, e la chitarra di Andrea Tarquini è stata il tappeto ideale per dare alla luce queste canzoni. Non ho pensato ai singoli ma semplicemente a fare canzoni. Il disco oltretutto è pieno zeppo di citazioni musicali di altri mondi, di altri tempi. È bello come sia stato tutto così fluido, dalla stesura dei testi alle canzoni finite è passato molto poco tempo, come se non vedessero l’ora di venire alla luce. 

  • Cosa pensi del mercato discografico odierno? Ci sono artisti in cui ti riconosci e che apprezzi?

Non guardo molto al mercato discografico attuale, mi considero al di fuori da tutto. 

Ci sono artisti validi ovviamente, ma in questo periodo sono immerso nella musica del passato. Ho preso l’abitudine di ascoltare i vinili sul mio giradischi, c’è qualcosa di magico nel farlo. Sto cercando ispirazione nei grandissimi del passato, e mi rendo conto che, rispetto a oggi, sembra che i grandi maestri avessero veramente qualcosa da dire con le canzoni. 

  • Stai creando BLCKT!, il tuo primo manga. Puoi anticipare qualcosa su come sarà?

È folle! Sia l’idea di fare un fumetto (una mole di lavoro inimmaginabile!), sia la storia. Ci ho messo dentro di tutto, dalla fisica quantistica alla filosofia, dai videogiochi ai film di Tarantino, è come un maxi-frullato di citazioni e rimandi. In BLCKT! ho nascosto citazioni continue, sia alla mia vita reale che alle cose che mi hanno formato. La prima stagione è ambientata a Roma, e anche questo non è un caso, ci sono luoghi reali in cui ho passato molto tempo, come Villa Mirafiori (Facoltà di Filosofia di Roma). Per fartela breve, la storia racconta di questo blackout che ha causato l’inversione dei poli del pianeta, scombussolando il magnetismo terrestre. La conseguenza è che gli esseri viventi si ritrovano con delle capacità particolari dovute a questo cambio di magnetismo. Questi “poteri” sono fuori di testa, ma ancora non posso anticipare nulla. 

  • Un’ambizione nascosta?

Suonare la chitarra a un livello tale da potermi fare un album da solo, voce e chitarra. Sarebbe una cosa bellissima, sia per l’eredità di mio padre, sia perché mi darebbe una nuova forma espressiva che ancora devo esplorare. Obiettivo per il futuro: imparare a suonare la chitarra da paura!  

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