Intervista all’autore Marco Fortuna: “le parole possono trasformarsi in ali, preghiere o vento.”

Marco Fortuna
Marco Fortuna è nato e vive nelle Marche, una regione dove le montagne, le colline e il mare cullano i suoi sogni, parlano al suo animo e ritornano con accenni e ricordi nei suoi scritti. Il suo amore per la poesia è iniziato tra i banchi di scuola e si è rinnovato sempre con intensità. Ha iniziato a scrivere poesie nel 2000 ed ancora oggi coltiva questa passione. Una ricerca costante, un viaggio nel cuore dell’uomo.
I suoi interessi letterari nel tempo hanno spaziato in ambito teatrale con la stesura della pièce “Le parole possono cambiare il mondo”, messa in scena per la prima volta dalla compagnia teatrale i Lo.co.s. nel 2016 al Teatro Nuovo di Capodarco di Fermo. Prossimamente verrà presentato, in tour per l’Italia, un nuovo spettacolo teatrale dal titolo “L’amore non basta”, incentrato sulle contemporanee forme di solitudine. Importanti le collaborazioni con musicisti di fama nazionale e internazionale come il M° Fabrizio De Rossi Re, il M° Roberta Silvestrini, il M° Paolo Quilichini, il M° Davide Martelli e il M° Antonio Ferdinando De Stefano che ha musicato una sua poesia per uno spettacolo teatrale andato in scena a Bruxelles.
Con il musicista Fabio De Sanctis ha musicato alcune delle sue poesie interpretate dall’attore e poeta Sergio Soldani.
“In te ho nascosto un lago” è la sua quarta silloge poetica: 30 poesie che narrano l’esistenza, la natura, il dolore. I versi del poeta, confluendo nella narrazione del sentimento universale, diventano socialità e rappresentazione dell’uomo, nei cui dolori, gioie e illusioni, da sempre, si scopre la totalità della vita.
- Buonasera Marco, grazie per questa intervista. “In te ho nascosto un lago” è la sua quarta raccolta poetica. 30 componenti che raccontano la vita e le sue molteplici sfaccettature. Il titolo dell’opera letteraria ha un “te”: quel “te” cosa racchiude?
Grazie a Different Magazine per l’opportunità; il “te” del titolo si riferisce a mia figlia e il titolo per esteso richiama quello di una poesia presente nella raccolta. Ho inserito nella silloge delle poesie che dedico ai miei figli e alle persone che amo; le parole sono potenti, contengono visioni, suoni, odori, le parole di queste poesie mi avvicinano ancor di più a chi non voglio lasciare, a ciò che non voglio dimenticare.
- La nostalgia appare un sentimento da sempre insito negli scrittori. Il suo libro sembra vivere di ricordo e nostalgia. Quali sono le sue malinconie?
Le mie malinconie nascono dai miei limiti (materiali) e da tutto ciò che mi limita (il tempo). La poesia è utilissima per ‘curare’ in parte queste mie malinconie, è una specie di terapia d’urto. Ricordo la riflessione di Antonin Artoud: “Nessuno ha mai scritto, scolpito, modellato, costruito o inventato se non per uscire letteralmente dall’inferno”.
- “Scompariranno i prati e la loro erba leggera. Qualcuno li ricoprirà tutti di cemento, d’asfalto e di ferro. Verremo presi per mano uno a uno da formiche, farfalle, coleotteri e rondini, accompagnati verso una stessa fine. Unico funerale per noi povere bestie umane”: questo è uno dei suoi versi. Esiste, ancora oggi, una speranza per l’uomo o il destino corre verso una direzione ineluttabile?
L’uomo ha già condannato e salvato i suoi simili mille volte. Il genere umano sogna di ‘esportare’ la vita in altri pianeti ma non è capace di salvare il pianeta in cui vive. La verità è che l’uomo è bravissimo a creare ma altrettanto bravo a distruggere, è nel suo DNA, questo non cambierà mai.
- Nella poesia “Stamattina mi sono svegliato bicicletta” regala al lettore versi che parlano di giovinezza e spensieratezza. Cosa le fa provare, anche ora, da adulto, questi stessi sentimenti?
Il tempo è una lunga catena di istanti legati l’uno all’altro; io non ho mai spezzato quella catena, le esperienze vissute ritornano sempre, bisogna trovare le parole giuste per raccontarle con grande emozione.
- L’universo femminile fa parte di “In te ho nascosto un lago”. Le donne sono muse ispiratrici del suo comporre?
Indubbiamente sono muse ispiratrici di grande valore, lo sono state anche quelle che non ho conosciuto, lo sono state per quei pochi istanti di infinito nei quali mi sono perso.
- L’ultima poesia del libro è “Attendere la notte o la primavera”. Notte e primavera sono due parole in antitesi o in armonia?
Nell’ultima poesia parlo di attesa, di riflessione ma anche di voglia d’azione, una dolce tensione fa da preludio a un qualcosa di trascendente. Il corpo attende ancora un attimo mentre la mente ha iniziato già il suo viaggio. Spesso descrivo questo confine dove mi ritrovo, in una tana in attesa della notte o della primavera.
- La scrittura per un poeta è un atto di intimità o un mezzo per comunicare con il mondo?
La scrittura per un poeta è un atto di intimità, riporta alla luce ciò che ha trovato scavando nel profondo dell’anima, la cosa avvincente è che non si è consapevoli del risultato che avrà la ricerca. Chi scrive un romanzo decide in partenza la storia da raccontare, i personaggi, le ambientazioni; il poeta invece mantiene una certa incoscienza d’azione.
- Ha autori e artisti che l’accompagnano nell’affrontare i giorni della sua vita?
Ci sono autori che rileggo sempre con piacere, poesie ma anche racconti o alcuni passaggi bellissimi che contengono visioni potenti. Ci sono anche dei cari amici, artisti molto bravi, con i quali condivido pensieri preziosi, che mi aiutano a non sentirmi solo.
- Perché un uomo dovrebbe leggere la poesia?
La prima rivoluzione è una rivelazione, dobbiamo cominciare ad espanderci dentro, l’anima deve crescere come fa una piccola piantina che diventa albero. Dobbiamo essere coscienti di questo altrimenti non possiamo iniziare una vera rivoluzione. Questa è una grande fatica, è un investimento che non tutti concepiscono o che non tutti vogliono affrontare. La poesia spinge a questo, ci spinge verso la rivelazione.
- Le parole possono divenire atto concreto di mutamento e speranza per un nuovo umanesimo?
Le parole possono essere piene di tutto e di niente, sono importanti quelle dette e quelle non dette. Le parole possono trasformarsi in ali, preghiere o vento; le parole servono per ‘cantare’, trasformano le idee in musica per l’anima. Le parole sono dei punti di passaggio, gli aborigeni australiani credevano, ad esempio, che la loro terra fosse segnata da un intrecciarsi di ‘Vie dei canti’, un labirinto di percorsi e mappe mentali che descrivono una via da conoscere, da seguire. Ma noi, in un mondo che sembra alla deriva, potremo seguire ancora le “vie dei canti” dei nostri padri?
Ecco la casa di terra dove bambini
scaldano davanti al fuoco
le gambe scarne
e sfogliano il granturco
nell’odore di fango e paglia.
Poche le parole che cadono dalla bocca
e poi il fuoco si spegne
la notte si raffredda.
Le finestre spoglie,
senza vetri,
guardano il campo
dove una lepre fulminea passa.
Sulle canne dello stagno
la libellula dorme quieta.
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