La crisi delle migrazioni. Nuovo naufragio a largo delle coste libiche

La crisi delle migrazioni. Come le onde del mare si infrangono sul bagnasciuga seguendo un moto costante e senza tregua, facendo da spola tra il largo e la terraferma in modo incessante, senza che nulla possa fermarle, così le morti di coloro che sono costretti, ogni giorno, a lasciare la propria terra sembrano non avere mai fine.

Il 2018, come l’anno precedente, è stato già segnato da una catastrofe nel cuore del Mar Mediterraneo che, dall’inizio delle rotte della tratta di esseri umani, è il custode dei corpi – dispersi per sempre – di chi non ce l’ha fatta. Di chi non è riuscito a raggiungere l’Europa, a scorgere la terraferma. Di chi ha perso la vita, sperando, invece, di ottenerne una nuova. E mentre uomini, donne e bambini perdono la vita in mare a pochi giorni di distanza dall’inizio del nuovo anno, la memoria delle numerose morti di migranti nel Mar Mediterraneo si è dimostrata già labile. Svaniscono le speranze riposte nell’iniziativa dell’Italia in Niger, dove, dopo l’annuncio del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, si attenderebbe il dispiegamento dell’esercito italiano per intervenire direttamente sulle rotte della tratta di esseri umani. Lo spiraglio di luce è oggi più che mai flebile anche in Libia, a seguito delle denunce dell’UNCHR sulle condizioni dei centri di detenzione. A nulla servono le dichiarazioni dei Governi coinvolti nella tragedia senza fine del nostro secolo.

Se, da una parte, l’Italia ha intrapreso un programma di supporto, grazie al lavoro della Marina militare, in Libia per addestrare e dotare dei mezzi necessari la Guardia Costiera, non si arrestano le partenze dalle coste del paese nord africano verso l’Europa e non si fermano neppure i barconi che lasciano in mare naufraghi e, nella peggiore delle ipotesi, morti. Dall’altra parte, i trafficanti continuano ad avere ancora la meglio. L’ultimo naufragio, nel quale hanno perso la vita 160 migranti nel tentativo di raggiungere l’Italia dalla Libia, il 10 gennaio scorso. Il giorno precedente un altro disastro in mare a est di Tripoli ha causato la morte di 100 migranti, secondo una stima che apparirebbe soltanto attendibile. Il 6 gennaio altre 60 persone sono morte. La segnalazione della Guardia Costiera libica che ha soccorso un gommone al largo di Homs, un centinaio di chilometri a est della capitale libica. La motovedetta ha trovato 17 naufraghi aggrappati alla camera d’aria del gommone, nel tentativo di non affogare. Gommone che poteva contenere fino a 120 persone, per questo sono stati stimati circa 100 dispersi in mare.

L’organizzazione internazionale per i migranti fa sapere che, dall’inizio del 2018, “vi sono già informazioni di quasi 200 migranti morti o dispersi nella rotta mediterranea centrale”. Pesante il bilancio dei migranti che hanno perso la vita in questo inizio anno. Sempre l’OIM ha ricordato che nel gennaio 2017 le vittime erano state 254. Durante i primi dieci giorni di gennaio, 800 migranti sono stati intercettati al largo delle coste libiche e soccorsi in mare. Numeri che, secondo il capo missione dell’OIM in Libia, Othman Belbeisi, si sono registrati a settembre e giugno del 2017. Altre richieste di aiuto sono giunte per altre due imbarcazioni alla deriva a ovest di Tripoli. Le persone soccorse sono state 279, tra le quali 19 donne e 17 bambini. I migranti provenivano da paesi africani, quali Gambia, Senegal, Sudan, Mali, Nigeria, ma anche Bangladesh e Pakistan. Il bel tempo e il mare calmo hanno agevolato le partenze da diversi punti delle coste libiche sempre nelle prossimità della capitale.

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Nell’omelia della domenica, Papa Bergoglio ha ricordato che “le paure di accogliere i migranti sono legittime, fondate su dubbi pienamente comprensibili da un punto di vista umano. Avere dubbi e timori non è un peccato. Il peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte, condizionino le nostre scelte, compromettano il rispetto e la generosità, alimentino l’odio e il rifiuto“. Nella 140a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato Save the Children ha ribadito che, nel 2017, i minori stranieri non accompagnati che hanno attraversato il Mar Mediterraneo, per raggiungere l’Italia, hanno superato le 15mila. Bambini e adolescenti hanno lasciato il proprio paese senza un familiare o un adulto, affrontando viaggi pericolosi e drammatici. Gli arrivi dei minori sono diminuiti quasi del 40% rispetto al 2016, ma anche nell’anno che si è appena concluso il nostro Paese ha registrato quasi 20mila presenze di almeno 40 nazionalità diverse. Il dato che è emerso riguarda la marginale applicazione del Programma europeo di ricollocazione dei migranti. E i Paesi europei non hanno fatto sconti nemmeno per i minori. In Italia sono 380 quelli in attesa di essere ricollocati e, in due anni, solo un migrante su tre ha beneficiato del programma di “relocation”.

Appena 99 i minori ricollocati dall’Italia.

Nella Giornata Mondiale dedicata ai Migranti e ai Rifugiati Save the Children ha sottolineato l’urgenza di garantire condizioni di accoglienza adeguate e inclusione sociale per bambini e ragazzi giunti nel nostro paese. Nel 2017, l’Italia ha provveduto a mettere a punto una normativa specifica per la protezione dei minori stranieri non accompagnati. In base alla Legge Zampa, infatti, i minori stranieri che raggiungono il nostro Paese non possono essere respinti, ma tutelati da un cd sistema di protezione e di inclusione uniforme. Il provvedimento svolge la funzione di garantire sia maggiore uniformità nell’accoglienza dei minori sia di rafforzarne le tutele sull’intero territorio nazionale. I minori stranieri non accompagnati che arrivano nel nostro paese spesso fanno perdere le loro tracce – come denunciato dall’Europol nel 2015. Meccanismi di accoglienza inadeguati, tempi di attesa lunghi sia per ottenere lo status di rifugiato che per i ricongiungimenti familiari spingono molti giovani o giovanissimi a sottrarsi alle autorità italiane, per finire vittime dello sfruttamento e nelle maglie della criminalità organizzata. La Legge Zampa ribadisce il divieto di espulsione per i minori stranieri non accompagnati, riprendendo un principio già sancito dalla Convenzione internazionale del Fanciullo e a livello nazionale dall’art. 19 del TU Immigrazione. La normativa prevede strutture dedicate alla prima accoglienza esclusivamente ai minori – il cui tempo di permanenza è stato dimezzato sino ad un massimo di 30 giorni – e il successivo trasferimento nei centri di seconda accoglienza che aderiscono al Sistema per i richiedenti asilo e i rifugiati (SPRAR). La Legge stabilisce dei criteri omogenei per l’accertamento dell’età e l’identificazione, che devono avvenire alla presenza di un mediatore culturale durante colloqui predisposti. La nomina dei tutori e l’affidamento familiare sono inserite nella disciplina come principali meccanismi di tutela dei minori stranieri non accompagnati. Garantiti il diritto alla istruzione, alla salute e all’ascolto per un percorso di accoglienza e integrazione assistito fino al compimento del 21 anno di età.

Nel magma di lacune e deficit nell’accoglienza dei migranti, non solo nel nostro paese, ma anche in Europa, la tragedia che si è consumata domenica scorsa colora di tinte ancor più fosche la drammatica situazione dei flussi migratori e le condizioni di vita dei migranti che, nonostante siano riusciti a raggiungere il vecchio continente, sono costretti a nascondersi e a vivere come fantasmi.

Un migrante è stato trovato semi carbonizzato sul tetto del locomotore di un treno giunto a Mentone in Francia, dopo una sosta anche a Ventimiglia. Gli inquirenti hanno ipotizzato che il migrante, salito sul tetto per non essere scoperto, era diretto in Francia. Per evitare di essere sbalzato dal treno, si sarebbe aggrappato al pantografo, rimanendo folgorato. Dall’inizio del 2017, questo è il quinto caso. Non sono lontani i giorni di tensione vissuti a Ventimiglia, per i numerosi migranti interessati a superare la frontiera.

I Paesi europei continuano però a chiudere le proprie frontiere e a non accettare i ricollocamenti, pur sapendo che molti tra i migranti, che sbarcano in Italia, hanno familiari in altri paesi europei o la loro accoglienza e integrazione sarebbe facilitata dalla comunanza linguistica. Eppure ancora tutto tace. Resta cristallizzata un’emergenza che, se non sarà affrontata concretamente rischia a breve di esplodere in un fenomeno di portata incontrollabile. E, ancora una volta, non saranno sufficienti muri, fili spinati, motovedette, accordi tra i paesi nord africani e l’Europa.

Le manifestazioni che hanno scosso le strade della Tunisia, per il carovita e in memoria della Rivoluzione dei Gelsomini vengono messe in ombra da istituzioni e politici che non hanno oggi interesse nell’affrontare la crisi delle migrazioni. Sono ancora nitidi le immagini delle Rivoluzioni arabe. Ma non sembrano essere tali dinanzi agli occhi miopi dell’Europa che continua a scegliere, per ogni tragedia evitabile o annunciata, di non esserci.

Chiara Colangelo

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