La crisi di governo e la frase “chiedo i pieni poteri”

Crisi di governo che va, dubbi che rimangono. Dubbi riguarda la validità di questa crisi, ossia del suo bisogno effettivo in un momento così delicato della storia del nostro Paese.

La validità di voler intenzionalmente bloccare un governo già pericolante nel bel mezzo di numerosi problemi irrisolti in Italia, come la disoccupazione giovanile, il PIL che arranca, la crescita quasi pari allo zero e il tasso di natalità ai minimi storici.

La cosa più ovvia da fare è dunque scatenare un putiferio mediatico, prendere parte a più comizi possibili (l’ultimo in Liguria dopo la commemorazione delle vittime del ponte Morandi) e frasi da periodo fascista. È infatti di Salvini l’ultimo slogan da campagna elettorale anticipata: “chiedo agli italiani di darmi pieni poteri”. Questa frase mi ha profondamente infastidito per due motivi: una frase del genere è in netto contrasto con i principi della democrazia che cercano in tutti i modi di evitare che il “potere” sia nelle mani di una persona sola (perché questa si chiama dittatura), mentre sottolinea la volontà di essere attaccati alla poltrona, un senso di megalomania e onnipotenza politica e una bruttissima allusione al periodo despotico fascista. Il secondo motivo riguarda il personaggio Matteo Salvini in sé, che è l’ultimo politico al quale bisognerebbe dare pieni poteri in quanto non ha una strategia economica per la crescita del Paese ma si limita ad alzare la voce con Bruxelles e con essa anche il debito pubblico; non ha una strategia nei confronti dell’immigrazione che è un problema bi-continentale che coinvolge tutta l’Africa e tutta l’Europa, mentre è un esperto nel mancare ad ogni riunione europea in cui si decide un piano d’azione per far fronte a questo problema; non è una persona diplomatica, una qualità indispensabile in un politico contemporaneo, in un mondo sempre più interconnesso, dove le decisioni che contano vengono prese tra Stati e non da soli.

Il ministro dell’Interno è dunque l’ultima persona a cui si potrebbe affidare questo Paese, se proprio dovessimo affidarlo ad una persona sola. Questa crisi evidenzia il suo carattere solitario e la sua chiara ambizione a governare da solo, senza partiti di coalizione e senza dover sommare le percentuali elettorali per formare un governo. Tuttavia, la legge italiana stabilisce che un ministro dell’interno non possa decidere di sciogliere le Camere, né tantomeno andare al voto anticipato: ci si rimetterà nelle mani dei capi delle Camere e del Presidente della Repubblica.

Martina Seppi

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