La Giornata della Memoria, dalla Shoah ai “genocidi” dei nostri giorni

Shoah è un termine ebraico, che significa “tempesta devastante” ed è contenuto nella Bibbia. Un’altra espressione utilizzata per indicare lo sterminio degli ebrei, durante il Secondo Conflitto Mondiale è Olocausto. Ma è il primo ad indicare quello che per gli ebrei è storicamente ricordato come un “sacrificio inevitabile”.

“Poiché molti si sono accinti a comporre una narrazione degli avvenimenti compiutisi in mezzo a noi, come ci hanno trasmesso coloro che fin da principio ne sono stati testimoni oculari, e sono divenuti ministri della parola, è parso bene anche a me, dopo aver fatto diligenti ricerche su tutte queste cose, narrarle per iscritto, con ordine, o nobile Teofilo, affinché tu riconosca la verità degli insegnamenti che hai ricevuto”.

LUCA I, 1-4

Il 27 gennaio si è celebrata la Giornata della Memoria. Ed è nel lontano 27 gennaio del 1945 che sono stati abbattuti i cancelli del campo di concentramento o sterminio di Auschwitz. A 72 anni di distanza, il Mondo, ma soprattutto l’Europa, dove si è consumata una delle tragedie più gravi dell’Umanità, “ricordano” per non dimenticare.

Lo sterminio degli ebrei fu un piano politico, costruito e voluto da Adolf Hitler, e messo a punto dalla Germania, con l’intento di cancellare un popolo. Oltre ad Auschwitz, Birkenau è un altro luogo simbolo della crudeltà perpetrata da un popolo nei confronti di un altro.

Lavori forzati, camere a gas ed esperimenti sugli ebrei (ma anche sugli omosessuali e sui Rom) hanno reso i campi di concentramento l’emblema perfetto della “follia” umana.

A celebrare la Giornata della Memoria ci pensano oggi le istituzioni e i Governi dei Paesi. Ma nel dilagare degli odierni nazionalismi e populismi, c’è l’eco di quel dramma, che continua a lasciare un ricordo indelebile.

Nel tentare di “non dimenticare”, forse in pochi conoscono gli stermini successivi a quello del popolo ebraico, come accadde negli anni Novanta in Ruanda – tra hutu e tutsi – o nella ex Jugoslavia – dove furono i serbi a tentare di sterminare il popolo bosniaco – per arrivare fino al più recente dramma dei Rohingya.

E prima ancora degli ebrei, ci fu lo sterminio degli Armeni da parte dei Turchi.

La Shoah conserva ancora il tratto distintivo di un piano pensato da un uomo solo, capace di trasformare lo Stato in una macchina di morte.

Ed è allora a tutti i popoli che hanno subìto o che sono vittima del potere, degli interessi economici, del fanatismo religioso e del razzismo che la Giornata della Memoria dovrebbe essere dedicata.

Per non dimenticare. Per ricordare. Per impedire che ‘pochi’ possano perseguitare, uccidere o cancellare intere popolazioni.

Lasciar morire in mare i migranti è “genocidio”.

Lasciare che gli interessi di pochi permettano ai più, innocenti, di continuare a morire sotto le bombe – come accade in Yemen – è “genocidio”.

Negare una terra ad un intero popolo per “paura” è “genocidio”.

Lasciare che donne, uomini e bambini siano privati della terra, dove per generazioni hanno vissuto o demonizzarne tradizioni e cultura, è “genocidio”.

Ricordare per non dimenticare non è però più sufficiente.

Chiara Colangelo

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