Le nozze d’oro di Woodstock

Era il 1969 quando a Bethel, cittadina dello Stato di New York, si svolse quello che è ricordato come il più importante (soprattutto per gli anni in cui si tenne) evento della cultura hippie e rock.

“Tre giorni di pace e musica Rock” era questo lo slogan del festival di Woodstock.

A cinquant’anni da quella data è ora pronto a tornare. Nel mezzo ci sono stati altri tentativi come quello per l’anniversario dei 25 anni o quello del 1999 ricordato più per i disordini e i casi di violenza sessuale che per altro. La Woodstock 2.0 che si appresta ad essere celebrata tra il 16 ed il 18 Agosto di quest’anno, gode però di un’attenzione diversa.

Organizzata dal Bethel Woods Center for the Arts avrà luogo nello stesso sito che ospitò la prima edizione. L’organizzazione ha fatto sapere in un comunicato che «come custodi di questo sito storico, restiamo impegnati nel preservare questo importante retaggio e il suo spirito, educando ed inspirando le nuove generazioni nel contribuire positivamente al mondo in cui viviamo attraverso la musica e la cultura». A prescindere dagli artisti che si esibiranno, che non potranno non far storcere il naso ai nostri genitori se paragonati alla line up del ’69, il festival ha dunque una forte valenza simbolica; dovuta allo spirito che lo contraddistingue anche ai giorni nostri, e che forse lo rende più che necessario nell’America di Donald Trump. Stesso discorso vale anche per la Woodstock (ri)organizzata da Michael Lang. Lo storico organizzatore dell’edizione di cinquant’anni fa ha infatti annunciato che anche lui sta preparando una riedizione del festival; celebrazione però slegata da quella del Bethel Woods Center for the Arts. La data ed il luogo tuttavia ancora non si conoscono ma, come ha annunciato in un’intervista dallo stesso Lang, il suo festival verrà costruito sulla «sostenibilità, sull’attivismo e sulla giustizia sociale» temi che possano incoraggiare le persone ad «essere responsabili degli effetti della propria vita sul pianeta». L’obiettivo di Lang, come da lui dichiarato, è dunque quello di «sfruttare la storia e l’essenza di ciò che Woodstock è stato». In un’ottica che non vuole fare di questo anniversario una semplice riproposizione nostalgica fine a sé stessa, ma che al contrario riesca come cinquant’anni fa a far nascere una coscienza sociale che possa, questa volta si, cambiare le cose.

 

Francesco Castracane

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