Ma a chi importa del clima?

In Gran Bretagna è recentemente nato un movimento che si chiama “Extintion Rebellion” (ribellione all’estinzione) il cui obiettivo è spronare il governo a prendersi seriamente carico del problema del riscaldamento globale. Perché se la Terra può rigenerarsi dopo una crisi climatica e dunque trovare un nuovo equilibrio, non è detto che lo sappia fare l’uomo; e se anche l’uomo fosse in grado di adattarsi e sopravvivere, non è scontato che sopravviva all’assestamento terrestre causato dal cambiamento climatico.

Mi ha fatto molta impressione la foto scattata in Groenlandia qualche settimana fa da un ricercatore che mostra alcuni cani da slitta correre sull’acqua e non sul ghiaccio: il ghiaccio era infatti coperto da una decina di centimetri di acqua. Il caldo eccessivo ha raggiunto tutto e tutti: temperature record si registrano nelle zone asiatiche vicino all’India, in Spagna, Portogallo e anche Italia con medie diurne sempre più tendenti ai 40 gradi e violenti temporali la notte, soprattutto al Nord.

Torno sul tema del cambiamento climatico per due motivi: fornire un po’ di storico e per ricordare le parole di Greta Thunberg. Di cambiamento climatico e problema di inquinamento, smaltimento rifiuti e gestione delle risorse naturali se ne parla da quando io facevo le elementari. Mi ricordo ancora dei progetti educativi della mia scuola elementare riguardo ai tempi di degradabilità dei materiali più utilizzati, come carta, plastica e vetro. E non tutti i tipi di carta o plastica sono uguali: ci sono le carte biodegradabili, le carte plasticate, le carte colorate e i cartoni. Le plastiche possono essere sottili come le bottiglie, dure come i tappi e speciali come i tubi del gas. Alle medie, un esperto di politiche ambientali ci ha fatto riflettere sulle quantità di rifiuti prodotte pro capite al giorno e sull’impatto dello smaltimento di questi rifiuti sull’ambiente. Oggi ho quasi venticinque anni e la mia domanda è: ma a chi importa del clima? Evidentemente a gente che non ha abbastanza potere da imporsi a livello politico e internazionale per attuare delle vere riforme ecologiche.

Le campagne contro il riscaldamento globale non trovano spazio in tutte le campagne elettorali e se questo succede, sono di solito relegate in fondo all’agenda politica. Un passo in avanti è stato fatto dai Verdi alle ultime elezioni europee, ma il vero cambiamento parte dal piccolo per poi arrivare al grande. Basti pensare che uno dei leader più importanti del pianeta nega il cambiamento climatico per capire quanto lontani siamo dal prenderci seriamente carico del problema. Perché se fa un po’ più caldo, basta una canotta, bere un po’ più d’acqua e aumentare l’aria condizionata. Perché se da una parte manca un’agenda politica, dall’altra ci sono le persone comuni e i loro comportamenti e le due cose sono collegate: un disinteresse al proprio stile di vita e all’impatto di questo stile di vita sull’ambiente e sulle altre persone non può che portare ad ignorare il problema climatico a livello politico. Da qui la riflessione di Greta Thunberg durante un suo discorso ai leader europei, quando si meravigliò delle persone che si complimentavano con lei per il suo impegno civile: Greta rispose che il suo obiettivo non è ricevere complimenti o scattare selfie con i politici, ma salvare il pianeta che è ancora in fiamme, senza provvedimenti seri e condivisi per fare fronte al pericolo del famoso punto di non ritorno (previsto tra 12 anni), pensando che il clima sia in fondo come l’economia, ossia regolato da una mano invisibile che primo o poi aggiusterà le cose. Ed è questa la più grande utopia e falso preconcetto da estirpare. Sarebbe come dire che la propria salute fisica si auto-regoli e che sia quindi sganciata dal nostro modo di vivere. Trovo folli entrambe le cose, ma trovo il pericolo dell’estinzione molto più reale.

Martina Seppi

Iscriviti alla newsletter settimanale per rimanere aggiornato su tutti i nostri articoli!