Da “noiose” a “storiche”: le elezioni politiche 2017 in Germania

Una campagna elettorale che negli ultimi mesi ha regalato pochi colpi di scena, un vincitore che si dava per scontato fin dall’inizio, due grandi partiti con contenuti simili: queste le premesse delle elezioni politiche tedesche 2017. Una noia. Mortale. E poi: i risultati. Definiti “storici” dall’autorevole Die Zeit. Un riassunto su come si è arrivati fino a qui e cosa ci aspetta nel futuro.

Il “Schulz-Effekt”

A ben guardare un colpo di scena in campagna elettorale c’è stato: ovvero l’ascesa e caduta del leader dei Socialdemocratici tedeschi (SPD) Martin Schulz. Figlio di un minatore del Saarland, passato da libraio nel Nordreno-Westfalia a carismatico presidente del Parlamento Europeo a Bruxelles, il Schulz, tradizionalmente molto amato dall’opinione pubblica tedesca, era l’asso nella manica della SPD contro la cancelliera. Dotato di retorica diretta e tagliente, capace di scaldare l’animo della sinistra moderata   ed europeista tedesca, sembrava destinato a vincere sulla vaghezza e sul soporifero compromesso alla Merkel. O almeno queste le speranze della SPD che, se non altro inizialmente, parevano fondate. I sondaggi infatti avevano registrato la candidatura di Schulz a cancelliere con un promettente sbilanciamento a favore dei socialdemocratici, tanto che i media tedeschi si erano affrettati a coniare un bel neologismo per sintetizzare il fenomeno: il Schulz-Effekt, l’effetto Schulz, la rinascita di una socialdemocrazia che era sembrata perdersi in un indistinto partito di centro a guida cristiano-democratica durante la Grande Coalizione dell’ultimo mandato, e adesso tornava ad avere un leader, un volto, una voce e un discorso. Super Schulz. E poi?

Merkel, il ritorno

Tre clamorose perdite per la SPD alle elezioni regionali in Saarland, Schleswig-Holstein e soprattutto nella rossa Nordreno-Westfalia hanno stroncato l’euforia socialdemocratica. Fine del Schulz-Effekt. Martin Schulz ha dovuto incassare la sconfitta e cambiare toni, passando dal “quando sarò cancelliere” al “se dovessi essere eletto cancelliere”. Il ridimensionamento, lo sgonfiamento della bolla, la fine dell’hype non hanno giovato alla SPD, ma invece sì alla CDU di Angela Merkel. Le grandi critiche nella gestione della “crisi” dei migranti e le spaccature con la sorella bavarese CSU che avevano indebolito i cristiano-democratici sembravano di nuovo acqua passata di fronte ad un’economia sana, bassa disoccupazione e basso debito pubblico. Merkel era tornata raggiante, sembrando a un certo punto l’unico bastione di democrazia stabile nell’era apocalittica del Brexit, di Trump e del Front National. L’abbiamo vista accogliere l’endorsement di un Obama acclamato come una rockstar davanti alla porta di Brandeburgo, fare diplomatiche espressioni di disappunto incontrando il nuovo presidente americano, non lasciarsi spaventare dai brexitiani, né da Erdogan né da Putin e, dulcis in fundo, vincere il dibattito televisivo contro un abbacchiato Martin Schulz a cui mancava la naturale spontaneità del comizio di piazza che tanto piace ai suoi elettori o potenziali tali.

Il terzo partito e i nuovi paradigmi politici

Tra SPD e CDU ci era quasi sfuggita la lenta ascesa di un partito fondato solo 4 anni fa che si temeva, ma non si pensava realmente, potesse raggiungere cifre doppie a livello nazionale (12,6%), e persino diventare il primo partito in alcuni angoli della Sassonia rurale con cifre che rasentano il 40%. Un partito fortemente euroscettico con rappresentati che hanno ipotizzato di poter fare fuoco sui migranti alla frontiera con la Germania o che hanno definito l’olocausto un mito. Stiamo parlando dell’Alternativa per la Germania (AFD) ovviamente. Durante la campagna l’Afd ha fatto leva, come tanti altri partiti in Europa, sulla paura di un attacco al benessere economico e alla presunta integrità cultura nazionale da parte dei migranti. Alla vecchia retorica del “ci rubano il lavoro” si è aggiunto il terrore dell’islamizzazione del mondo occidentale e in generale di una perdita di punti di riferimento in un’Europa globalizzata in cui il concetto di stato nazionale si ridisegna e i confini diventano più sfocati. Non a caso si parla spesso di una ridefinizione degli schieramenti politici da destra-sinistra a perdenti-vincitori della globalizzazione. E le elezioni in Germania sembrano un esempio lampante della teoria: mentre il centro conservatore si sposta a sinistra rubando i cavalli di battaglia a un centro sinistra senza più argomenti programmatici che lo oppongano all’altro, il partito xenofobo che infiamma con una retorica politicamente scorretta, anti-establishment e anti-Europa, vince proprio nelle regioni economicamente più svantaggiate della Germania, che sono anche quelle in cui la presenza di migranti è inferiore.

Non ci resta che Jamaica

Il risultato elettorale del 24/09 non ha spodestato la CDU, vero, ma ha mischiato per bene le carte in tavola. Cosa ci riserva quindi il panorama politico tedesco per il futuro?
Cominciamo dalla débâcle della SPD: con il 20,5% delle preferenze il centro-sinistra resta il secondo partito in Germania ma raggiunge un abisso che, anche se la socialdemocrazia francese ci avrebbe messo la firma, è per quella tedesca un punto molto basso da cui risalire. La reazione: basta grandi brodaglie di centro, no di Martin a un’ipotetica grande coalizione, critiche dirette ad Angela Merkel e posizionamento chiaro a sinistra dei cristiano-democratici, andando all’opposizione a fianco alla Linke, il partito a sinistra della SPD. Vedremo probabilmente una SPD più combattiva che tenta di reinventarsi e stagliarsi con chiarezza sul panorama politico in contrapposizione al programma della CDU.
La CDU, nonostante resti il primo partito, esce indebolita delle ultime elezioni, raggiungendo il 33% delle preferenze. In particolare, l’ala bavarese e conservatrice del partito, la CSU, abituata a raggiungere la soglia del 50% in Baviera, ha visto un’emorragia di voti che sono in parte andati a nutrire le file dell’Afd. Esplicita dichiarazione di intenti del capo della CSU Horst Seehofer è un ri-indirizzamento della politica merkeliana verso destra. Tra politica migratoria, sociale e ambientale la CDU è slittata talmente a sinistra, che il tradizionale conservatore di classe media rischia probabilmente di non sentirsi più rappresentato dal partito di centro per eccellenza. Con il suo stile cauto, che lascia sempre ampi margini d’interpretazione (o privo di contenuti, direbbe l’opposizione), Angela Merkel ha dichiarato che la CDU ha perso 1 milione di elettori a favore della Afd, e la sua missione è quello di riprenderseli, quegli elettori. Mhmm…come?

Senza la SPD al suo fianco, la CDU è costretta a cercare i suoi alleati altrove. L’unica soluzione possibile al momento sembra un’unione dei neri (CDU), gialli (FDP, i liberali) e verdi. Una così detta Giamaica parlamentare, un tentativo di equilibrismo politico che vedrà anime diverse scontrarsi su di un’infinità di temi, probabilmente moderate da un partito cristiano-democratico che tenterà di tenere assieme i pezzi e calibrare concessioni in una direzione o nell’altra. Come riusciranno il programma conservatore di una CSU, che vorrebbe peraltro spostarsi a destra, ad adattarsi a quello dei verdi su temi come migrazione, politiche sociali, industria dell’automobile ed ecologia, o come sarà integrabile l’atteggiamento critico dell’FDP nei confronti dell’Europa con l’europeismo convinto della CDU sono solo alcune delle questioni che scalderanno i nostri cuori durante il prossimo mandato.

Cosa c’è di storico?

E qui torniamo al grande protagonista di queste elezioni: l’Afd. Storico è l’allargamento della rappresentanza parlamentare tedesca alla destra populista, euroscettica, apertamente razzista e revisionista. Con l’Afd entra in parlamento un partito che potrebbe cambiare toni e contenuti del discorso politico e quindi pubblico tedeschi. L’opinione pubblica in Germania è abituata alla correttezza politica, a discussioni civili e a precisi tabù. Le retoriche sessiste o razziste non vengono di norma reputate degne di lasciare il bancone del bar e, al di fuori della birreria, vengono sostenute solo a bassa voce e con un po’ di vergogna. L’entrata in parlamento del nuovo partito darà un palcoscenico pubblico a una retorica che fino a ieri si pensava non potesse trovare spazio nel Bundestag.
Come Jamaica da un lato, in caso funzioni, un’opposizione di sinistra forte e una nuova opposizione all’estrema destra dello schieramento dall’altra, rivoluzionino (o meno) il discorso politico tedesco rimane tutto da vedere.

Sabina Ceffa

Iscriviti alla newsletter settimanale per rimanere aggiornato su tutti i nostri articoli!

2 thoughts on “Da “noiose” a “storiche”: le elezioni politiche 2017 in Germania

  1. Articolo molto interessante e ben fatto. L’ho letto con curiosità e attenzione sino alla fine senza esserne annoiata.

    1. Ne sono molto felice. Sabina lo sarà ancora di più! Continui a seguirci.

Comments are closed.