Recensione del romanzo “Occhi chiusi spalle al mare” di Donato Cutolo

Piero, Mauro e Viola, figlio, padre e madre. Un’isola, Isonta. Presenze straniere. Il mare. Conflitti interiori. Una morte e una rinascita. Sfondo, il destino dei protagonisti sull’onda di un cambio di koinè.

Autore Donato Cutolo

Biografia

Donato Cutolo, quaranta anni, scrive e compone. Mixa lo scritto con trame musicali. Ha avuto buoni compagni musici, Fausto Mesolella degli Avion Travel, Rita Marcotulli, pianista jazz internazionale, e altri  per cui rimando alla biografia ufficiale.

Opere pubblicate:  

Carillon” (Libro+Cd), 2009 

Vimini” (Libro+Cd), 2012

19 Dicembre ’43” (Libro+Cd),  2014

Occhi chiusi spalle al mare” (Libro+Cd),  2017

Arricchimenti in voce narrante di Paolo Rossi (19 Dicembre ’43”) e Sergio Rubini (Occhi chiusi spalle al mare”).

Cortometraggi
(In)Verso
Parole|Foto|Sensibili

Breve sinossi di  “Occhi chiusi spalle al mare”

Piero, Mauro e Viola, figlio, padre e madre. Un’isola, Isonta. Presenze straniere. Il mare. Conflitti interiori. Una morte e una rinascita. Sfondo, il destino dei protagonisti sull’onda di un cambio di koinè.

Recensione

Sembra una storia semplice, di quella semplicità complicata che assume la realtà quando accadono eventi imprevisti.

L’imprevisto ti sovrasta quando apri gli occhi a considerare cose che non hai voluto vedere e indagare prima. Come a rifiutare di assumerti le responsabilità che ti appartengono e questo accade finché  ti trovi ad aver vissuto “ad occhi chiusi”.

Affabulatorio il titolo, quasi l’inizio di una filastrocca…

occhi chiusi e spalle al mare

finché non apri gli occhi

e la realtà ti compare… etc

… si potrebbe continuare così ma andrei fuori tema, racconterei di un libro per bambini e questo è un testo soprattutto per grandi, anche se i bambini sono una presenza pregnante.

Chi non voglia prendersi responsabilità è pregato di non leggere questo libro.

La stesura del testo è sospesa tra il descrittivo qualche volta ridondante e il poetico espressivo di sentimenti rifiorenti.

C’è una presenza femminile, una madre assente per morte da mal di cuore; c’è una non presenza maschile, un padre assente per morte dell’anima.

C’è un conflitto tra la Morte e il giovane Piero che accusa la Morte di averlo frodato della figura della madre e c’è un pensiero appena accennato… fosse stato il padre ad essersene andato… avremmo letto un’altra storia.

(solo i nomi di Viola e Piero, tracciati sul muretto. Mauro non c’era!):

<<Piero e Viola. Questo c’era scritto.
Mancava Mauro. Mancava il nome di suo padre.>>
(p.37).

La vitalità del padre Mauro risalta solo … <<negli album di famiglia, nel bianco e nero delle fotografie>> (p.39), come in un tempo che attiene più ai morti che ai vivi.

L’assenza in presenza del padre, la sua estraneità a quel figlio,  si foggia da subito.

In quella <<ammonizione e autorità>> dello sguardo fisso su di lui con bocca silente; nell’appellativo interiore di <<ingegnere>> con cui Piero si riferisce al padre; nell’irascibilità dei toni con cui l’<ingegnere> si rivolge a Viola, la madre; nella menzogna paterna di un presunto viaggio di Viola che segna il suo abbandono; nella  mancata ritualità del lutto per la morte di sua moglie.

La distanza si misura nella glacialità della postura paterna in presenza del figlio. Il padre, un muro, e lui, Piero e Viola complici di contro a quel muro che avrebbe potuto essere abbattuto se la madre non fosse morta.

Solitudini raschianti, del figlio e del padre,  condite da sensi di colpa e risentimento per un doppio tradimento: quello di un padre estraneo e di una madre in viaggio definitivo, per Piero; quello di una moglie e di un figlio diversi da come li avrebbe voluti, per Mauro Righieri.

Un peso che sconvolgerebbe la vita di un adulto, e Piero ha solo nove anni. E un compleanno con un regalo mai scartocciato, che rimane in veglia di una donna che <<magari aveva bisogno di riposare>>.

Uno sguardo deluso e freddo verso il suo destino di successo messo a repentaglio dai “domiciliari”, questo è Mauro Righieri, infastidito da sua moglie che “nullifica”, pur avendocela di fronte e senza speranze per un figlio senza spina dorsale.

È una famiglia borghese dei nostri tempi, in cui i non detti, i piccoli rancori, le piccole crisi, si affastellano senza dare scampo alle anime che, ferite e sprovviste di amore reciproco, deflagrano sotto il peso dei calcinacci della vita.

Mauro Righieri entra nella vita con sicurezza… <<soprattutto riuscì a inserirsi con scaltrezza negli ambienti socialmente più influenti, dove affinò tecniche di seduzione e persuasione>> (p.39).

Il borghese ingegnere Mauro Righieri…<<vedeva quei duecento chilometri quadrati di verde, recintati dal mare, come una vera miniera d’oro per le proprie tasche>> (p.40).

Il pensiero borghese di Mauro Righieri vede le cose e le persone come fossero proprie appendici. Pertanto mette in piedi un progetto di ampio respiro per l’isola di Isonta:

<<ampliare l’allora piccolo centro di accoglienza nella parte ovest di Isonta. Quel posto avrebbe contenuto migliaia di persone, che altrimenti avrebbero girato a piede libero per le strade e nelle campagne. In tal modo sarebbe stato rispettato il patto più importante con gli isolani: la lotta ai clandestini>> (p.41).

E poi il progetto comprende due facoltà per i giovani isolani, e qui sembra che nella munificenza degli ideatori del progetto ci sia in nuce il bene delle generazioni future…

<<Ma insieme allo studio bisogna avvicinare e trattenere la manovalanza futura sull’isola e dunque, i ragazzi andavano sedotti con lo svago, il divertimento, quindi bar e discoteche nacquero come funghi>> (p.41).

E come entra in gioco Viola?

<<Una persona in particolare, coordinatrice della casa di riposo, fu ben disposta da subito nei suoi confronti, gentile di una gentilezza scevra da condanna o ammirazione; sembrava riuscisse a guardargli nell’anima, il suo lato più puro, e a comunicare con quella. Era Viola>> (p.43).

Attraverso, dunque, la seduzione che le è connaturata. Lei, Viola, è <<il profilo perfetto di (una) donna aperta alla vita e alle sue meraviglie>> (p.44).

<<L’ingegnere ne fu rapito, o meglio ne aveva bisogno in quel momento e, quando l’interesse personale diventava esigenza, lui non badava certo alle conseguenze>> (p.43).

Sarebbe bastato poco per leggere un’altra storia? Il destino è un “Es muss sein!”, un “Deve essere!”,  inesorabile?

Sarebbe bastato poco…

… E se Piero… non abitasse in quella sorta di isola-carcere-rifugio senza consolazione per altrettante anime provenienti dal mare, chiuse dentro dal buio dei sentimenti della cricca?

… E se Mauro Righieri… non avesse fatto parte della cricca dei suoi sodali, impegnata la loro anima ad assecondare un piano di rinascita morale e sociale dell’isola, Isonta?

… E se i suoi concittadini… abbindolati dalle luci e dai rumori di una futuribile modernità, perché così l’avevano mascherato e così contrabbandavano il progetto di cementificazione isolana, avessero schiuso gli occhi?

… E se Viola… avesse portato via il figlio Piero dall’isola-prigione, salvandogli la vita da subito?

Ma di buone intenzioni è lastricato l’inferno. E qui l’inferno è senza buone intenzioni.

Mauro Righieri è qui ad…<< inseguire il progetto di edificazione e modernizzazione della sua isola, già avviato dal padre con una ristretta cerchia di amici, perlopiù  politici e piccoli imprenditori.
Agli abitanti di Isonta buttavano fumo negli occhi…costruire era l’unica soluzione per evitare a clandestini e rifugiati di accamparsi nelle numerose pianure incolte>>
.

C’è una espiazione della colpa come in ogni storia che si racconta?

Sì, nella musicalità della risacca del mare, che trasmigra nell’audio della colonna sonora che accompagna il romanzo, nei paesaggi che torniscono i movimenti dei protagonisti, nella presenza di ombre disattese (nell’accezione propria di “cose non considerate”), ravvisate dietro una finestra del palazzo Timi, disabitato.

E infine nel cambiamento di prospettiva in cui incappa Piero.

Prima, la “normalità del mare”, in cui <<alcune coppie si abbracciavano sulle panchine di fronte ad esso>>.

Dopo, Piero lo

<<guarda(va) davanti a sé, (il mare) >> e viene colto da una <<reazione di profondo disgusto: quell’enorme massa d’acqua perse d’un tratto il suo tono romantico e gli apparve improvvisamente ostile>>.

Con una solitudine mista ad un’inspiegabile malinconia.

<<Si voltò verso il mare per l’ultima volta e improvvisamente il suo volto diventò serio, adulto>>.

Donato Cutolo

Amazon: Occhi chiusi spalle al mare.

Edizione Spartaco, 2017

Collana: Dissensi

Pagine:143

Colonna sonora di Rita Marcotulli. Voce di Sergio Rubini

 Prezzo: 13.00  €

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