“Otello” di Andrea Baracco al Teatro Quirino: la recensione

OTELLO ph. Gianluca Pantaleo-min
L’Otello di Andrea Baracco, con la drammaturgia di Letizia Russo, prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria, è in scena fino all’11 febbraio al Teatro Quirino.
L’indagine sull’essere umano e le sue contraddizioni è introdotta da un prologo, un fuori scena. Il protagonista è Iago, interpretato da Federica Fracassi, che seduta redarguisce il pubblico: “questa storia ci riguarda”.
La sete di conoscenza, un desiderio arcano presente in ogni essere umano, un meraviglioso viaggio tra le tenebre dell’inferno che si annida nelle menti passionali.

La scena appare come una sorta di campiello, ombre luci, pieni vuoti, la geometria di palazzi veneziani che ricordano gli scenari metafisici di De Chirico. L’apparente calma di un non luogo è interrotta dall’irruenza di Iago (Federica Fracassi) e Roderigo (Valentina Acca) che con un guizzo entrano in scena per svegliare rumorosamente Barbanzio (Francesca Francomeni). È solo l’inizio della reinterpretazione dell’immortale classico di Shakespeare con l’annuncio del matrimonio tra Desdemona (Cristiana Tamparulo) e Otello (Ilaria Genatiempo): il Moro qui è una ragazza alta e muscolosa in canotta.
La donna è scelta per essere protagonista, carnefice e vittima, nel gioco dei ruoli di un cast completamente al femminile:“solo delle donne, oggi, possono restituire la profondità, l’umanità, la terribile bellezza dei temi che abitano i personaggi, e che non sono maschili o femminili, ma tragicamente umani” (Andrea Baracco). Se questa decisione può, a primo impatto, creare una certa rottura degli equilibri, dopo poco la visione non distingue più il genere e la trama scorre come ci si aspetta.
C’è una guerra e da Venezia l’esercito si dirige verso Cipro, tutto accade tra incontri, eccessivi festeggiamenti, risse e gelosie. “È strana la verità perché fiorisce sempre dal falso” inneggia Iago, archetipo della gelosia, che escogita un piano ad hoc per convincere Otello che la moglie ami Cassio (Flaminia Cuzzoli).
Qual è l’arma più potente? Antidoto e veleno? La parola, fondatrice di calunnia.
Una vera e propria personificazione di un mezzo che se da un lato può salvare in questo dramma uccide.
Tra le apparizioni alle finestre, il calare di porte, i movimenti danzanti e le macabre uccisioni, si canta, si balla, si ama, si uccide e ci si libera dei costumi d’epoca, nella meravigliosa interpretazione del Joker (Viola Marinetti) che, tra salti e plié, si toglie i vestiti in una danza trascendentale, sorprendendo il pubblico in sala.
