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“Ötzi e il mistero del tempo” di Gabriele Pignotta su RaiPlay dal 25 giugno: recensione del film.

Miriam Bocchino 23 Luglio 2020
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Il 19 settembre del 1991 sulle Alpi Venuste è stata rinvenuta, dai coniugi tedeschi Erika e Helmut Simon di Norimberga,  la “Mummia del Similaun”, anche nota come Ötzi. Attualmente conservata al Museo Archeologico di Bolzano si presenta come il corpo di un essere umano di sesso maschile risalente a un’epoca compresa tra il 3300 e il 3100 a.C. La mummia si è conservata grazie alle particolari condizioni climatiche presenti all’interno del ghiacciaio. Una delle sue peculiarità consiste nella presenza di tatuaggi, ben 61, che collocano Ötzi come il primo uomo tatuato di cui si ha conoscenza.

Da questi dati certi trae origine il lungometraggio di Gabriele Pignotta “Ötzi e il mistero del tempo”; una produzione One More Pictures con Rai Cinema premiata al Giffoni Film Festival nel 2018 nella sezione Elements +6.

Il film, il cui cast è composto da Michael Smiley, Alessandra Mastronardi, Vinicio Marchioni, Diego Delpiano, Amelia Bradley, Judah Cousin, Deirdre Mullins, è disponibile dal 25 giugno su RaiPlay.

L’opera che si rivolge ad un pubblico di giovanissimi corre, fin da subito, il rischio di divenire non stimolante per un pubblico di adulti.

La storia incomincia con un piccolo prologo: il racconto “fantastico” della vita di Ötzi, definito, nel film, uno sciamano in grado di dominare il tempo. Per 5 mila anni Ötzi ha protetto la caverna del tempo finché, ferito a morte, è riuscito a salvarsi e il suo corpo, rinvenuto, è stato trasferito all’interno del museo, dove continua ad attrarre visitatori da tutto il mondo.

Kip (Diego Delpiano) è il giovane protagonista della storia: un bambino da sempre affascinato dalla figura dello sciamano, anche grazie alla madre, antropologa, che lo ha cresciuto con la convinzione che la magia esista nel mondo, contrapponendosi in questo al pensiero del padre (Vinicio Marchioni).

La vicenda, dopo il prologo iniziale, ci presenta tre bambini, lo stesso Kip, Elmer (Judah Cousin) e Anna (Amelia Bradley) (gli ultimi due fratelli) che giocano felici sui monti dell’Alto Adige.

La fotografia, in questo caso, è assolutamente aiutata dalla bellezza naturale dei luoghi.

I tre amici trascorrono l’estate in totale spensieratezza, tra giochi e racconti, mentre un altro luogo, in Marocco, una “moderna strega cattiva”, Gelica (Alessandra Mastronardi), cerca la “sua mummia” per fermare l’avanzare del tempo.

Tre mesi dopo, tuttavia, la spensieratezza ha lasciato il posto alla sofferenza e alla verità dell’esistenza: la madre di Kip è morta, il padre si accinge con il figlio a lasciare i monti e il ragazzino sperimenta la sofferenza cercando la soluzione al suo dolore.

La magia sopraggiunge a cambiare la vita dei tre bambini in maniera inaspettata: Ötzi (Michael Smiley) si risveglia comunicando attraverso suoni incomprensibili ed “evidenze” la sua presenza e ridiventando “corpo”.

I tatuaggi di Ötzi si trasferiscono, anche, sul corpo di Kip, rivelandogli una verità: la magia esiste nel mondo.

Ma ogni storia di magia e fantasia presuppone la presenza di un “cattivo”; in questo caso rappresentato da Gelica che comprenderà come solo Ötzi può fermare l’incantesimo che l’ha colpita, fermando il tempo che per lei scorre troppo velocemente.

Il film purtroppo, nonostante segui tutti i dettami di una “moderna fiaba” (forse questo è già un suo limite), non convince a causa di una serie di elementi:  la recitazione troppo artefatta di tutti gli attori, la poca credibilità nel ruolo della “cattiva” di Alessandra Mastroianni (solo alla fine si comprenderà il perché di molti suoi comportamenti ma non susciterà alcun sobbalzo la rivelazione) e la storia che, pur se di fantasia, non possiede la capacità di sorprendere e di conquistare lo spettatore, il quale ha sempre bisogno, vedendo un film, di credere alla narrazione, al di là della ragionevolezza e del senso di realtà.

È un’opera gradevole solo per uno spettatore giovane, grazie al suo significato intrinseco, in quanto racconta come il senso di comunità e di amicizia possano da soli provocare grandi cambiamenti e come la paura non debba mai frenare il coraggio e la convinzione di “farcela”.

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