Pietro Falco: “la musica è veleno e cura, un richiamo da sempre” – INTERVISTA

Pietro Falco - Foto: Carlo D'angiolella

Pietro Falco - Foto: Carlo D'angiolella

Un profondo amore per la musica, un animo intenso, un profondo rispetto per la melodia e la ‘Parola’: dall’intervista a Pietro Falco, cantautore, chitarrista e polistrumentista, emergono chiaramente queste sue caratteristiche distintive. 

Pietro Falco si avvicina alla musica da bambino, iniziando a suonare all’età di due anni grazie a un pianoforte a coda in casa. Nel 1999, ispirato dal video di Scar Tissue dei Red Hot Chili Peppers, sceglie la chitarra e approfondisce diversi generi musicali, tra cui rock, funk e blues. Spinto da una forte curiosità artistica, impara batteria, basso e synth, fino ad autoprodurre la propria musica.

Nel 2014 pubblica il suo album d’esordio e, l’anno successivo, si classifica secondo al Festival di Castrocaro. Il progetto si evolve in un duo rock con tour a Londra, prima di focalizzarsi sulla produzione e sull’attività di turnista. Nel 2022 torna solista, pubblicando quattro singoli che fondono funky, blues e rock con strutture pop. Le sue influenze spaziano da George Clinton e i Funkadelic a Tash Sultana, Childish Gambino e Chet Faker. Il suo obiettivo è unire il pop al groove del funk e del blues.

Dal 7 marzo disponibile “Pagliacci”, l’ultimo brano di Pietro Falco. Un singolo  che scava nel disagio di una generazione intrappolata tra insicurezze, precarietà e relazioni complicate. Con una scrittura intensa e diretta, l’artista porta alla luce un tema universale: il bisogno di connessione in un’epoca in cui è sempre più difficile lasciarsi andare. Un singolo che parla a tutti coloro che, tra sogni, paure e contraddizioni, continuano a cercare un senso dentro il caos.

Intervista a Pietro Falco a cura di Miriam Bocchino

  • Buongiorno Pietro, ti ringrazio per questa intervista. Dal 7 marzo è disponibile “Pagliacci”: come nasce il testo e il sound?

Grazie a te. È un pezzo che riassume tutto quello che sarà il disco. Dal punto di vista musicale risente di tutta la mia passione per la black music, quindi blues, funk, jazz, tutto quel mondo lì reso pop. Dal punto di vista del testo è figlio di un periodo storico che per me parte da lontano, dal dopo pandemia, in cui sono cambiate tantissime cose, tra cui i rapporti umani. “Pagliacci” riflette un po’ su questo, sul fatto che siamo sempre più distanti e che andiamo a complicare le relazioni per cercare attenzione. C’è questo bisogno di connessione pur essendo estremamente connessi.

  • Pensi che rispetto al passato la tecnologia abbia inciso molto su questo?

Questo è un argomento abbastanza spigoloso. Prima di “Pagliacci” è uscito un mio brano sull’intelligenza artificiale in cui affrontavo specificatamente questo argomento. Non sono contro la tecnologia, anzi in studio ne uso tantissima, ci dà la possibilità di essere connessi, ma il problema è l’abuso. Quando la tecnologia prende il sopravvento cosa resta di umano? Anche artisticamente intendo. Io, ad esempio, lavoro con molti giovani che arrivano e mi dicono ‘guarda ho scritto una canzone’, io rispondo ‘ok, fammi sentire, dammi una base, dammi il provino’ e loro ‘vai su YouTube, prendi la base, prendi il beat’ e io chiedo ‘e il testo?’ e loro ‘il testo l’ho scritto con ChatGPT’. Io ci rimango male perché mi domando ‘e tu dove sei? tu chi sei?’. Il rischio è che vada ad annichilirsi la parte umana.

Ph: Carlo D'angiolella
Ph: Carlo D’angiolella
  • “Pagliacci” tratta anche la tematica dell’autosabotaggio. Spesso lo si fa per paura di rischiare e fallire: a te è mai accaduto?

Secondo me questa cosa è figlia della cosiddetta ansia sociale, che è un altro aspetto su cui rifletto tanto sia in “Disagio”, il mio pezzo precedente, sia in tutto il disco. Ad esempio: sei a casa col telefono e vedi tantissime persone che si laureano, fanno una super vacanza, sono sempre in giro. Tu magari vivi un periodo in cui invece non stai benissimo: impazzisci no? Pensi di non essere all’altezza, di essere fuoristrada, di non essere in tempo con la vita, dimenticando che ognuno ha il proprio percorso, che la vita è molto episodica, è figlia di cose che ti succedono personali. Questo ti crea insicurezza che si riversa nei rapporti sociali, nelle scelte. Io l’ho provata per un periodo.

L’ho provata quando mi sono allontanato dalla musica perché sentivo la pressione di dovermi per forza omologare, non tanto dalla mia famiglia ma dalla società. A un certo punto, tuttavia, ho avuto la forza di fare quello che volevo, quello per cui sento di essere nato.

  • Nel brano canti “abbiamo messo catenacci ad ogni briciolo di empatia”. È una frase con una connotazione negativa ma io ci ho letto anche qualcosa di positivo in quanto mettere una catena a qualcosa indica che quel qualcosa esiste…

Spunto interessante, non ci avevo pensato.

  • Infatti ti volevo chiedere: la tua visione è totalmente negativa o a livello personale hai fatto esperienza di empatia e sensibilità?

Nel quotidiano non la riscontro. Non la riscontro perché la gente va sempre di fretta, pensa alle cose sue, non ha tempo, non ha voglia di aprirsi o di capirti, di immedesimarsi. Non la riscontro però esiste. Nel momento in cui incontri la persona giusta, l’amico vero, c’è. È uno di quegli aspetti umani che esiste ma che viene annichilito dalla vita di tutti i giorni. Io soffro per questa cosa perché secondo me le persone hanno tanto bisogno di essere ascoltati.

Abbiamo messo catenacci ad una cosa che già c’è: questa cosa è molto interessante, non ci avevo pensato. Per me, quando l’ho scritta, era per dire ‘ok l’abbiamo bloccata’…

Ph: Carlo D'angiolella
Ph: Carlo D’angiolella
  • La musica è po’ la cura a tutto da sempre…

È stata un richiamo, da quando sono piccolo non mi sono mai interessato ad altro. In passato ho definito la musica, in una canzone, “veleno e cura”, perché come tutti i grandi amori può farti stare bene e male, ti fa una carezza e ti dà una pugnalata. Attraverso una canzone ti esponi tanto, quindi sei molto vulnerabile, e quando le cose non vanno bene la odi – io sono stato malissimo – ma d’altra parte non puoi farne a meno perché quando vivi determinati stati d’animo ciò che ti cura è la musica.

Dico sempre che noi artisti siamo un po’ come le piante che nascono storte. Se provi –  perché ci ho provato – a mettere un legnetto per raddrizzarle crescono dritte finché dura il legnetto, poi una volta finito tornano di nuovo storte. Noi artisti abbiamo questa inclinazione naturale alla ‘stortezza’.  

  • Qual è il tuo primo ricordo legato alla musica?

Questo è un ricordo che è stato indotto dalla mia famiglia: si dice che quando avessi due anni ero già al pianoforte a riprodurre le melodie col ditino.

Personalmente ricordo due cose in particolare: la morte di Lucio Battisti e il video di “Scar Tissue” di Red Hot Chili Peppers. Ti ricordi il video? Loro sono in macchina e c’è Frusciante che fa l’assolo al tramonto con questa chitarra tutta rotta. Un pezzo bellissimo che parla di rinascita: io quando ho visto questa immagine ho detto ‘ok io voglio fare quello’.

  • Hai avuto anche un’esperienza a Londra, giusto?

Sì, è durata poco, è stata bella e mi ha fatto capire prima di tutto che sono molto italiano. Io ho bisogno del baretto, degli amici, della chiacchiera… Londra, per quanto bellissima come città e per quanto viva artisticamente come l’Italia non sarà mai, è una città di 8 milioni e mezzo di persone, quindi alienante: ho sentito l’esigenza di tornare al baretto.

Ph: Carlo D'angiolella
Pietro Falco – Ph: Carlo D’angiolella
  • Hai sperimentato nella vita generi musicali molto differenti: hai una predilezione?

Una volta un mio amico chitarrista, a cui voglio molto bene, mi ha detto ‘per capire che cosa ami veramente quando suoni bastano 10 secondi’. Io dico e dirò sempre che sono un chitarrista blues che ascolta cantautori italiani ma che se, quotidianamente, non si ‘spara’ la sua dose di blues non sta bene.

Il blues è un genere magico per come nasce, per come si è sviluppato, per il suo fascino mistico. Lo senti dentro. Si dice a livello musicale ‘il blues è facile da suonare (che poi non è vero) ma difficile da sentire’.

  • Progetti futuri?

C’è il disco, i live e ho già iniziato a scrivere l’album successivo.

Pietro Falco

https://www.instagram.com/pietro_falco_mma/

Ph: Carlo D'angiolella
Pietro Falco – Ph: Carlo D’angiolella

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