Pietro Falco – “la musica: il mio angolino di felicità in cui innamorarmi della vita” – INTERVISTA

Pietro Falco @Carlo D'angiolella

Pietro Falco @Carlo D'angiolella

A  distanza da un mese dalla prima intervista fatta in occasione dell’uscita di “Pagliacci” ci troviamo nuovamente con Pietro Falco per parlare del suo nuovo EP, pubblicato il 9 maggio, dal titolo “Funk You”.

Un EP che nasce da una necessità emotiva, dal desiderio di comunicare, di manifestare la propria libertà musicale e di espressione, come artista e come uomo. Un invito a rallentare, a riflettere, a vivere senza fretta.  

Intervista a Pietro Falco a cura di Miriam  Bocchino.

  • Buongiorno Pietro, prima di cominciare il nostro viaggio nell’EP, ti chiedo i nomi di coloro che ti hanno accompagnato in questa avventura.

Buongiorno a te. Per quanto riguarda il lavoro in studio ho fatto quasi tutto io. Ho chiamato Matteo Morini a suonare la batteria e che sarà con me nei prossimi live, Daniele Filoso che è un musicista che conosco da vent’anni e che ora suona in Francia, Martina Aloisio per i cori, al mix & master Lorenzo Celata e Alessio Torregiani.

  • Primo brano dell’EP è “Disagio”.

Se dovessi riassumere tutto il disco con un pezzo sceglierei “Disagio”, sia per il testo che per la musica. È il brano che ha dato inizio a tutto il progetto “Funk You”. È il primo testo che ho scritto in Sicilia, in una mattina di sole. Mi ero svegliato arrabbiato perché leggevo costantemente notizie e commenti di odio sui social. Mi sono chiesto: ‘che cosa c’è alla base di tutto questo’? La risposta è stata che siamo costantemente condizionati dalla vita degli altri, facciamo paragoni anche involontariamente, e questo ci porta a vivere male, dimenticando che alla fine ognuno ha i suoi tempi.

Pietro Falco @Carlo D’angiolella
  • Nel brano canti “E dimmi come fai a stare acceso quando tutto è spento, e dimmi come mai ti senti zero pure se vai a cento”. Come fai a non lasciarti sopraffare dagli eventi, dalle ambizioni e dalle aspettative, non solo della società ma anche e soprattutto tue?

La vita è una sinusoide, quindi rimanere in equilibrio è sempre difficile. Come diceva Vasco ‘è tutto un equilibrio sopra la follia’.

Come faccio? Coltivo il mio angolino di felicità. So di avere quelle due o tre cose che nei momenti di crisi mi fanno stare bene. Mi rifugio nella musica, nei film che mi piacciono, nella scrittura, nella cucina.

  • L’EP prosegue con “Pagliacci” di cui abbiamo parlato nella precedente intervista. Perché hai scelto il brano come singolo di lancio?

È iniziato tutto con “Disagio”, che è stato in effetti il primo singolo, “Pagliacci” è stato l’ultimo, ma il primo che ha accompagnato il disco.

Ho scelto “Pagliacci” perché mi sembra una canzone corale, descrive uno stato d’animo che riguarda un po’ tutti, o almeno che ravviso negli altri tantissime volte, che sia dal bisogno di sbronzarsi a quello di abbracciarsi o di complicare ogni cosa. Mi sono detto ‘qui ci vuole qualcosa che dica siamo noi’.

  • Proseguiamo con AI.

Anche questo testo è nato principalmente in Sicilia.

Oggi ricorriamo alla tecnologia per qualsiasi cosa, anche solo per scrivere un biglietto d’auguri o scegliere un regalo, ed è orrendo. Un regalo ha valore per il tempo che si impiega a sceglierlo e ad acquistarlo. Se togli questo, che cosa resta? Zero creatività, zero fantasia, zero empatia, zero emozione. Inoltre, lavoro spesso in studio con i ragazzi e capita che arrivino con la base presa da internet e il testo creato con ChatGPT. Mi sono detto: ‘devo scriverci un pezzo’, perché la tecnologia va bene ma è necessario restare umani.

Pietro Falco @Carlo D'angiolella
Pietro Falco @Carlo D’angiolella
  • Nel testo canti “Guardi la vita com’è, sì ma degli altri, che hai paura di te che hai buttato nel cesso ogni sogno inespresso”. Mi ha colpito la forma “sogno inespresso”: tu hai ancora dei sogni inespressi dentro di te?

Sì, nel momento in cui mi mancheranno potrò anche smettere di vivere. È quello che ti dà la fiamma e quando negli altri non la vedo vuol dire che c’è un problema. Raccogliamo, anche io in determinati periodi della mia vita, molta frustrazione che dipende dal non riuscire a fare quello che si vorrebbe. E allora come reagisci? Ti concentri sulla vita degli altri e spari a zero.

“Sogno inespresso” perché non lo dici, hai paura del giudizio degli altri e di quello che possano dire o pensare di te.

  • Proseguiamo con Valeriana.

“Valeriana” è forse la canzone che di pancia prende un po’ tutti, insieme ad un’altra di cui poi parleremo (Gente per bere).

  • “Pensare solamente a cose intelligenti ma se ragiono troppo smetto di capire”. Quale senso dai alla frase “se ragiono troppo smetto di capire”.

‘Se ragiono troppo smetto di capire’ perché più si mette a fuoco il perché delle cose più non c’è il perché. Se ragiono troppo smetto di comprendere, di essere leggero nel giudizio superficiale. Allora a volte è meglio non pensare troppo alle cose che succedono perché emergono aspetti che ti fanno smettere di essere comprensivo.

  • Proseguiamo con Louise.

“Louise” nasce pensando alla religione cattolica. Da bambino, a otto, dieci anni, ti portano a messa e ascolti il prete parlare di peccato, colpa e dolore. Io mi chiedevo: ma che ho fatto? Ho detto qualche bugia? Ho fatto arrabbiare mia mamma? Non ho studiato? E soffrivo molto questa idea. Di contro, quando sono diventato grande, ho scoperto la musica funk, il blues, il gospel, che viene suonato in chiesa, c’è molta gioia, esci da lì che sei felice. Questo cantare insieme, sorridere, riferirsi a Dio in questo modo, secondo me fa stare bene. Tutta la canzone parte da lì.

Pietro Falco @Carlo D'angiolella
Pietro Falco @Carlo D’angiolella
  • Continuiamo con “L’effetto che mi fai”.

Forse è la mia preferito del disco, sia per la musica, perché mette insieme tutto quello che mi piace, i fiati, il groove, il piano suonato alla Stevie Wonder, l’assolo di chitarra, sia per il testo.

Sai quando ti parlavo prima dell’angolino della felicità? A volte una persona cerca cose fuori e invece ce l’ha dentro casa. “L’effetto che mi fai” l’ho scritta in un pomeriggio in cui mi sono reso conto di questa cosa. Inizia proprio dicendo ‘ma che mondo di merda, le persone, l’invidia, la guerra, guardo dalla finestra e non mi addormento più’. Quando guardo fuori vedo tutto nero, quindi mi rifugio in quelle cose che ho in casa e che mi fanno stare bene.

  • Non prendermi per folle. Il singolo immagino che sia stato scritto per una persona altra rispetto a te ma, leggendo il testo, non credi che potrebbe essere anche cantata e dedicata a se stessi? Anche la frase “E ti guardo attraverso lo specchio quando sono depresso, distrutto mi salvi di brutto… È l’effetto che mi fai perché vivi sempre e solo come vuoi e non è facile lasciarti qua e t’infili lentamente tra i pensieri e in ogni stato d’animo”. A volte anche da soli ci si salva.

È bello che ci siano chiavi di lettura diverse, però, ecco, non avrei la pretesa di potermi salvare da solo. Tutti hanno bisogno di qualcuno. Sono stato un amante della solitudine per quattro anni della mia vita ma ho capito che non va bene.  

  • Proseguiamo con “Mostri”.

Ci tengo particolarmente a questo brano. Quando sei bambino pensi sempre che i mostri siano le creature cattive sotto al letto, poi cresci e i mostri si trasformano e diventano depressione, ansia, paura, ipocondria, tutte cose che ti mangiano all’interno e ti fanno smettere di esistere. Questa canzone è stata scritta per alcuni momenti che ho vissuto io o persone intorno a me. Io credo che questi mostri siano la peggiore malattia che possa esistere, soprattutto perché chi ti sta intorno molto spesso non capisce. È orribile.

  • Nel brano parli nuovamente di ansia. È uno stato costante con cui convivi?

Attualmente no, più che di ansia soffro di ipocondria. Per un certo periodo sono stato molto ansioso, perché c’erano aspetti nella mia vita che non mi andavano bene ma che mi obbligavo ad accettare. Poi ci sono stati degli eventi dolorosi, tra cui la perdita di mio padre, e ho capito che non ha senso vivere così. Ho imparato a innamorarmi della vita, ad assaporarla sempre, anche quando le cose non vanno. Ho trovato dei metodi per stare bene.

  • Proseguiamo con “Gente per bere”, attualmente la più ascoltata dell’EP.

Forse è la più ironica del disco insieme a “Il caso”. Un pomeriggio mi sono messo a ‘scrollare’ sul cellulare i contatti di tutti gli amici che non sentivo da un po’, con cui prima stavo sempre insieme e che per forza di cose non vedevo o sentivo da tempo.

C’è stata una fase della mia vita in cui mi sono ritrovato da solo, con la voglia di ‘sbragarmi’. E quindi sai che facevo? Mi sedevo al bancone dei locali. Il bancone è un posto magico perché cominci a parlare col barista e poi ti ritrovi a fare amicizia con tante persone. Ho ascoltato un ‘botto’ di storie che mi hanno portato a scrivere questo pezzo.

  • “Vado a fondo forse ne ho bisogno per sentirmi vivo dentro a questo limbo. Muoio all’alba resuscito al tramonto per sentirmi vivo dentro a questo limbo”. Questa necessità di toccare il fondo, di commettere errori, in un certo senso anche di non vivere di rimpianti, è viva in te?

Tantissima. La canzone è strettamente collegata al concetto di “Pagliacci”, ovvero il ‘bisogno di ammalarsi per curarsi’. Se tutto diventa piatto trovi sempre il modo per complicare o movimentare le cose. Quando è tutto piatto io sento la necessità di scavare come le formichine per poi trovare un’altra uscita. Purtroppo o per fortuna non sono una persona che si accontenta.

  • Penultimo brano dell’EP è “Il caso”.

Mi piace un sacco questa canzone. A una persona che si creava tanti problemi un giorno ho detto “senti, al massimo muori”. Che intendo? Tutti i problemi non sono così insormontabili rispetto alla scadenza certa. Sembra drastico, però se ognuno di noi la pensasse così sorvoleremmo su tanto. Quindi ‘o ti passa, o ti passa per il ca**’

Abbiamo una scadenza, questa fettina di tempo, perché complicarsela così? Secondo me tutto può essere superato, dipende dall’atteggiamento che si ha verso il problema.

  • Concludiamo con “Funk You”

Nel 2019 ero con un produttore che cercava di farmi somigliare ad altre persone. Io gli mandavo le pre-produzioni e lui mi diceva ‘Falco troppe chitarre, non le usa più nessuno’. Io già incazzato volevo strappare il contratto, però gli amici, quelli di “Gente per bere”, mi dicevano ‘tu così non vai da nessuna parte, devi accettare il compromesso’. Per cui iniziai a tagliare le chitarre,  a cambiare i testi. Dopo due mesi di lotte, le pre-produzioni gli piacciono. E lui mi comincia a dire ‘adesso devi fare il personaggio. Tu ti chiami Falco, quindi tatuaggio del falco, cappellino del falco’, cose assurde. Due notti non ho dormito. Alla fine ero al saggio di mio nipote e lui cominciò a martellarmi di chiamate perché gli avevo scritto un messaggio in cui gli dicevo che non stavo bene. Al telefono lui mi parlava ma io avevo preso già la mia decisione.

“Funk You” mi ha fatto capire che dovevo fare quello che volevo io, la musica è un terno al lotto e l’importante è essere sinceri, il pubblico capisce se lo sei.

  • Prossimi progetti?

Ci sono dei live in programma e in autunno i jazz club. Nel frattempo ho già buona parte del prossimo disco pronto.

Pietro Falco @Carlo D'angiolella
Pietro Falco @Carlo D’angiolella

Pietro Falco

https://www.instagram.com/pietrofalcomusic/

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