Prima gli italiani… con buon senso.

È finita la pacchia. Prima gli italiani.

Quando certi slogan evadono la realtà, la realtà diventa pericolosa.

Tra i tanti articoli di questi ultimi giorni sulle nuove politiche migratorie e sulle preoccupazioni derivanti, mi è capitato di leggere l’articolo di Maso Notarianni, su Il Fatto Quotidiano, circa il suo significato di “pacchia” contrapposto a quello conferito dal neo ministro Salvini alla vita “pacchiosa” dei migranti. Sono passata poi alla lettura delle centinaia di commenti sottostanti, per la maggior parte intenti a difendere il presunto operato del leghista – quando dalla propaganda passerà ai fatti.

Le parole del neo ministro degli Interni su fenomeno migrazione. Ennesimo slogan propagandistico. http://blogitalia.news/2018/06/05/governo-matteo-salvini-categorico

Punto cardine, qui come altrove, è sempre il solito slogan trito e ritrito “Prima gli italiani”. Ciò mi scatena delle riflessioni. Paradossalmente tale enunciato presuppone un precedente pensiero su altro dagli italiani. Non a caso la propaganda politica del segretario della Lega si è basata su questo slogan, dispiegandosi poi esclusivamente su problemi e vicende dei migranti. Ma questa potrebbe essere considerata una sarcastica e filosofica controbattuta.

Se davvero quello che i miei connazionali vogliono è pensare prima agli italiani, bene, pensiamoci. Tra i commenti spunta un “pacchia è passare tutto il giorno a non fare un bip mantenuti dalle tasse di noi italiani”. Simmetricamente il discorso vale per gli italiani che non pagano le tasse e che sono mantenuti dall’onestà di altri italiani. Ma questi soggetti chi li considera più, è storia vecchia ormai, profondamene radicata nella prassi economica, arrivista e corrotta, italiana.

Passiamo poi ad un altro perspicace commento “pacchia è stare seduti all’ombra con il telefonino“. O ancora “capire che guadagni di più a vendere fazzoletti che fare l’operaio o il commerciante regolarmente […] senza cercarsi un vero lavoro“. Ma il lavoro non va prima agli italiani? E non ci sono già giovani italiani a chattare al telefonino sotto gli alberi, disoccupati o volontariamente inattivi? Cosa si richiede loro, dunque, lavorare e “rubare il lavoro”, o lasciare il posto ai cittadini italiani?

Che poi, visto che in questione ci sono gli immigrati irregolari, a ben vedere non potrebbero nemmeno lavorare, poiché in mancanza di permesso di soggiorno e di lavoro e di documenti di identità. Che poi davvero, pensiamo prima agli italiani, a quelli che stanno dietro di loro mettendoli per strada a vendere cianfrusaglie o a spacciare. Pensiamo a questi esemplari di “noi italiani”, che lucrano indignitosamente sopra la vita di queste persone. Quindi il problema quale è, chi cerca una chance di vita migliore in uno stato straniero, o chi fa parte di quello stato e sfrutta e degrada la vita altrui?

Non sto negando il problema dell’immigrazione. E sono consapevole che tra i tanti presunti obiettivi ci sia l’intervento contro chi lucra sul fenomeno migratorio. Spero che a questo proposito siano individuati i giusti responsabili su cui intervenire. Sono semplicemente stufa di leggere commenti di basso spessore, che accollano ogni santo problema italiano allo straniero, che vedono il marcio negli altri e mai in “noi italiani”.

Penso prima agli italiani, a quelli che criticano il “rifocillamento” dei migranti, sottintendendo una totale mancanza di cura e di tutela dei diritti umani, diritti universalmente validi – umani, appunto. Penso agli italiani che sventolano come un mantra la bandiera de “Basta immigrati negli hotel a quattro stelle e con il wifi“. Una frase che provoca lacrime e risate.

O ancora “Prima i terremotati e poi gli immigrati“. Come se l’aiuto a connazionali in difficoltà potesse davvero essere messo in secondo piano. Forse semplicemente non fa notizia come i migranti.  Torniamo così al punto uno della mia critica, che per pensare prima agli italiani si finisce per parlare esclusivamente dei tanto famigerati loro. Un’ etichetta che racchiude varie nazionalità, dimostrandosi un termine fortemente spersonalizzante, singolarmente usato da chi tiene così tanto alla personalizzazione e all’ appartenenza nazionale.

Penso che sia fortemente irrisorio e altamente pericoloso l’uso di certi slogan e la conseguente strumentalizzazione di tutta questa ignoranza che deriva dalla saggia manipolazione dell’intelligenze dei piani alti. Perché se anche istituzionalmente non verranno portati a termine tutti gli obiettivi sperati dal nuovo vice-premier, il pericolo imminente è che la massa, gasata e giostrata dalle parole di un esponente politico, metta in atto ciò che ritiene gli sia chiesto. E, purtroppo, tali conseguenze non stanno tardando a farsi notare.

link per articolo di Maso Notarianni: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/04/migranti-caro-salvini-pacchia-e-andare-in-barca-non-essere-costretto-al-barcone/4401499/

Rachele Signorini

Iscriviti alla newsletter settimanale per rimanere aggiornato su tutti i nostri articoli!