Racconti di poesia

Stancamente in metropolitana Socrate controllava l’orologio dei tempi, testimoni degli spazi: Aristotele e Platone si erano dati appuntamento, proprio lì sul ponte che dal Tevere, visuale Castel sant’Angelo, prolungava la prospettiva della filosofia del ritorno al cuore e della bella andata verso mete toscane.

Dante coordinava i lavori letterari nella bottega di San Frediano, e pur rincontestualizzandosi nell’epoca dei pianeti e delle stelle della modernità, snobbava apparecchi cellulari e tavolette luminose perché- diceva- la carta ha le ali per volare sull’inchiostro, e per tornarci, quanto prima. La filosofia inneggiò alla vita in un momento ed un istante preciso nel quale la poesia era in crisi, e l’esistenza corteggiava i versi.

Ed il laboratorio intellettuale targato Italia procedeva nel ventre dell’Europa che troppo presa da banconote, istituti di credito e conti, trascurava i veri valori che dall’arte delle chiese, dei musei e dei paesaggi sventolavano il vessillo tricolore.

Ed il tempo viaggiava in un ritorno al passato ed in un arrivo al futuro, mentre il presente fumava appoggiato alla ringhiera dei secoli; e l’orologio non aveva più funzioni, ecco perché Socrate pensava di essere in ritardo ma i suoi seguaci lo aspettarono lo stesso fra gli scrittoi ed i leggii di notti insonni e di idee mai completate del tutto.

 

Sguardi e sorrisi volano fra gli schermi, ed addirittura la tecnologia ti impone la faccetta che devi fare e che cancella tutte quelle frasi che potevi elaborare partendo da un’emozione ed arrivando dritto al cuore… e mentre il gabbiano planava su Roma disegnando traiettorie di velocità ispirate alla poesia ed ad un dolce stilnovo proveniente dal passato, il ragazzo poeta dell’era 2.0, girava con il suo blocchetto sul quale vergare la sua solitudine, perché là intorno tutti erano interconnessi, e un uomo ed una donna ignari, chattavano, mentre erano presenti sullo stesso vagone della metropolitana. Lui appoggiato ad una porta, lei seduta fra le sue insicurezze e le passioni tarpate; e non si accorsero che bastava un sorriso, un guardare al di là delle pupille, un fugace ritmo di intenzioni corrisposte attraverso due occhi binocoli della mente. E l’incontro non ci fu; ma loro continuarono a scriversi, anzi a cliccare pallini gialli con due puntini ed una curva sorridente, e presto si dimenticarono perfino dei loro sms, ed una storia si disperse fra aggeggi liquidi.

Il poeta moderno non ci stava e fantasticava sulle vite gobbe sui computerini portatili; e comprese che quel movimento di dita e di mani era soltanto un bisogno di amore, di comunità ed amicizia. Ed iniziò a distribuire blocchetti per eternare un emozione su panorami di carta.

 

Eleonora partì per Firenze: e Dante rimase ad ascoltare un’onda fluttuante lungo il Tevere inneggiare un’armonia, invitare al silenzio, protendersi verso un retropensiero che era già inevitabilmente desiderio di passato ed obiettivo futuro.

Dante camminava in lungo e largo per la città, visitando chiese, componendo racconti, prenotando gite al museo e ingannando una malinconia per un ritorno che non sarebbe avvenuto: ma sentiva una missione, avvertiva un progetto che cresceva nella sua parte più interna ed interiore ed accettò la narrazione del destino, l’agenda della vita e la volontà del suo amato Dio.

Intanto Eleonora, giunta alla stazione, aprì con fare repentino una valigia, uscirono oggetti, vestiti e materiali, ma i sentimenti si confusero con la carriera, ed improvvisamente divennero evanescenti. C’era tutto, ma qualcosa mancava: -cosa mi sono persa- si chiese…ma le sensazioni si sciolsero in un antico profumo proveniente dalle botteghe di San Frediano. E fu li di fronte ad un aperitivo con un’amica, che un brivido inaspettato la travolse. Rimase impalata, e la fine di una storia mai iniziata si tramutò in letteratura, e i suoi interrogativi in poesia. Mentre Dante manovrava pensieri infiniti appoggiato ad un ponte.

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