Reddito di cittadinanza e quota 100: due riforme per due Italie che convivono

Tito Boeri: quota 100 più richiesto al nord mentre per il reddito di cittadinanza è boom al sud

Che l’Italia sia un Paese spaccato, che corre a due velocità diverse, lo sappiamo tutti. Sappiamo anche ci sono problemi diversi da affrontare in modi diversi e che, queste diversità, si sono riversate sulle elezioni. Quello che invece accomuna da nord a sud gli italiani è stato il desiderio di ottenere, con il voto del 4 marzo, la realizzazione di manovre generose in risposta ad una situazione di crisi economica e sociale.

Questo governo vede una continua contrapposizione delle due forze politiche che hanno saputo collezionare il maggior numero di consensi grazie alla promessa di due importanti cambiamenti sociali: reddito di cittadinanza e superamento della legge Fornero. Due cavalli di battaglia che guardano a due elettorati molto diversi, uno concentrato nel nord Italia e uno concentrato nel sud.

Che l’Italia avesse bisogno di misure a sostegno del reddito si sapeva già, così come si sapeva che il reddito di inclusione istituito dal precedente governo non avesse risorse sufficienti per intervenire su una povertà non solo relativa, ma anche reale, che si è allargata con la crisi. Quello che invece non sappiamo sono gli effetti che queste due riforme, incentrate sul breve periodo, porteranno più avanti.

Il reddito di cittadinanza in soccorso del sud

Sono 2.400.000 i cittadini che usufruiranno del reddito di cittadinanza, secondo le stime Inps, tenendo conto anche di eventuali furbetti tra evasori e lavoratori in nero. La misura, presentata più volte nei giorni scorsi dal Movimento, è nata per rispondere al problema della crescente povertà giovanile e ha come primo obiettivo il reinserimento nel mondo del lavoro di queste categorie. In realtà, sempre secondo le stime, il reddito andrà principalmente a finanziare famiglie monoreddito e non darà il sostegno necessario alle famiglie con minori a carico.

Secondo il Presidente dell’Inps, Tito Boeri, questa misura avrà una maggiore incidenza al Sud e, in particolare, ne beneficeranno i single. Lo stesso Di Maio ha dichiarato che, per il reddito, saranno investiti 2 miliardi di euro solo in Campania. Al voto del 4 marzo è stato proprio al sud che, il M5s, ha raccolto la maggior parte degli elettori, aggiudicandosi in alcune aree anche più della metà dei voti. Se si guarda ai dati disarmanti sull’occupazione nel mezzogiorno, non è una sorpresa immaginare proprio lì il bacino di sostenitori per il reddito di cittadinanza. Non solo, in quelle regioni il 45% dei lavoratori privati dichiara un reddito netto inferiore alla soglia del reddito di cittadinanza: anche in questo non sorprende il desiderio di avere un sostegno economico dallo stato.

Sempre secondo Boeri, l’Inps, ancora non dispone degli strumenti sufficienti per valutare il reddito mobiliare dei cittadini. Tali strumenti, fondamentali per scegliere in merito all’assegnazione del sostegno, potrebbero essere perfezionati nell’arco di mesi. In questo caso, a seguito di verifiche successive, alcuni cittadini potrebbero trovarsi a dover restituire cifre fino a 10.000 euro.

Quota cento per i lavoratori del nord

La riforma per superare la legge Fornero sulle pensioni, promossa principalmente dalla Lega, ha preso il nome di “quota 100” ed è già in funzione. Nell’arco dei prossimi 3 anni, i cittadini potranno andare in pensione anticipata con 38 anni di contributi e 62 anni di età. In realtà, quindi, per usufruire della riforma servono delle caratteristiche ben precise che vanno oltre il semplice “quota cento”, restringendo di molto la platea di fruitori.

In un anno saranno circa 290.000 i pensionati anticipati, i quali costeranno allo stato una spesa considerevole che andrà detratta da altri provvedimenti sulle pensioni, come l’indicizzazione. Quota 100 porterà quindi più pensioni ma abbasserà il livello di pensione media. Per il Presidente dell’Inps si parla in questo caso di una platea di maschi, residenti al nord, che hanno lavori indipendenti e autonomi in quelle regioni. Queste persone sono disposte a rinunciare al 20% della loro pensione pur di avere un riposo anticipato.

Gli effetti sperati

Si spera che entrambe queste misure, con spese di tipo “corrente” e non strutturale, saranno in grado di portare ad un aumento di consumi (tramite il reddito) e ad un turn-over dei lavoratori (grazie a quota 100). Non sappiamo se i giovani saranno effettivamente in grado di sfruttare il reddito, né se le imprese sostituiranno i pensionati garantendo nuovi posti di lavoro. Possiamo  solo sperare che, grazie al tentativo di aiutare in parallelo due generazioni, si possa arrivare ad un punto in cui, un ragazzo che si affaccia sul mondo del lavoro, possa trovare effettivamente un occupazione con uno stipendio dignitoso, invece di fare la fila all’Inps per richiedere un reddito di cittadinanza.

Benedetta Manca

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