Il Referendum per l’indipendenza della Catalogna: scontri tra Guardia Civil spagnola e cittadini catalani. La tensione resta alta a Barcellona, indetto uno sciopero generale

Il 1 ottobre si è svolto il Referendum per l’indipendenza della Catalogna. Violenti scontri tra la Guardia Civil spagnola e i cittadini catalani hanno scosso Barcellona e richiamato l’attenzione della stampa straniera. L’intervento della polizia spagnola – autorizzata de facto ad impedire lo svolgimento del Referendum – ha scosso il paese e aggravato le divisioni e le vecchie tensioni politiche tra Madrid e Barcellona.

Cosa rappresenta il Referendum indipendentista per la Catalogna e la Spagna? L’intervento della polizia spagnola è la diretta conseguenza della incostituzionalità del Referendum catalano. Illegittimità costituzionale dichiarata dal Tribunale costituzionale spagnolo nel 2014, anno in cui si è tenuto una prima tornata referendaria informale in Catalogna. Nel 2014, l’80% dei cittadini si sono espressi a favore dell’indipendenza della Catalogna, ma il risultato referendario, privo di valore legale, è caduto nel vuoto. E le elezioni politiche, tenutesi nello stesso anno in Catalogna, hanno segnato la vittoria della coalizione elettorale indipendentista Junts pel Si (Uniti per il Si).

La Costituzione spagnola non riconosce il voto popolare per ottenere l’indipendenza dalla Spagna e la volontà, più secessionista che indipendentista, della Catalogna non ha radici storiche chiare. È però vero che dal 1979 – dopo un processo politico iniziato dalla fine del regime franchista – la Catalogna, con l’affermarsi di uno Stato costituzional-democratico in Spagna, ha ottenuto piena autonomia politica. La Catalogna infatti è dotata di un proprio Statuto, di organi rappresentativi, un inno e una bandiera. Le divisioni interne tra Barcellona e Madrid non hanno perciò natura politica, ma piuttosto economica. La sola Catalogna rappresenta il 20% del Prodotto Interno Lordo spagnolo e la sola produzione industriale supera il 23%. Industrializzata e demograficamente giovane, la Catalogna ha subìto un duro colpo – con conseguenze in termini economici e occupazionali – soprattutto a seguito della crisi del 2009. Dopo il disastroso Governo Zapatero che, ha generato una bolla immobiliare e gonfiato per anni l’economia spagnola, la crisi economica del 2009 ha inciso notevolmente sulla crescita catalana che, ad oggi, resta comunque la regione più ricca e produttiva della Spagna.

Indipendenza o secessione? Gli indipendentisti catalani ritengono che la Catalogna abbia il diritto di ottenere l’indipendenza dalla Spagna sia per ragioni storiche che politiche. Controverso è ritenere se la Catalogna sia mai stata uno Stato indipendente dalla Spagna. Dubbi e incertezze storiche gettano luce sulla reale natura della pretesa catalana nei confronti del Governo spagnolo. Tanto che il Referendum non può inquadrarsi in un’esatta aspirazione indipendentista del popolo catalano, ma piuttosto in un quadro politico secessionista, voluto e promosso dall’attuale Governo catalano, per liberare le risorse economiche della Regione dal controllo del Governo centrale. Solo il 6 settembre, il Parlamento catalano ha approvato una legge che consentirebbe al Governo di auto-proclamare l’indipendenza della Catalogna in caso di vittoria del “si” al Referendum. Il provvedimento, immediatamente dichiarato incostituzionale dal Tribunale, spiegherebbe la fermezza con la quale, oggi, il leader catalano indipendentista Puidgemont ha ribadito il diritto del popolo catalano ad un voto referendario libero e legittimo. Resta però il difetto di costituzionalità e sul punto, il Capo del Governo conservatore Mariano Rajoy ha dimostrato altrettanta determinazione e fermezza. Ne è prova la dimostrazione di forza a Barcellona che, c’è da temere però, abbia soltanto gettato altra benzina sul fuoco.

Quali i possibili scenari? Pur auspicandosi l’apertura di un dialogo tra Barcellona e Madrid, la tensione politica resta alta e nessuno dei due leader sembra voler cedere. Nell’incertezza degli effettivi risultati del Referendum catalano, dopo gli scontri tra polizia e manifestanti indipendentisti nelle piazze di Barcellona, Puidgemont ha tenuto un discorso al popolo catalano che ha sortito effetto. In migliaia, infatti, domenica sera si sono riversati nelle piazze, cantando l’inno catalano e sventolando le bandiere della Catalogna. Madrid, accusata dallo stesso Puidgemont di essere repressiva e autoritaria, si difende.

Di fatto il dispiegamento della polizia spagnola avrebbe spinto molti catalani, in disaccordo con gli indipendentisti, a recarsi alle urne e generato una frattura che appare sempre più insanabile. Nell’ipotesi in cui Barcellona porti avanti il proposito indipendentista, il Governo catalano potrebbe auto-proclamare l’indipendenza. A quel punto Madrid non avrebbe altre carte che, chiudere il Parlamento, dichiarare illegittimo il Governo catalano e occupare la Catalogna. Tale scenario aprirebbe probabilmente la strada per una non impossibile guerra civile che, nessuna delle due parti in causa, per il momento, si auspica.

Peraltro non ci sarebbe un principio di autodeterminazione dei popoli da salvaguardare e ciò è uno dei motivi principali, per i quali l’Unione europea, nonostante l’appello di Puidgemont, resta in silenzio, certamente mal disposta – come nel caso della Scozia – se la Catalogna dovesse diventare uno Stato indipendente, a garantirne l’ingresso nell’Unione come nuovo Stato membro. Ed è questo il punto. L’indipendenza della Catalogna potrebbe infatti costare più alla Catalogna stessa che alla Spagna di Rajoy e a nulla valgono le dichiarazioni del movimento indipendentista che assicura di essere europeista e di voler far parte dell’Europa.

Nel frattempo, famiglie e studenti, giovani e meno giovani hanno partecipato numerosi allo sciopero generale indetto per il 3 ottobre. Le maggiori tensioni e la rabbia sono state espresse nei confronti della Guardia Civil spagnola, accusata di essere stata repressiva e violenta. A presidiare le manifestazioni c’è il Mossos, la polizia catalana, peraltro accusata dalla Procura spagnola di aver disatteso gli ordini il 1 ottobre. Tensioni tra poliziotti spagnoli e catalani e tra civili e polizia spagnola sembrano far temere il peggio ovvero l’impossibilità di un dialogo. A Strasburgo l’Europa discute della crisi spagnola, probabilmente chiamata a mediare tra Barcellona e Madrid, in caso di un eventuale scontro diretto.

Appare quasi imbarazzante il discorso del Presidente francese Macron alla Sorbona per una nuova Europa, costretta a dover affrontare un altro fronte caldo. E appare ancor più tale il timido tentativo di rinnovamento europeo, se guardiamo al risultato delle elezioni in Germania, dove l’Afd ha ottenuto un successo storico. Per la prima volta l’estrema destra entra in Parlamento dalla caduta del nazifascismo.

Nel 2018 toccherà all’Italia e ne vale forse il concreto futuro dell’Europa.

Chiara Colangelo

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