Riparare i viventi. Magari! Con un rene artificiale

Riparare i viventi*.

Non so se vi siete mai trovati davanti ad un’angoscia difficile da sostenere. Se trovaste buone ragioni per bypassarla con una speranza sarebbe già una gran cosa.

In questi giorni per dare corpo alla speranza ho fatto una ricerca su Google per verificare alcuni network salute al fine di rintracciare cure possibili e non solo futuribili sulle patologie renali in pazienti in dialisi.

La speranza ne è uscita rinforzata dalla possibile sperimentazione su umani, nel corso di quest’anno, di un rene artificiale.

https://news.vanderbilt.edu/2016/02/12/vu-inside-dr-william-fissells-artificial-kidney/

La notizia che ho recuperato è stata pubblicata nel 2016, a firma di Amy Lupo, del Vanderbilt University Medical Center, Nashville, Tennessee.

Mi sono presa la briga di tradurre l’articolo, spero in modo comprensibile, e ho scoperto che se unissimo le forze, soprattutto le volontà, per fare del mondo che abbiamo un mondo migliore, potremmo farcela.

Nanofiltro in silicio per un rene artificiale.

Il dr. William H. Fissell,  nefrologo e Professore Associato di Medicina del Vanderbilt University Medical Center, sta facendo grandi progressi su un prototipo renale che ha come obiettivo primario liberare i pazienti renali dalla dialisi.

Ha costruito un rene artificiale impiantabile, composto con filtri microchip e cellule renali viventi, un nanofiltro in silicio che sarà alimentato dal cuore del paziente.

Ha detto Fissell. “Stiamo creando un dispositivo bio-ibrido che può imitare un rene per rimuovere in massima parte prodotti di scarto, sale e acqua per mantenere un paziente al di fuori della dialisi”.

Fissell sostiene che l’obiettivo è quello di rendere il dispositivo così piccolo, di dimensione minore di una più piccola lattina, da impiantarlo nel corpo di un paziente.

Nanotecnologia impiegata nella costruzione.

La chiave del dispositivo è un microchip “che utilizza gli stessi processi che sono stati sviluppati dall’industria microelettronica per i computer, ossia la nanotecnologia al silicio”.

I chip sono accessibili, precisi ed è possibile costruire filtri ideali.

Fissell e il suo team stanno progettando, uno a uno, ogni poro del filtro in modo che ognuno dei pori abbia la sua specifica preordinata funzione. Ogni dispositivo terrà circa quindici microchip a strati l’uno sopra l’altro.

Ma i microchip hanno un altro ruolo essenziale al di là del filtraggio.

Essi “sono anche l’impalcatura in cui le cellule renali viventi possono essere impiantate e rimanere”, ha detto Fissell.

Cellule renali viventi.

Fissell e il suo team usano cellule renali viventi che cresceranno sopra e intorno ai filtri dei microchip. L’obiettivo preordinato per queste cellule è quello di imitare le azioni naturali del rene.

“Siamo in grado di sfruttare 60 milioni di anni di ricerca sui processi di Madre Natura e di utilizzare cellule renali, che per nostra fortuna crescono bene nelle capsule di laboratorio. Possiamo anche farle crescere in un bioreattore di cellule viventi, che sarà l’unica  membrana ‘Babbo Natale’ in tutto il mondo”.

“Essa sarà l’unica membrana che saprà quali sostanze chimiche sono cattive o buone per l’organismo. Da qui il dispositivo sarà in grado di compiere il passo successivo, ossia di discernere, riassorbendole, le sostanze nutritive di cui il corpo ha bisogno e di scartare le tossine di cui il ​​corpo vuole sbarazzarsi “, ha affermato Fissell.

Problematica rigetto superata.

L’eliminazione della possibilità che il corpo rigetti il dispositivo ha del miracoloso per la vita del paziente e per l’abbattimento dei costi sociali impegnati per le patologie renali croniche.

Poiché questo dispositivo bio-ibrido si trova fuori dalla portata dalla risposta immunitaria del corpo, non ci sarebbe alcuna risposta di rigetto da parte dell’organismo ricevente, come accade per le tecniche di trapianto allotropo di organi (a cui si ovvia con farmaci antirigetto). Il problema immunologico di compatibilità non si porrebbe neanche.

Funzionamento del dispositivo.

Il dispositivo funziona naturalmente con il flusso sanguigno del paziente. Ossia: “La nostra sfida è quella di cooptare il sangue presente nel vaso sanguigno e spingerlo attraverso il dispositivo. Dobbiamo trasformare l’instabile flusso del sangue arterioso, spostandolo attraverso un dispositivo artificiale senza che si formino coaguli o si producano danni “.

Fluidodinamica.

Ed è qui che entra in gioco Amanda Buck, ingegnere biomedica della scuola Vanderbilt.

Amanda Buck sta verificando, con l’utilizzo della dinamica dei fluidi, l’eventualità anche remota che si possano produrre delle coagulazioni negli strati del dispositivo. “È soddisfacente poter  lavorare in un campo che amo, la meccanica dei fluidi, per arrivare a verificare la possibilità che questa competenza possa servire ad aiutare un progetto utile in campo biomedicale”.

Vengono usati modelli di computer per rifinire la forma dei canali perché il flusso sanguigno sia il più ottimale possibile.

L’esperta e il suo team hanno rapidamente costruito un prototipo di nuovo design, utilizzando la stampa 3-D, per testare come rendere il flusso arterioso del sangue regolare nel modo migliore possibile.

Sperimentazione umana del rene artificiale.

Il dottor Fissell dice che ha una lunga lista di pazienti in dialisi desiderosi di partecipare a una futura sperimentazione umana.

Le previsioni dei primi studi pilota dei filtri al silicio sono incoraggianti: la sperimentazione potrebbe iniziare su pazienti renali entro la fine del 2017.

“I miei pazienti sono assolutamente i miei eroi”, ha riferito Fissell. “Tornano ancora e ancora e accettano il peso schiacciante della malattia perché vogliono vivere. E sono disposti a rischiare, sottoponendosi alla sperimentazione futura anche per il bene di altri pazienti”.

Investimenti del National Institute of Health.

Il National Institute of Health ha assegnato un investimento quadriennale di 6 milioni di dollari per sovvenzionare la ricerca del dottor Fissell e del suo partner,  Shuvo Roy, presso l’University of California a San Francisco.

I due ricercatori collaborano da lunga data su questo particolare campo di ricerca. Nel 2003 il progetto di dispositivo renale ha attirato il suo primo finanziamento NIH, e nel 2012 la Food and Drug Administration ha scelto il progetto per un programma di approvazione accelerata. Il lavoro è supportato dalla concessione NIH 1U01EB021214-01.

Il National Kidney Foundation riferisce che nel 2012, la Medicare federale ha pagato più di 87 miliardi di dollari in cure per pazienti affetti da malattie renali (al di là dei costi dei farmaci prescrivibili).

Aumento malattie renali e carenza donazioni

Il trapianto di un rene umano è il miglior trattamento per l’insufficienza renale, ma la donazione di reni ha un trend non compensatorio dei casi di patologie renali croniche asseverate.

Secondo il  U.S. Organ Procurement and Transplantation Network, a fronte di più di 100.000 pazienti negli Stati Uniti in lista d’attesa per un trapianto di rene, soltanto 17.108 hanno ricevuto un organo, nell’anno 2015.

La National Kidney Foundation riporta che più di 460.000 americani hanno una malattia renale allo stadio terminale ogni giorno e 13 persone muoiono in attesa di un rene.

 

Per saperne di più NIH qui.

stampa Vanderbilt.edu

Craig Boerner, (615) 322-4747

craig.boerner@vanderbilt.edu

Amy Wolf, (615) 322-NEWS

amy.wolf@vanderbilt.edu

note:

(*) film tratto dal libro di Maylis de Kerangal

“Riparare i viventi”, regia di Katell Quillévéré. con Tahar Rahim, Emmanuelle Seigner, Anne Dorval, Alice Taglioni

fonti:

VU Inside: Dr. William Fissell’s Artificial Kidney

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