Riscoprire il valore del silenzio, oggi.

In questi momenti di crisi capisci il valore del silenzio: perché quel silenzio, se lo ascolti e lo accogli e impari a volergli bene, ti riconnette con te stesso, con qualcosa di Assoluto e aiuta a comprendere meglio l’altro da te.

E ti accorgi che questa società lo aveva dimenticato il silenzio.

Sicché il fracasso pare essersi messo un attimo fra parentesi: di solito verso le 18 i balconi delle città si accendono di feste e di canzoni.

Molti intellettuali, giornalisti, opinionisti ma la stessa gente comune si sono posti una domanda: è giusto lanciare al cielo un grido liberatorio in questo momento di lutti, dolori e fragilità?

La risposta non l’abbiamo netta, ma il valore della vita deve essere tutelato, difeso, onorato anche quando incontra la morte, termine bandito oggi: ognuno – si dirà – reagisce a proprio modo e secondo la propria indole. Forse la giusta misura rappresenta la strada maestra; bisogna essere in grado di individuare la via armonica del compromesso fra rispetto e cordoglio per la sofferenza e la volontà di risorgere.

Sarebbe utile contemporaneamente comprendere che esiste un tempo per tutto: forse in questo momento il cosiddetto “casino” stona e si concretizza in un frastuono che – come ha detto e scritto sul canale de La Stampa e sul giornale relativo Gianluca Nicoletti – diviene un atto collettivo di insensibilità verso coloro che vivono un’epoca di dolori lancinante e irrefrenabile.

E torniamo al valore del silenzio: la stessa parola a tanti incute inquietudine, perché spinge a guardarsi dentro e più nel profondo.

Lo stesso Paolo Crepet, psichiatra e scrittore intervistato sull’Huffington Post Italia, ha parlato di euforia dei primi giorni che pian piano si spengerà per recuperare una pace interiore, paradossale certo, specie di fronte a certe notizie, ma che ci renderà abili e capaci di leggere la realtà con maggiore lucidità.

I social percepiti come esaltazione della democrazia sono indubbiamente utili in questi giorni, anche per quanto riguarda le informazioni e le relazioni sociali. Ma per certi versi sono divenuti il contenitore di frustrazioni sociali che esistevano anche prima del Covid – 19. E creano una barriera, invisibile come il virus, fra quelli che si ritengono buoni, belli, educati e splendenti e gli altri.

Poi ci sono delle verità oggettive, e quella di restare a casa è religione, va rispettata, perché costituisce il primo strumento di prevenzione e l’unica soluzione, da quanto si apprende nell’attualità.

Così se da una parte ci sono quelli che si credono eroici e si applaudono per il fatto di non uscire, assodato che questo sia semplicemente un dovere, mettiamocelo in testa, dall’altro ci sono coloro che provocano con frasi e situazioni fuori dal mondo le reazioni generali delle persone, improvvisando strade complottistiche o negazioniste, affermando l’inesistenza del virus.

E ci pare un gioco macabro adesso.

Si sa che su internet dietro uno schermo – scherno molti individui sono in ordine sparso commissari tecnici, critici musicali a Sanremo, esperti di politica internazionali e ora virologi, ma tante volte ci sarebbe bisogno del silenzio, composto di umiltà, maturità e responsabilità.

Anche per riflettere meglio prima di parlare… e di scrivere.

 

Immagine: Foto di Ernie A. Stephens da Pixabay

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