Se questa è l’Europa: l’Italia chiamata a rispondere alla Corte europea dei Diritti dell’uomo.

La Ong olandese Sea Watch resta in mare per il rimpallo di responsabilità. L’Italia chiamata a rispondere alla Corte europea dei Diritti dell’uomo.

Resta sola, la nave Sea Watch 3, ancorata nei pressi della costa di Siracusa, con il divieto di avvicinarsi oltre la soglia di mezzo miglio. Resta sola nel mare siculo, con a bordo 47 persone, per giorni e giorni, come fosse in quarantena. Resta sola mentre, in Europa, continua il rimpallo di responsabilità, sono passati undici giorni, chi li deve accogliere?

Qualcuno dice che non c’è motivo di preoccuparsi, le persone sono al sicuro sulla nave con medici e rifornimenti, non serve gridare alla violazione dei diritti umani. Qualcuno ci ricorda che stiamo parlando di esseri umani, e che è un loro diritto poter scendere da quella nave, che li stiamo tenendo prigionieri nei 25 mq dell’imbarcazione con bandiera olandese contro la loro volontà.

I rifiuti, lo stallo e l’intervento della Corte europea dei Diritti dell’uomo

Prima di arrivare sulle nostre coste la Sea Watch ha ricevuto un rifiuto da parte di Malta. L’Italia, invece, ha detto sì allo sbarco, ma solo se si assicurerà il trasferimento dell’equipaggio in Germania e Olanda. L’Olanda, da parte sua, non ha nessuna intenzione di accettare l’ipotesi del corridoio umanitario.

Il Governo italiano depositerà oggi la sua memoria difensiva in merito al divieto di sbarco, dopo il ricorso della Sea Watch alla Corte europea dei Diritti dell’uomo. La difesa dell’Italia si basa su due punti principali: il primo dice che la giurisdizione della nave appartiene all’Olanda, avendo la Sea Watch 3 bandiera olandese. Il secondo punto, invece, accusa la nave di aver messo in pericolo l’equipaggio scegliendo di dirigersi, nonostante il maltempo, verso la costa italiana anziché quella tunisina, distante circa 40 miglia e considerata universalmente porto sicuro.

Una situazione conveniente

Mentre delle persone restano, impotenti, sole, bloccate sulla nave, questa situazione conviene a tutti. Conviene a Salvini, che dimostra ancora una volta di essere un politico che mantiene le promesse. Conviene al M5s, che ha perso consensi e vede nella politica migratoria una scorciatoia per riprendere punti. Conviene alla Sea Watch che, conoscendo la situazione italiana, ne approfitta per farsi pubblicità e raccogliere fondi tramite donazioni. Conviene all’Olanda, a Malta, e a tutti gli altri Paesi che dicono no, perché questo è quello che vogliono gli elettori, e bisogna raccogliere consensi. Sono proprio i consensi il primo principale motore delle politiche anti-migratorie, ed è l’elettorato il soggetto a cui, soprattutto in vista delle europee, devono rispondere governi, partiti, opposizioni. Stiamo parlando dell’elettore medio. È l’elettore medio che non vuole accogliere i migranti e che si oppone remando contro l’Europa solidale, accogliente, responsabile. L’elettore medio europeo, ma anche nazionale, che potrebbe essere il nostro vicino di casa, il nostro panettiere, il nostro collega.

Dalla Ceca all’Europa si è persa la fiducia

Era il dopoguerra, gli anni ’50, quando vennero costituite la Ceca (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) e la CE (Comunità Europea), composte da sei paesi firmatari, tra cui la Francia, la Germania dell’Ovest, l’Italia. Una comunità che nacque sulla base della fiducia e dell’ottimismo: erano ancora aperte le ferite della Seconda guerra mondiale, ma tutto fu messo da parte per un bene comune, più grande. Si stavano iniziando ad avverare gli Stati Uniti d’Europa preannunciati da Winston Churchill, un’idea rivoluzionaria di unione e cooperazione che avrebbe sconfitto i nazionalismi estremi, avallando il rischio di una terza guerra all’interno dei confini europei.  Un unione che avrebbe permesso finalmente agli stati europei di competere con le grandi potenze mondiali come la Cina e gli Usa, con l’idea che “l’unione fa la forza”. Nessuno, probabilmente, avrebbe immaginato che quei principi sarebbero stati messi da parte in fretta di fronte a 47 migranti, che ci si sarebbe divisi, che gli stati avrebbero espresso accuse e insulti tra loro e che alla fine si sarebbero protetti i confini interni, invece di quelli esterni.

Benedetta Manca

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