Socrate, fra pensiero ed attualità: sulle ali della Filosofia

Oggi si discetterà molto di Europa e i canali televisivi, le pagine delle reti sociali, i dibattiti radiofonici ed i giornali saranno invasi dalla polemica della bassa politica, caratterizzata non da confronti su tematiche essenziali ed importanti sul futuro comunitario, ma da pettegolezzi e da dichiarazioni al vetriolo degli esponenti politici. Per contrapposizione vogliamo rammentare la figura fondamentale e fondante del pensiero europeo, quella di Socrate.

Di lui non ci sono rimasti scritti, ma ci sono giunti i suoi occhi, la sua voce ed il modo di percepire la realtà grazie alle innumerevoli opere che, partendo da Platone arrivano ai padri fondatori della Chiesa. Un vero e proprio rinnovatore, un maestro che si spoglia della sua sapienza e della sua cultura per mettersi psicologicamente nei panni dell’altro, analizzarne le curiosità spesso sopite, approfondirne il punto di vista attraverso i suoi dialoghi e la sua dialettica. In un’epoca come quella attuale marcata fortemente dal narcisismo, dall’autoreferenzialità e dal presenzialismo continuo e costante sui social, uno come Socrate forse le avrebbe cantate a tanti, e sarebbe risultato effettivamente trasgressivo ed impopolare nel sapere di non sapere. Se in un primo momento della frase Socrate ammette di possedere delle conoscenze, ‘so’, immediatamente aggiunge poi ‘di non sapere’: ovvero il grande filosofo prende atto del fatto che le acquisizioni meritatamente conseguite, grazie allo studio, alla ricerca ed alla penetrazione profonda nelle problematiche rappresentano una parte minuscola rispetto allo scibile umano.

Socrate applicava la filosofia nel campo pratico della vita pubblica e la trasformava, da immenso comunicatore quale era, da materia riservata a pochi intimi a passione da condividere con gli altri, mostrando come dietro ad ogni meandro del linguaggio, delle scelte, della vita di tutti i giorni esiste un pensiero, un’elaborazione concettuale che parte da un vissuto, dalle esperienze, dalle avventure esistenziali dell’uomo.

Oggi si sarebbe arrabbiato di molto con i politicanti che non pianificano un progetto, che aprono la bocca e le danno fiato e che passano il 90 per cento del tempo sui social a twittare slogan, bypassando così il contatto con la gente e con l’elettorato; e questa è una tendenza generalizzata che non sta salvando nessuno degli uomini pubblici ed in tanti casi sta annebbiando altresì la mente della gente comune.

Alla stessa maniera il nostro pensatore non avrebbe sopportato maratone televisive dedicate semplicemente alla provocazione sic et simpliciter degli intervistatori, che a seconda delle differenti esigenze editoriali ora fanno il tifo per l’uno, il giorno dopo per l’altro. Su questo siamo neutri ed imparziali, l’orientamento attuale di media che sbraitano, berciano e risultano incomprensibili riguarda senza distinzioni tutto l’arco costituzionale. Socrate avrebbe condannato la velocità di questi tempi, all’interno dei quali si affrontano molteplici problematiche allo stesso tempo, non andando mai a sviscerare la sostanza dei concetti, pensiero per pensiero.

Il maestro si proponeva un obiettivo molto chiaro e lineare: educare gli uomini ad acquisire una consapevolezza forte e solida, base di ogni azione e di ogni comportamento. Anche questo dato nella fase odierna costituirebbe uno scandalo nel tempio della liberaldemocrazia globale, nella quale i tweet, i consensi tramite i mi piace e gli smile sembrano aver sostituito definitivamente l’articolazione di argomentazioni sia a livello linguistico che a livello scritto.

Forse non avrebbe snobbato la rete, considerandola un arricchimento del sapere, ma sicuramente avrebbe pungolato e stimolato tutti a ricercarne le immense risorse: avrebbe valorizzato la potenzialità del mezzo riconoscendone l’efficacia.

Sarebbe sicuramente stato fiero di organizzare incontri per parlare, confrontarsi, respirare la stessa aria e ragionare, ma nella vita reale; per lui internet avrebbe assunto la dimensione di un gancio per tornare alla realtà.

E soprattutto prima di digitare qualcosa, si sarebbe interrogato sul contenuto e le modalità del veicolo virtuale, responsabile della sua funzione di maestro ed educatore.

Aristotele scrisse che il suddetto ruppe una tradizione culturale concentrata sulle questioni naturali, per spostarsi sul discorso etico e sulla questione antropologica e quindi sull’essere umano; anche in relazione all’ambiente circostante ovviamente.

Con i suoi dialoghi annichilì le illusioni, i falsi concetti ed i pregiudizi, per avviare una ricerca dentro sé stessi che giungesse all’essenza delle questioni esistenziali e vitali.

La società occidentale e l’Europa dovrebbero ripartire da lui immaginando sul suo profilo social, dove ogni persona vuole apparire sempre perfetta, la scritta ‘so di non sapere’, per ripartire dall’umiltà fiera della ricerca e per volare sulle ali della Filosofia.

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