Sulle Ali del pensiero: Franco Basaglia
Oggi sulle Ali del pensiero spicca il volo sul campo psicologico giuridico, in un’area interdisciplinare che mette bene in evidenza quanto tante branche del sapere siano inevitabilmente collegate e connesse.
I cambiamenti ed i mutamenti sociali legati al 1968 hanno lasciato il segno determinando una frattura fra teoria della tradizione e del conservatorismo e quella del progressismo e creando divisioni anche all’interno degli stessi movimenti di pensiero.
Anno 1968, appunto, viene promulgata la legge 431 e dieci anni dopo la legge numero 180, con il minimo comun denominatore di modificare la tipologia delle cure e degli interventi da proporre alle persone con problematiche psichiatriche. Ed arriviamo a bomba sul personaggio in questione: Franco Basaglia si è impegnato ad aiutare con il suo lavoro le persone affette da malattie mentali, nella volontà di rendere più umano il significato di cura. La sua azione può essere letta da due prospettive differenti: in parte ha dato la possibilità a molti individui di essere riconsiderati esseri umani non privi di talento e qualità, e non persone da allontanare e tenere distanti dal mondo acuendo così il loro stesso disagio. D’altra parte il reinserimento degli uomini e delle donne con gravi difficoltà psicologiche e psichiatriche non è avvenuto con la giusta gradualità e questo ha creato in varie circostanze le premesse per reati e fatti di cronaca drammatici.
Filosoficamente nelle premesse l’intenzione di sottrarre l’essere umano ad una vita di discriminazione, ghettizzazione e dolore è più che ammirevole ma la scarsa valutazione delle possibili conseguenze e il reinserimento veloce nella società dei meno fortunati dovrebbe portarci a dovute considerazioni.Questo è il quadro di sintesi delle posizioni basagliane ed antibasagliane; Franco Basaglia studiò a fondo la società in evoluzione cogliendone i fermenti ed i moti. In Europa negli anni settanta si discuteva e discettava del rapporto fra uomini e contesto sociale, che è comunque il prodotto della responsabilità degli uomini, o almeno della maggioranza di essi, e di chi ovviamente esercita il potere. Certo, come nota con intelligenza Anna Giardini, psicologa e psicoterapeuta, prima delle leggi numero 431 e n°180, essere ricoverato in manicomio significava non andare più al di là di quelle mura, determinando così l’isolamento della persona dal resto del contesto sociale e dal mondo. Nel 1968 si sancì l’edificazione di centri territoriali per la gestione delle malattie mentali, mentre nel 1978 con la legge Basaglia venne messa in evidenza l’importanza della prevenzione, la necessità del reinserimento sociale e la chiusura dei manicomi.
Basaglia (Venezia 11 marzo 1924) ha rinunciato alla carriera universitaria, restando in contatto con il mondo della sofferenza e del dolore, perché il malato mentale ha bisogno non solo di essere curato, ma di avere una qualità di vita dignitosa, di sentirsi utile ed amato dal resto dell’umanità. E questo nesso Basaglia l’aveva compreso. Sulla scorta del suo lavoro e di quello di tutti coloro che hanno voluto insegnare al genere umano a governare la sofferenza ed il dolore, ancora oggi ci si interroga su cosa sia la normalità e cosa sia la follia. Il punto centrale dell’analisi basagliana è il recupero dell’umanità, un compromesso fra lo stato di follia e la ricerca di una presunta normalità; i critici lo hanno accusato di aver esaltato la situazione di pazzia, i sostenitori di aver annullato il termine ’matto’. È ovvio che la strada maestra sarebbe quella del buon senso, includere socialmente il malato con garanzie solide per la società.
Siamo convinti che lo studioso veneziano fosse davvero animato dalla passione di aiutare il prossimo e dalla spinta emotiva a rendere più dignitosa la vita di coloro che avevano avuto un passato e- o una nascita segnati dal dolore e dalla imponderabilità. Di certo lo stesso scienziato si è scontrato con i sostenitori dei canoni della psichiatria classica, spazzando via determinati principi, sempre sicuramente in buona fede, ma in un’ottica simil rivoluzionaria.
In senso positivo il malato, con l’avvento di Basaglia, non viene più visto solo dal punto di vista medico, come semplice oggetto da etichettare, ma come un soggetto che può rientrare nella società, che deve essere in grado di accoglierlo e non discriminarlo.