“Tre ciotole” di Isabel Coixet al cinema dal 9 ottobre: la recensione
Tre ciotole - credit: Greta De Lazzaris
«A 15 anni la prima volta a Roma, e quegli stormi…»
Nel cielo l’armonia raccontata dalla regista italo – spagnola Isabel Coixet, in strada la velocità, immersi nel traffico tra motorini e automobili. Ambientato a Roma, “Tre ciotole”, dal 9 ottobre nelle sale italiane, è la rappresentazione in pellicola del libro di Michela Murgia.
La vera coprotagonista del film è Roma, una metropoli antidiva, inusuale e mai da cartolina. Le soste routinarie al minimarket di quartiere, le passeggiate interrotte dai tag sulle pareti e il suono delle chiacchiere al bar. Il racconto è sviluppato in una dimensione umana, senza eroi, nell’odierno dramma della vita a cui è meglio sorridere.

Illuminato o sfocato lo storico quartiere Trastevere mostra il racconto quotidiano vissuto dai due protagonisti Marta (Alba Rohrwacher) e Antonio (Elio Germano). Una coppia come tante, giunta al termine per le diverse priorità: c’è lui preso dal brio di una serata mondana e concentrato sulla carriera, dall’altro lato lei con i suoi schemi fissi da insegnante di educazione fisica. Un’unione giunta al termine, dopo gli anni di condivisione, senza nessun colpo di scena, la repentina separazione. Le visioni opposte della coppia appaiono dalla prima scena, la sosta al supermercato. Marta ha la banale richiesta di un pacco di biscotti, Antonio appare quasi disgustato da queste richieste. Non c’è accordo nemmeno nel regalo della raccolta punti, da un lato lo sguardo interdetto di lui e dall’altro la faccia felice di lei.

Sono le tre ciotole un simbolo ricorrente in tutto il film. Rappresentazione del rito, di qualcosa che scandisce il tempo con il suo utilizzo. Dividono e disciplinano, per non avere né troppa né poca fame, una demarcazione, un limite a delle abitudini quotidiane. Mangiare, un tema centrale, il fil rouge di tutta la narrazione.

Cosa rappresenta il cibo per la protagonista? Senza nessuna speranza ai fornelli, passa da un wurstel crudo con ketchup a insalate rovesciate da buste, un’alimentazione da sempre sregolata che cambia con la chiusura del suo rapporto d’amore con Antonio. L’appetito è del tutto scomparso e la protagonista capirà durante un pranzo con la sorella (interpretata da Silvia D’Amico) che c’è qualcosa in più, una malattia. La successione delle vicende corre verso la ricerca di una possibile cura, il riavvicinamento dell’ex, insieme a momenti sospesi di solitudine, parlare con un amico immaginario un cantante della boy band coreana K-Pop.
Un sostituto ai lunghi silenzi in casa, un possibile nuovo amico, una speranza al viaggio e a imparare nuove cose su una cultura tanto lontana agli occhi di un occidentale.

Ma c’è anche la vita reale per Marta, con il suo gentile collega di filosofia (Francesco Carril) che passa dalla proposta di una pizza alle massime di Feuerbach “l’uomo è ciò che mangia”, la consapevolezza che è la materia a generare lo spirito (d’altronde “lo stomaco è il nostro secondo cervello” dice la gastroenterologa interpretata da Sarita Choudhury).
Dolore, cambiamento e paura della morte passano leggeri fino all’ultima scena del film.
Il film, scritto da Enrico Audenino e Isabel Coixet, è una produzione italo-spagnola di Cattleya – parte di ITV Studios – Ruvido Produzioni, Bartlebyfilm e Vision Distribution, insieme a Buenapinta Media, Bteam Prods, Perdición Films, Apaches Entertainment, Tres Cuencos AIE. Il progetto è realizzato in collaborazione con il Ministero della Cultura – Opera realizzata con il contributo del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo e in collaborazione con SKY e con la partecipazione di RTVE e di MAX con il finanziamento di Instituto de la Cinematografía y de las Artes Audiovisuales O.A./Ministerio de Cultura/Gobierno de de España.
Tre Ciotole sarà distribuito in Spagna da BTeam Pictures e in Italia da Vision Distribution che gestisce anche le vendite internazionali.
